STORIA DI VERVÒ nei ricordi del maestro Francesco Gottardi e del prof. Giustino Nicoletti


Indice Prefazione Parte prima Nicoletti Giustino Angelo, il turista Pagina iniziale
Parte seconda Francesco Gottardi Capitoli: 1 2 3 4 5 Vervodium

Capitolo 4

Cap 4 - La vita a VervÒ nell'alto Medio Evo

4.1. - Un felice connubio

Come conseguenza delle invasioni barbariche, ai legionari del Castrum Vervassium, rimasti isolati, perduto ogni contatto coi loro comandi militari e civili, non rimaneva altra alternativa che deporre il loro potere militare, sostituire la divisa e le armi del legionario con la casacca e gli attrezzi del contadino, fondersi con gli abitanti del villaggio, formare con loro una sola comunità con pari diritti e doveri.

La fusione non doveva risultare né sgradita, né difficoltosa, sia per gli uni che per gli altri, date le buone relazioni e gli ottimi rapporti sempre esistiti tra loro ed il reciproco vantaggio che sarebbe derivato individualmente e collettivamente. Il villaggio, rinforzato dalle braccia robuste dei coloni legionari, potè affrontare e superare le difficoltà della nuova situazione politico - economica e sopravvivere in pace, quasi nascosto ed ignorato tra la quiete dei suoi monti, praticando un sistema di vita autarchica, in attesa di tempi migliori. In tale nuova situazione era conveniente, per tutti, abbandonare al suo destino il cadente Castello, anzi, era possibile anche demolirlo per usarne le pietre a costruire le abitazioni per i nuovi cittadini. Così avvenne e le rovine del Castello scomparvero sotto una coltre di vegetazione cespugliosa.

Perfino il ricordo dell'antica dominazione romana andò sempre più affievolendosi e dileguandosi con l'avvicendarsi delle nuove generazioni nei secoli successivi, per ridursi ad un'incerta e confusa tradizione popolare di fantastiche leggende in cui si narra di tesori nascosti, di vitelli e galline d'oro, dell'esilio di Giulia, figlia dell'Imperatore Augusto. Devesi alla vanga e all'aratro del contadino e, più tardi, agli scavi e alle ricerche degli archeologi, se parte del prezioso materiale sepolto sotto le macerie del castello poté essere esumato ed illustrato con grande vantaggio per la storia del nostro paese.

Tramontata la dominazione romana, anche su Vervò scese oscura la notte medioevale, nessun documento, nessuna notizia si ha più fino al 1300. Pare che uno spaventoso incendio lo abbia distrutto completamente. A proposito di questo luttuoso avvenimento la tradizione narra:

4.2. - Leggenda dell'incendio

Era tempo di carnevale e nella casa di un certo Gottardi non meglio specificato, si festeggiava un matrimonio. Verso la mezzanotte, mentre sull'aia fervevano ancora le danze e l'allegria era giunta al colmo, tre individui mascherati e armati, simili in tutto ai "bravi" di manzoniana memoria, si presentarono sulla soglia e se stavano in atteggiamento spavaldo. Le musiche tacciono, le copie si sciolgono, tutti ammutoliscono e guardano con l'animo sospeso e trepidante i misteriosi figuri. L'angoscioso e imbarazzante silenzio fu rotto finalmente dallo sposo che fattosi coraggiosamente avanti domandò agli sconosciuti che cosa volessero. Il più spavaldo dei tre chiese di poter fare un giro di valzer con la sposa. Gli fu risposto che gli sarebbe stato acconsentito qualora i nuovi ospiti si fossero levate le maschere. Ma l'oscuro personaggio, dopo una pausa, rispose un secco "no" e poi aggiunse: “Oggi balli e canti, domani sospiri e pianti.” – e, retrocedendo, si ritirò seguito dai suoi compari, lasciando i presenti esterrefatti.

Inutile dire che la festa fu subito troncata e tutti gli invitati raggiunsero le loro case sotto l'incubo ed il presentimento dell'oscura minaccia. Alcune ore dopo, quando tutti dormivano, tre incendi scoppiarono simultaneamente in tre punti diversi del paese che ne rimase completamente distrutto. Devesi al fatto luttuoso, se tutte le scritture pubbliche e private del paese andarono distrutte. Nelle case rifabbricate rimasero tracce indelebili del terribile incendio (travi bruciacchiati, muri anneriti, ceneri e carboni) che nei restauri successivi ricomparvero alla luce e servirono a mantenere vivo il ricordo del doloso incendio in paese fino ai nostri giorni.

La tradizione non dice quando ciò avvenne e, dato che neppure le antiche pergamene ne fanno accenno, esso deve essere accaduto molti anni prima del 1300. Potrebbe essere stata la stupida vendetta di qualche dinasta che non aveva potuto consumare l'infame diritto di "jus primae noctis".

4.3. - Ritorno nella storia

Nel 1300 Vervò ritorna improvvisamente nella Storia più vivo che mai, nel difendere strenuamente i suoi diritti di pascolo e le proprietà comunali boschive in confronto dei comuni confinanti di Tres e della pieve di Torra, coalizzati contro Vervò, in una serie di liti che durarono centinaia d'anni come ne fanno fede le famose pergamene di Vervò.

Tali pergamene furono conservate e custodite con lodevole cura dai Vervodi nella sacrestia dell'antica chiesa di san Martino per oltre 600 anni in una cassa di noce.

È un'interessante rassegna di contrasti, di liti, di contestazioni, tra il comune di Vervò ed i paesi limitrofi di Priò, di Tres, della pieve di sant'Eusebio e Taio riguardanti diritti di pascolo, di confini, di proprietà boschive, di atti amministrativi comunali, ecc ...


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