Tre millenni di storia
Scavi archeologici a San Martino

CASTRUM VERVASSIUM: il sito archeologico di Vervò

Fra gli studiosi di antichità, la fama della località dosso di San Martino è nota da lungo tempo a causa degli interessanti ritrovamenti di lapidi romane( i - IV secolo D.C.), tombe e altri oggetti. Era opinione diffusa che fosse la sede di una fortificazione con la sua guarnigione di soldati romani posi a controllo del accesso alla Val di Non dalla Val d'Adige attraverso il valico della sella di Favogna. Lapide Attorno a questo campanile "Castrum Vervassium" erano sorte aspettative popolari di ulteriori ritrovamenti preziosi e che fosse stato la località di esilio per Giulia minore, la nipote dissoluta di Cesare Ottaviano Augusto. Il maestro di Vervò Francesco Gottardi, negli anni dal 1930 a 1950 circa si dedico personalmente a scandagliare pazientemente il terreno del colle di san Martino alla ricerca di nuovi segni della presenza dell'uomo e conferme dell'insediamento romano. Rimase convinto che l'area fosse occupata da una fortificazione romana ben protetta sui quattro lati; espresse l'ipotesi che al centro delle mura a sud esistesse una torre sulla quale poi sarà innalzato il l'attuale campanile romanico che le sue bifore e trifore. Egli poi si impegnò a tracciare una possibile origine della storia di Vervò cominciando dai primi frequentatori del promontorio di  "Dos Ciaslir" e quindi dell'area  del dosso di San Martino che si incentra sul Castrum Vervassium (il castello dei Vervassi). (Link a "Storia di Vervò nei ricordi di Francesco Gottardi e Giustino Nicoletti".

Il Comune di Vervò, desideroso avere delle informazioni affidabili riguardo a questo favoloso Castello romano e dei suoi abitatori, scelse di impiegare uno stanziamento triennale per nuovi scavi, diretti dalla Sovrintendenza per i beni architettonici ed archeologici della provincia di Trento.

Gli scavi iniziarono nel 2009 e proseguirono con interventi diretti della Sovrintendenza. Ora, novembre 2020, il sito archeologico nel parco di San Martino è allestito e visitabile con i suoi percorsi, dotato di esaurienti pannelli illustrativi che aiutano il visitatore a rivivere una storia di frequentazione del posto per tre millenni. Le spiegazioni sono date in tre lingue,italiano, inglese e tedesco; vari simboli e schemi aiutano a capire ogni angolo degli scavi messi in luce.


Fibula a forma di pavone

Guida alla visita del sito archeologico

del "Dosso di San Martino"


Percorsi d'Anaunia, sentiero romano: tra forre e monti l'antico abitato di San Martino



La tavola segnaletica situata nel parco di San Martino relativa a "I percorsi d'Anaunia" lo presenta come "Il sito archeologico di San Martino, posto su uno sperone roccioso che sovrasta la forra del torrente Pongaiola a 900 m s.l.m., è uno straordinario luogo della memoria" e mostra una fase degli scavi.

Percorrendo il sinuoso vialetto si incontrano quattro dettagliati pannelli illustrativi che aiutano a comprendere il significato dei vari manufatti messi alla luce da anni di scavi e ricerche e gli aspetti della presenza dell'uomo su quest'area, cominciando dalle epoche più remote fino agli inizi del secondo millennio.


Totem di Percorsi d'Anaunia
Tre millenni
pannello Reti
Totem di Percorsi d'Anaunia

Quadro d'insieme
Dall'età del bronzo al villaggio retico

Tre millenni di storia a San Martino

Memorie del sottosuolo




Gli scavi condotti nel 1890-91 dallo studioso di Cles Luigi Campi, nonché i rinvenimenti effettuati dal maestro Francesco Gottardi di Vervò negli anni ’30 ’40 del Novecento, hanno documentato chiare tracce di presenza umana sul dosso di San Martino dalla preistoria all’epoca altomedievale. Già nei primi decenni del Settecento il luogo era Lapidenoto agli studiosi grazie al recupero di diverse iscrizioni, soprattutto sacre, di epoca romana. Tra queste, purtroppo prive di dati certi di ritrovamento (Il beneficiato di Vervò, don Stefano Ghina morto nel 1728, era presente al ritrovamento delle lapidi sul terreno della chiesa a San Martino e ne cedette alcune al marchese Scipione maffei di Verona), se ne distingue una con dedica a tutti gli dei e alle dee pro salute castellanorum Vervassium, e cioè per la salvezza degli abitanti del castellum di Vervò (dei Vervassi).

DIS DEABUSQ. / OMNIBUS PRO / SALUTE CASTEL / LANORUM

VER / VASSIUM C. V. QUA / DRATUS L. L. P. D.

Diis deabusq(ue) / omnibus pro / salute castel/lanorum Vervas/sium C(aius) V(ibius) Q/uadratus / l(aetus) l(ibens) p(ecunia) d(edit) – publice dicavit -

''Agli dei e alle dee tutti. Gaio V(alerio?) Quadrato lieto e volentieri diede denaro - dedicò pubblicamente - per la salvezza degli abitanti del castello di Vervò.''


bambola
Operatori all'opera

Il termine castellum, che in genere definisce un insediamento fortificato di tipo militare, nel nostro caso indicherebbe più semplicemente una forma di "abitato su altura", comunque ben protetto dalla forra del Pongaiola a sud e dal potente muro artificiale costruito in epoca protostorica sull'unico lato accessibile verso nord.

Le indagini svolte hanno confermato l'importanza e il ruolo di controllo che questo sito dovette acquisire, soprattutto in epoca romana, visto anche il suo strategico posizionamento lungo una delle vie di collegamento tra la Val di Non e la Valle dell'Adige.

Le nuove ricerche, avviate nel 2008 grazie ad uno stanziamento economico assegnato all'Ufficio beni archeologici della Provincia autonoma di Trento da parte del Servizio Rapporti Comunitari e Sviluppo Locale nell'ambito del Patto territoriale della Predaia, hanno a loro volta contribuito a mettere in luce una realtà insediativa molto articolata e complessa. I resti strutturali individuati sono riferibili sia a situazioni di abitato sia di necropoli e possono essere ricondotti a distinte fasi cronologiche comprese tra l'età del Bronzo Recente e Finale (XIII-XI secolo a.C.) e il Basso Medioevo (XIII-XV secolo d.C.).


Abitare al tempo dei Reti a San Martino

Pietra e legno





Reti
al tempo dei Reti

In antico il lato settentrionale del dosso era perimetrato e protetto da un imponente muro di cinta, ormai in gran parte non più visibile in alzato. Venne realizzato presumibilmente nelle fasi recenti dell'età del Bronzo (XIII-XII secolo a.C.) e mantenuto con interventi di ristrutturazione ancora nel corso della seconda età del Ferro (metà VI-I secolo a.C.), che vide l'affermarsi della Cultura di Fritzens-Sanzeno o Retica. È in quest'ultimo periodo che nell'area si sviluppa un villaggio il cui arco di vita, compreso tra la metà del V e il IV secolo a.C., venne interrotto a causa di un violento incendio che ne causò l'abbandono. Gli edifici individuati, due dei quali ancora visibili perché meglio conservati sono stati tutti distrutti da incendio e rispecchiano la tipologia edilizia della casa di ambito alpino centro-orientale le cui caratteristiche ricorrenti consistono in una forma quadrangolare con piani interni seminterrati, perimetro di base in muratura a secco o in parte scavato nella roccia, pareti in legno, tetti in paglia o altro materiale deperibile (1).

L'ambiente di cui si propone la parziale ricostruzione degli strati lignei (A), sostenuti da pali in alloggiamenti ricavati nella muratura ad una distanza di m 1 l'uno dall’altro (2), sembra aver avuto un’importanza speciale.

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Ricostruzione casa retica

Nei pressi dell’ingresso, dove erano posizionati i probabili resti bruciati della porta, sono stati recuperati un frammento di chiave e una maniglia di ferro (3). Lungo il lato orientale della struttura, al di sotto del piano pavimentale in assi di legno, è stata ritrovata una piccola deposizione forse connessa ad un rito di fondazione dell'edificio, composta da un di palco di cervo posizionato sopra un ciottolo con segni incisi in caratteri dell'alfabeto retico (4-5). L'assenza di un focolare e i reperti conservati nel livello di incendio, tra cui due raffinate brocche in lamina di bronzo (6) da considerare imitazioni locali di prodotti di origine centro-italica e collegabili al cerimoniale del banchetto, fanno pensare che l'edificio non fosse destinato ad un uso domestico ma piuttosto ad una frequentazione collegata a momenti di aggregazione dell'élite locale. Al suo fianco è stato individuato un secondo ambiente (B), sempre seminterrato, che, date le ridotte dimensioni e la presenza massiccia di semi carbonizzati (7), cereali (farro, farricello, spelta, frumento, e miglio) ma anche legumi (lenticchie. cicerchie, favino) sembra potesse avere una funzione di magazzino per conservare scorte alimentari.


Totem di Percorsi d'Anaunia
pannello Reti
Area di edifici di epoca romana
Sepolture longobardiche e, sul colle, quelle del IX e XI sec. d.C.


Vivere ai tempi di Costantino

Tradizione e innovazione




Età romana e tardo antica (I-IV/V secolo d. C.)



Totem di Percorsi d'Anaunia
pannello Reti
I resti di epoca romana a ovest

Vari perimetri di edifici di epoca romana. 


Reti
focolare e pere carbonizzate

L'area del villaggio protostorico venne rioccupata in epoca romana e alto medievale. secondo modalità di frequentazione ricorrenti nell'ambiente montano dove gli spazi disponibili alla collocazione degli insediamenti erano inevitabilmente limitati Tra gli edifici dell'abitato di età romana se ne distingue uno molto ampio, seminterrato, risalente al II-IV secolo d.C. Dopo l'abbandono questo edificio venne riutilizzato, in epoca tardo-antica / alto medievale, con una nuova ripartizione degli spazi interni e l’impostazione di alcuni focolari dove sono stati rinvenuti frutti carbonizzati (1) soprattutto pere, che potrebbero suggerire la pratica di particolari attività produttive.

bambola
Soglie d'ingresso in pietra

A fianco di tale struttura sono stati messi in luce altri due edifici più piccoli e dotati, come il precedente, di soglie d'ingresso in pietra (2). Su di esse sono ancora evidenti i fori di alloggiamento dei cardini e le tracce di usura lasciate da porte in legno a doppio battente, di cui uno fisso e l'altro mobile. I resti di ulteriori due ambienti, di cui uno dotato di focolare (3), sono visibili verso sud-ovest, al margine della strada che porta al cimitero, mentre un altro edificio seminterrato si trova nel settore est, nei pressi di una struttura circolare, ora rinterrata, interpretata come cisterna È interessante osservare come le tecniche edilizie tipiche dell’età del Ferro — costruzioni in pietra abbinata al legno, ambienti seminterrati, alloggiamenti per i pali ricavati nelle murature — trovino continuità nella successiva fase di età romana.


Morire a San Martino al tempo dei Longobardi

Il Paese del silenzio




Reti
SepoltureVI-VII secolo d C.

Proseguendo nelle fasi di occupazione dell'area di San Martino, importante segnalare la presenza di un cimitero di epoca altomedievale (VI-VII secolo d C), la cui reale estensione non è più definibile, ricavato tra le rovine degli edifici della seconda età del Ferro nel settore nordorientale del sito.

bambola
Reperti preziosi

Questo nucleo di tombe, disposte su due file parallele apparteneva ad una comunità rurale autoctona. Comprendeva nove sepolture ad inumazione, con fosse delimitate da pietre e probabilmente organizzate per gruppi familiari, senza particolari distinzioni di tipo gerarchico. Prevalgono i soggetti femminili sei tra cui due di età infantile e un'adolescente - accompagnati da ornamenti ed accessori del costume tradizionale, prodotti serialmente da artigiani attivi in ambito locale. Tali oggetti rappresentati da spille, orecchini ed anelli in bronzo, si trovano esposti presso il Musco Retico di Sanzeno.


Morire a San Martino alle soglie dell'anno 1000

Il Paese del silenzio




Reti
Sepolture sul culmine
muro
Muro sul colle

Una seconda ampia area a destinazione cimiteriale, compresa tra due muri paralleli, è stata localizzata anche sulla sommità del dosso nel settore nordoccidentale. Si sono individuate quattordici sepolture ad inumazione: all'intorno di semplici fosse delimitato da pietra. I defunti, regolarmente in posizione supina con le mani raccolte sul ventre, sono risultati sempre privi di corredo. Le analisi radiometriche sui campioni di ossa hanno riportato delle datazioni comprese tra IX e XI secolo d.C. Anche alle ultime fasi di frequentazione del sito, inquadrabili in età medievale, risalgono diverso tombe ad inumazione isolate e prive di corredo rinvenute nei diversi settori di scavo tra i ruderi degli edifici ormai abbandonati.


Il dosso di san Martino prima degli scavi e dopo

da colle boscoso a parco archeologico


Parco anno 1996     parco oggi 2020
Prima dell'anno 2000
Il parco archeologico di San Martino dal 2020

Prima dell'anno 2000 il posto era indicato come "ent al bos-ciat" o "ent a ciastièl", un colle rivestito di alberi che custodiva il presunto castello romano con i suoi segreti. Davanti stava il prato "ent al pra de San Martin" dove si sapeva che erano state rinvenute le note lapidi e are del tempo di Roma imperiale e, meno conosciute, tombe che risalivano al tempo dei Longobardi. Attualmente Il parco è visitabile ed offre anche scordi paesaggistici.

Ad esempio questo sul lato Ovest verso il campanile del paese oppure quello sul lato Est.


Le fasi degli scavi dal 2009

muro ante 2008
Tracce di muro romano

Il colle di San Martino all'inizio dell'anno 2008 mostrava pochi segni della presenza di un atteso castrum romano o fortificazione romana: un accenno di muratura a monte della stradina che porta al cimitero dal piazzale della scuola materna, i resti di scavi effettuati sul lato sud e, sotto la stradina, la conca dove si erano concentrate le ricerche del maestro Francesco Gottardi (Zanco) negli anni trenta/quaranta.

sommità
Scavi sulla sommità del colle

Nel luglio 2008 iniziarono gli scavi cominciando dal versante ovest sopra la stradina. I lavori poi proseguirono verso est risalendo per il crinale verso il culmine e le sorprese non furono poche. I muri alla base risalivano sicuramente all'epoca romana, ma in alto, tra muri, pozzetti, fosse, piani ci calpestio si rinvennero delle tombe con scheletri che portavano al tempo del XI - XII d. C. quando già l'attuale Vervò aveva i suoi abitanti. Nell'anno successivo gli scavi proseguirono sul lato sud e sul piano. Verso la fine delle ricerche varie zone scandagliate furono ricoperte per eventuali approfondimenti. Quest'area reinterrata aveva portato alla luce reperti e strutture dei vari insediamenti che si susseguirono dell'età del bronzo in avanti.

Per esporre le varie fasi della ricerca ho preparato una relazione da pubblicare sulla mia pagina web: (quanto prima)



Alcune considerazioni

Dopo tanti dubbi che gli scavi fossero uno spreco di denaro, le persone del paese che passano per andare al cimitero ora salgono a visitare il loro sito archeologico provando ammirazione e un certo orgoglio. Mi aspetto che, appena possibile ci sia una serata di informazione per essere compresa l'importanza degli scavi per il valore in sé e per gli aspetti economico - turistici. Ecco i link per notizie sugli scavi archeologici fatti nel passato decennio pubblicate su questo sito:
Storia degli scavi dal 2009
Scavi archeologici al dosso di san Martino
Sviluppi interessanti degli scavi: agosto 2011
Capitolo terzo: reperti archeologicii

Il capitolo terzo del libro su Vervò “REPERTI ARCHEOLOGICI DI VERVÒ” porta le notizie disponibili prima dei recenti scavi riferite dal Professor Nicoletti Giustino e il maestro Francesco Gottardi.


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