Persone da ricordare
Ricordo di una persona speciale
 

PERSONE IMPORTANTI di Tres


Targa Angelo NegriTres ha dato i natali a varie personalità, religiose e laiche e notai famosi del medioevo. Penso allo studioso don Paolo Zadra, il vescovo missionario monsignor Angelo Negri, vari missionari in Africa, Perù e Bolivia, il professore e storico Celestino Zadra cui è dedicata una piazza, il professor Giuseppe Gaiardelli che ha scritto il libro "TRES - note e appunti sul passato e sul presente di Tres", il signor Aldo Corazzolla appassionato storico che ha pubblicato una collana di libri sul suo paese e la sua valle, l'ingegner Camillo Maccani, il tenete pilota Ezio Maccani cui e intitolata una via nella città di Trento, lo studente partigiano Ivo Maccani a cui è intitolata una via a Tres e altre figure importanti.

Uno di questi è Marino Dorino Negri


Targa Angelo NegriDi frequente penso ai 12 anni di insegnamento a Tres, negli anni '60, al rapporto coi molti alunni di allora. Sono venuto a conoscere il suo ambiente e le persone, genitori e abitanti. La persona che mi ritorna in mente in modo particolare è Marino Dorino Negri (nonno Dorino). Spesso lo incontravo sulla strada che porta alla trattoria "Campi" e alla chiesa di Sant'Agnese. Abitava "su al Doss" a "La Rocca". Discorrendo mi chiedeva degli alunni e si preoccupava della loro educazione. Di animo buono e gentile mi rammentava spesso che, nella vita, è importante volersi bene fra le persone e cercare la pace.

Nella chiesa di sant'Agnese al Doss, alla sinistra della cappella della Madonna, è appeso un quadro contenente i fogli un lettera del 1942 alla famiglia di Marino Dorino dall'Albania dove era soldato. In essa è presente una toccante sua poesia che svela sua grande umanità. In data 15 febbraio 1994 egli stesso, in calce, spiega e svela le vicende che lo coinvolsero, indirizzandole alla Madonna di Sant'Agnese.

lettera alla famiglia
Cappella della Madonna
Preghierina alla Madonna di Sant'Agnese

Cappella della Madonna del Doss

Presentazione dell'autore della preghiera alla Madonna di sant'Agnese

Mussolini - "Verificato per censura". ... il "verificato per censura, Madonna di sant'Agnese, era soltanto sulla busta che conteneva la "Preghierina". La censura non ha cancellato nulla, infatti, della Preghierina, anche se ero un guerriero che la PACE invocava. La censura non ha neppure osservato che erano esagoni e non pentagoni quelli delle vetrate di sant'Agnese ... La carta da me usata in quell'agosto del 1942, era quella che, in Albania, ci passava il Dopolavoro Forze Armate, e così le diciture, risentono di quei tempi. ... , finita la guerra e la prigionia, sono tornato, Madonna di Sant'Agnese, nel giugno del 1945. E, finito anche il mio errar lontano, ho fatto ritorno qui, dove son nato, ed ho sostato accanto alla siepe, vicino al camposanto, donde, un mattino del lontano settembre 1932, recisi, idealmente, anch'io il mio pascoliano bordone, per migrare dalla mia cara Tres, cui ora, inutilmente stanco, mi riconduco, e, poggiato all'ideal bastone d'allora, rivivo tanti ricordi e mi inginocchio a ringraziarti, Madonna di Sant'Agnese, ed a rinnovarti, Regina Pacis, la preghiera di sempre, affinché tu ci impetri dal tuo FIGLIO, la Pace e la concordia nel Popolo e fra i Popoli! Tres, estate del 1987. Marino Dorino.


Alla Madonna di S. Agnese

I - Il sole occiduo
fra le pentagone vetrate, lievi,
della Chiesa antica
scherza e fa pallida,
di scialbe luci,
la povera navata.


Di fuori, ai morti nostri,
recenti e antichi,
illumina l'esili croci
l'ultimo raggio del dì
che già si muore.


II - Dalle tarlate nicchie
del vecchio altar di legno
cinta di bella veste,
celeste il manto,
con le stelle d'oro,
Tu guardi, pietosa,
ai morti del sagrato,
e a chi, a piedi tuoi,
prega devoto.


III - Da man sfuggita
a giovin mamma,
una piccola bimba
è da Te, in quell'ora.
E a Te tende

le candide braccine;
lascia cader un fior,
batte le mani,
e fa così, pel suo papà lontano,
a Te la prece.


IV - Tu le sorridi
o par Tu le sorrida,
e fai di sì co' gli occhi,
senza battere ciglio
e guardi alla mammina
e a lei con tanta grazia.


V - Sorridi lor!
Luce, conforto, aita,
e, de la speme,
che i desiri ci sazia,
dà lor certezze Tu,
piena di grazia.


VI - Veglia su lor Maria,
porgi a lor prieghi ascolto,
porgi l’orecchio ai supplici
voti di chi t'implora,
Regina della Pace,
Òra pro nobis! Òra!

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P. M. Sig - 25 08 1942. Marino


Nonno Dorino non era molto affezionato e premuroso per i piccoli della scuola dell'infanzia, amava il suo paese, le persone e i ricordi del passato. Ricordo che in occasione dei funerali non mancava di dare ad ognuno il suo saluto di commiato, al cimitero. Trovava sempre le parole adatte per cogliere gli aspetti personali che lo caratterizzavano all'interno della vita sociale del paese.


Dopo i primi incontri negli anni sessanta ho avuto l'occasione di conoscerlo meglio negli anni novanta con uno scambio di lettere tra il signor Dorino e la redazione de "IL TRENINO DELLE NOTIZIE" di cui ero coordinatore.

Alla scuola elementare di Vervò erano in atto i laboratori scolastici con varie attività, in particolare "Teatro" e "Giornalino". Il gruppo teatro aveva allestito una rappresentazione di burattini. "SOLDONI, SOLDOTTI AL SALONE MATTOTTI" per la serata del giovedì grasso. Lo spettacolo ha suscitato molti apprezzamenti e applausi. Il maestro Renzo ha accettato di trasferire questo spettacolo a Tres per allietare i bambini dell'asilo frequentato da bambini di Tres e di Vervò. Da qui è ripresa la mia conoscenza di nonno Dorino.

Lascio a lui la parola che è stata riportata sul  mensile scolastico "Trenino delle notizie del 15 febbraio 1994.

Tres, 11 febbraio 1994 - Da Tres un plauso al CARRO DI TESPI di Vervò

Bravo, bravissimo anzi, caro maestro Micheletti, per quanto ha saputo fare perteatrino allegrare "el zuèbia Grassa" a Tres per i cari bambini della scuola dell'lnfanzia di Tres e di Vervò. Mi rammarico di non essere riuscito ad assistervi perché vecchio, dopo aver compiuto sin dallo scorso anno i miei primi 84 anni, per qualche difficoltà ambulatoria derivante dall'essere della mia stessa età pure le gambe di cui mi devo servire per deambulare. Mi scuso con lei e con tutto il "CAST" dei bravissimi esecutori della bella rappresentazione da lei istruiti e guidati. Considerate questo mio scritto un aggiuntivo plauso, completamento del plauso certamente gradito espresso a scena aperta da manine che, anche se battevano piano, forte esprimevano il loro entusiasmo partecipativo. Bravi, bravi davvero, e lo esprimo convinto questo mio bravi, che diventa doveroso da parte mia per essere il Nonno Scolastico e Adottivo dei bambini della Scuola dell'Infanzia dal lontano 9 ottobre 1969. Da allora ho visto molti bambini che si sono avvicendati alla scuola materna e quest'anno festeggerò con loro le nozze d'argento di questa mia cara attività. Ormai in paese sono diventato il Nonno Scolastico o Marino Dorino, nonno di tutti con mio grande piacere e con mio grande onore.

Ma torniamo al "zuèbia grassa" di quest'anno, posso dirle, maestro Micheletti, che non avendo potuto essere presente, mi sono fatto raccontare ogni cosa da mia figlia Donatella che era passata da noi, mia moglie e me, dopo la scuola e la rappresentazione. Così sono venuto a sapere che merito di lei, maestro Renzo, ogni cosa, concertatore ed istruttore non solo ma anche esecutore degli allestimenti che la rappresentazione esigeva. Ho così definito il tutto come meraviglioso "CARRO Dl TESPI", anzi un "TRATTOR Dl TESPI", per il mezzo di trasporto usato !!! Ancor più bravo, ancor più meritevole, maestro Micheletti. Bravo davvero, autonomo regista-esecutore. che prodigandosi è riuscito a far godere quei cari spettatori. Lo sentano, lo continuino a sentire gli esecutori quell'applauso di quelle manine l’entusiasmo di quei bambini ed anche questo tardivo plauso di nonno-Marino Dorino che ringrazia commosso per tutti. Continui, maestro Renzo! Anche in questo campo, anche in queste meravigliose attività di doposcuola, anche, come sa ben fare, premendo i tasti per trarre melodie, promuovere accordi, elevare l’animo educandolo alla concordia! Mi abbia scusato se, de quel dattilografomane che mi riconosco, mi sono dilungato, ma lo porti il mio saluto a quegli UNDICI (un’autentica squadra, se si trattasse di calcio) diventati dodici per un’altra qualificata collaborazione di una insegnante. Ossequi cordiali ed auguri di sempre nuove iniziative.

Marino Dorino Negri

PS: Ricordo che il maestro Micheletti guidava i canti nella manifestazione di Tres, e guidava i parteciparti al concorso della Primanaunia a Tuenno, vinto dalla scuola di Vervò, e che in quell'occasione lesse una mia esortazione a sempre distinguere i VALORI dai valori. La ringrazio, perché riaffiorano (scherzi della vecchiaia) le superbie per una qualche mia rimela che fu declamata dal professor Rizzardi di Coredo elevandone, per la declamazione, il povero contenuto.


Qualche tempo dopo il signor Dorino invia una lunga lettera di ringraziamento per l'invio del "Trenino delle notizie" a casa sua. In essa raccontava se stesso illustrando gli aspetti della sua grande umanità.


Da nonno Marino

Grazie assai, grazie davvero, egregio e caro maestro Micheletti, per quella copia de “I1 Trenino delle notizie”, il mensile della scuola di VERVO’, a me destinato con tanto di “per nonno Marino”. Ho gradito assai e mi sono sentito tanto onorato nel vedere citato nel sommario il "Carro di Tespi" e “El gromial da l’erba”. Grazie, maestro Micheletti, per quanto fai per la scuola, anche attraverso quel Mensile che attinge dai lavori della scuola di Vervò e tratta di tante interessanti cose del paese ed anche del mondo - Bravo maestro! È bene non dimenticare; giova assai il ricordare anche le care cose antiche, perché, anche se sono e sembrano superati i tempi, è utile il ricordo: ancor utile il comparare. Gli scolari, certamente, hanno di che apprendere per il vivere, poiché, come dice il motto latino “non scholae, sed vitae discimus” e anche nella evocazione del passato, anche comparando tra antico e il moderno è possibile meditare l’evolversi delle cose ed il conseguente miglioramento di esse. “Il Trenino delle notizie” tende al miglioramento certamente per il bene di tatti ed anche, forse soprattutto, al miglioramento della Cultura che sappia distinguere fra i VALORI materiali del vivere ed i VALORI che lo devono sempre condizionare per essere più ALTI, i valori dello SPIRITO. Continua, maestro Micheletti.

Ho letto “al tempo dei nonni”. A quei tempi (10 gennaio 1934) io ero un repubblicano convinto e gli amici mi dicevano: - Che ne facciamo del Re e della Regina? Rispondevo che avevano ben meritato e che lo stesso Re avrebbe potuto essere il primo presidente della Repubblica. Doveva adattarsi ed avere quella nomina per la prima volta, all’inizio, poiché dopo la carica sarebbe dovuta essere elettiva. Ed aggiungevo che il Re e il Presidente dovevano avere due divise o vestiti: uno per tutti i giorni di lavoro, uno per quando doveva recarsi all’estero per rappresentare ufficialmente l’Italia nelle manifestazioni.

Ha fatto bene, maestro, a riandare con gli scolari alla storia locale passata. È sempre valido ritornarci sopra per riflettere e comparare perché la storia è “Magistra vitae!” anche se qua e là nella comparazione può apparire perdente. Leggo infatti dalla liturgia delle Ore una lettura breve che dice: “Fermatevi nelle strade e guardate; informatevi circa i sentieri del passato, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre.” Ripeto le mie felicitazioni per il vostro Trenino delle Notizie e sul sistema di educare gli scolari al Bene. Insegnare educando gli spiriti, anche se la materia da trattare fosse la matematica o l’educazione all’artigianato, essendo sempre importante trovare il modo di evidenziare i VALORI VERI.

Mi consenta, maestro Micheletti, tenuto conto della capacità di dedicarsi alla musica come esecutore e compositore, di esporre una mia idea. Ho avuto la partitura ed il libretto dell’operetta il SALVATORELLO che settant’anni fa circa, venne eseguita coraggiosamente dal coro e dall’orchestrina di TRES. Nella mia faciloneria ritengo sia possibile metterla ancora insieme anche se oggi è difficile tenere desta l’attenzione di spettatori abituati alla TV o al telecomando, ma sarebbe educativo andare piano e ascoltarli i cori ed i solisti che in quell’operetta si avvicendano.

Si potrebbe tentare un nuovo Caro di Tespi lirico nei comuni dove opera la Cassa Rurale Primanaunia che potrebbe essere lo sponsor per finanziare i costi. Forse è possibile organizzare il CORO con quel fanciullo Salvatorello. Quella volta e per alcune recite c’ero anch’io (tenore secondo) ed ero un “Masnadiero” con il compito designato di uccidere il piccolo con un coltellaccio insieme ad altri due: io ero Malanno insieme a Vischione e Scarpone. E ricordo ancora quella volta che, per la recita a Coredo quando mancava il basso rappresentato dal cieco che andava alla ricerca del figlio accompagnato da Masaniello, mio fratello, istruttore e direttore del Coro e dell’Orchestrina, mi disse: “Se non viene, sostieni tu la parte ...“. Ma basta sull’argomento. Se per caso si ritenesse la cosa fattibile, le farei avere la partitura e il libretto Mi scuso per quanto accludo, ritenendo possa servire per una rievocazione sulle miserie, le difficoltà e per i modi per cercare di superarle. Con tanta cordialità, coraggiosa, ed auguri anticipati di lieta Santa Pasqua.


L'anno seguente il 25 gennaio il gruppo teatro della scuola elementare si esibì a Vervò con un nuovo spettacolo di burattini seguito con entusiasmo ed applausi dal titolo "INCONTRI E SCONTRI NEL BOSCO.

Anche questa volta lo spettacolo fu riproposto ai bambini della scuola materna di Tres e agli scolari di Tres. Come era prevedibile, non sfuggì alle attenzioni di nonno Dorino che ci fece avere lo scritto che segue.


"EL VINTIZIC’ DE FEURAR DEL 1995!!!

teatrinoAncuèi, verament, la zuèbia grassa l`è za passada, ma ancia ancuèi g’è vergot da festezzar perché l'è el vender sgnocolar !!! El rigrazian el sindaco da Vervò per el bon cuèr e ancia el Micheleti, el musicista che '1 cianta e l'ensegna a ciantar, el sindaco e ‘l maestro perché, tutti doi, ai pòpi dei nossi asili i gi vuèl propi ben. E ve ‘l dígi mi che de éi son da pu de vintizinc’ ani el "scolastico non"! L'è ben vera che propi da Vervò chel “Caro di Tespi” che l’eva trat en pè per trasinarlo a Tres a farlo “dir su” en chel prim bot. Vedereu che gi la faren con che maestre enzì brave a costo de farne aidar da ca "Luigina", che cianta ancia éla, spezialment en cosina, ‘ndò che la comoda tut éla, a darlo n' tra de noi, de pù che le maestre empegnade a farlo bon ancia per éle! Grazie ancora, Sindaco e maestro, gazie dal bon e de cuer!!! Ancia per éi, i pòpi de l’asilo da Tres e da Vervò che i studia ensema, massa ‘n puèci per poder zumelar … e che en nono scolastico sól i già. El nono scolastico Marino el ve fa n’afetuosa carezza per farse perdonar. El ve la fa ancia per la nona Maria che come la sta ancia i popi, i lo sa e i gi vuèl ancia pu ben."

Marino Dorino


E poco dopo ci dava ancora dei consigli e degli incoraggiamenti:


Trenino delle notizie, non fermarti Il nonno scolastico dei popi de tuti doi i paesi el dis ancor en bot brao dal bon. L’é ciarneval, ma lagiame dir na roba che la già puèc’ propi da far con le robe da grignàr. Lagiàmela dir l’istess, lagiàme ancia el sèri col grignar mesdar! No l’è migia na rimela, ma na poesia seria e vera che, me par, el l’abia scrita ca Grazia Deledda, che scriver la seva, o ca Ada Negri che scriver la seva ancia éla. (poesia di Olindo Guerrini con lo pseudonimo di Lorenzo Stecchetti)

La diseva ca poesia vera: Quando udrai, quando vedrai impazzire per la strada il carnevale, oh non scordarti, non scordarti mai che vi sono dei morenti all’ospedale! È molto bella e lunga, ma a memoria non la ricordo più.

Géra scrit sul Trenino delle notizie: Ma sarà l’ultimo numero del giornale? No; provante a farlo seutàr, maestro; l’è en trenino che el se lo merita de segutar a nar ancia se il resoconto di entrate e spese 1'è na putòst mal. Grazie a tutti, ve saludi con tut le scuse per la maniera de tentar de rimelar.

El non scolastico de chi popi da Vervò e da Tres, ormai da ventizinc’ani za passadi. (Anno III n° 4 12/04/1995)


Il signor Dorino in questo periodo di corrispondenza ci ha fatto conoscere il suo attaccamento alla vita del passato e al gusto di usare il il dialetto deliziandoci con delle sue poesie.


POESIE DI NONNO MARINO


ELOGIO-OMAGGIO AL "GROMIAL DA L'ERBA”


Me digi che, nuèu, no èst sta mai! /  I t'ha rnetù 'nsema coi toci del linzuél dal ciar,
o con autre robe sfluade , o sbregiade! / A vardarte ben, eres propi come l’vestì de n'Arechin!
Ades però, che i t'ha metù ‘nsema, / e i t'ha tacia robusti cordoni,
vederastu che braure che sas far!
Es bon da nar per clòze, / per portargi da magnar alle vacie;
ma, 'ndo che vales de pù, l’è propi a nar per erba:
'ntra le bine, sui argiai, dria le ziès, / zo 'nfont a le ciavazare!
Me recordi che, quando l’era ora 'n senmar, / passavest a me pare, che ‘l s'era zust ensegnà;
l’eva metù zo le baciéte per segnar le senmadùre / e l’era io ‘n pé a spetàr
che me mare dal saç la gi metés ent el formént, / l'orz, la biava o l’formenton, da senmàr!
Entant, le stracie vaciote, ancor zonzude, / le pousava, e, col mus 'nt i musaruèi,
le stentava, puère bestie, ancia a rongiàr!

gromial da l'erba Su la ciavazara con en man la me baciéta,
pousavi ancia mi, boiar!
Me mama la pregiava, ‘n zinoclón!
Me papà 'l tornava a ‘nsegnarse
e 'l scomenzava a senmàr!
Ogni pas en pugn de gran che 'l néva su aut
e 'l se spandeva, ‘nt el nir zo, dapertut!
en chél tòç de senmadura. largia trei passi e mèz,
perché, l'auter tòç, se sa ben
el nideva, senmà 'nt el tornar!
Ma dopo, ti, gromiàl da l'erba,
eves ruà, e tornaves, da me mama,
entant che tiraven l'érpeç, prima de nir a ciasa!
Pousaves, la domengia, perché, le fenme,
la festa, le meteva el gromiàl moro,
quel bèl de satin, la vesta bèla e giabanèl pu bèl!
Na pausa; ma 'l luni, a bonora, ancor per erba!
E le ligiava la giaida,
plena de bona menudola o de marmoréze.
Le la meteva su la testa;
la sièsla su sora come ‘n diadema e, e sóta
come na corona de perle!
le pu bèle, le pu sante!
Le perle del sugiàr!


Marino Dorino Negri


Riscrivo la poesia "El gromiàl da l'erba" - in italiano il più letterale possibile. Si tratta del grembiule legato alla vita per protezione e vari usi, uno in  particolare: per contenere l'erba raccolta e poi, annodando le tre cocche, chiuderlo a sacco (giàida) per portare l'erba a casa


Io dico che, nuovo, no sei stato mai! - Ti hanno messo assieme coi pezzi del lenzuolo da carro,
o con altre robe logore, o strappate!   - A guardarti bene, eri proprio come un vestito d'Arlecchino!
Adesso però, che ti hanno messo insieme - e ti hanno aggiunto robusti cordoni,
vedrai che bravure che sai fare! - Sei buono (servi) a andare per pigne,
  per portare da mangiare alle vacche - ma, dove vali di più, è proprio per andare per erba:
tra le porche (solchi), sulle prode, dietro le siepi - giù in fondo alle capezzagne!
Mi ricordo che, quando era ora di seminare, - passavi a mio padre, che si era appena segnato:
aveva messo le bacchette per segnare le seminature. - Ed era lì in piedi ad aspettare
che mia madre dal sacco vi mettesse dentro il frumento - l'orzo, l' avena o il saraceno da seminare!
Intanto, le stanche vaccherelle, ancora aggiogate, - riposavano e col muso nelle museruole,
stentavano, povere bestie, anche a ruminare!

gonna grembiuleSulla capezzagna, con nella mano la mia verga, - riposavo anch'io, bovaro!
Mia mamma pregava, in ginocchio! - Mio padre tornava a farsi il segno della Croce
e cominciava a seminare! - A ogni passo un pugno di grano che andava su in alto 
e si spandeva, nel venir giù, dappertutto! in quel pezzo di parte seminata,
larga tre passi e mezzo, perché l'altro pezzo, si sa bene, - veniva seminato nel ritornare!
Ma dopo, tu, "gromial da l'erba" - avevi terminato, e ritornavi da mia mamma,
intanto che tiravamo l'erpice, prima di venire a casa!
Riposavi, la domenica, perché le donne, - la festa, mettevano il grembiule nero,
  quello bello di satin, la gonna bella e il giubbetto più bello!
Una pausa; ma di lunedì, di buon'ora, ancora per erba!
E legavano l'involto - pieno di buon vilucchio o di bubbolini (silene).
Se lo mettevano sulla testa; il falcetto su sopra come un diadema ,
e, sotto, come una corona di perle! - le più belle, le più sante!
Le perle del sudare!


QUANDO STIANI I DAVA FUER LA SAL Aprile 1994

Sa me ciasa, dato che me mama la era una
che ai popi la ge voleva ben e la lagiava nar,
èren semper en tanti a giatarne ensema, sul splazuel,
o sota chel portegét, a zugiàr.
En ca doman, en puèc prima delle undes
(che l’era per quei da Tres mezdì, ‘nbot),
la ne ha clamadi enter tuti, ‘n la cosina, endò
che, sul foglar, ‘nt el paruèl, za boiva l’acqua,
en la minela, g’era za la farina parezada. mestolo
La ne ha fat tuèr zo la bereta, che, ‘n bot,
meteven su apena levadi, e la togéven zo
quando neven a dormir; za ‘ndromenzàdi.
Po la ne ha fat ensegnarne, e io, tuti ‘n pè,
entant che la petava zo la sal, e co la glava
‘n man, la se parezava a mesdàr la polenta,
la n’ha fat dir su ‘l Donate Loro.
L’era mort, puèci di prima, un da Tres,
e, dopo l’obit, propi fuèra da la porta del zimitèri,
i eva i parenti dat fuèr a tut el paes la sal:
e tuti i era nadi a tuèrla, se sa ben.
Perché, ancia se i è ormai propi ‘n pueci
a recordarsen, ‘l crompar alora la sal,
l’era ‘n problema del bon!
El Soldo nol coreva migia come ades!
e ‘n tel bilancio del Comun g’era, za stampada,
na ós de spesa che la diseva: “Sale ai pellagrosi”.
Che tempi; e,‘nzi, alora quei che i podeva,
dopo l’obito, i dava fuèr la sal!
Ma, perché nol fus na ciarità,
e no se podes ofender enzùn,
i diseva che la era data per zerciar
de replanar qualche tort che, chel puèr mort,
l’aves podèst, senza volerlo, aver en vita fat:
magiari ‘nt el meter l’acqua,
sfauzar al de qua dei termeni ‘n qualche pra
o su na qualche ciavazara, ‘n tel far ent el ciamp,
na sbadilada ‘n tera e ‘l aves tirada ‘n qua, sul sò.
E, enzì, quando con ca sal data fuèra se salva vergot,
se gi diseva su na Rechia, a chel puèr om!
a chel puèr mort, e tuti i torti che ‘l podés aver fat
da vìu, i gi nideva perdonadi, ancia se, magiari
qualchedun el se recordava dei torti patidi,
e de quel che l’eva lagià nar
lagiando che ‘l fuss EL, el Signoredio,
a zudiciarlo, o a far finta, ancia EL de ‘ngot,
e, ancia par ca sal, tut perdonar!

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Marino Dorino Negri


Sù,a casa mia, dato che mia mamma era una
che ai bambini voleva bene e lasciava andare,
eravamo sempre tanti a trovarci assiema in ensema
nello spiazzo, o sotto quel piccolo portico, a giocare.
Quella mattina, poco prima delle undici
(che era per quelli di Tres mezzogiorno, una volta),
ci ha chiamati tutti dentro, nella cucina, dove,
sul focolare, nel paiolo, già bolliva l’acqua,
nella minella, c'era già la farina pronta.
Ci ha fatto togliere il beretto, che, una vlta,
mettevamo in testa appena alzati, e la toglievamo
quando andavamo a dormire; za ‘ndromenzàdi.
Poi ci ha fatto fare il segno della croce, e lì,
tutti in pieti, mentre versava il sale,
e con il mestolo in mano, si preparava a rimestare
la polenta, ci ha tatto recutare il "Donate Loro".
Era morto, pochi giorni prima, uno di Tres, e,
dopo il funerale, proprio fuori dalla porta del cimitero,
avevano i parenti distribuito a tutto il paese il sale:
e tutti erano andati a prenderla, si sa bene.
Perché, anche se sono ormai proprio pochi
a ricordarsene, il comperare allora il sale,
era un un problema di certo !
Il soldo non correva di certo come adesso!
e nel bilancio del Comun era, già stampata
una voce di spesa che diceva "Sale ai pellagrosi".
Che tempi; e, così, allora quelli che potevano,
dopo l'obito, distribuivano il sale!
Ma, perché non fosse una carità,
e non si potesse offendere nessuno,
dicevano che era data per cercare
di ripianare qualche torto che, quel povero morto,
avesse potuto, senza volerlo, aver in vita fatto:
magari nel mettere l'acqua, sfalciare al di qua
dei termini in qualche prato
o su una qualche capezzagna, nel rincalzare il campo, una badilata di terra  l'avesse tirata in qua, sul suo.
E, così, mentre con quel sale distribuito si salva
qualcosa, gli si recitava un Requiem, a quel povero
uomo! a quel povero morto, e tutti i torti
che potesse aver fatto da vivo, gli venivano perdonati, anche se, magari qualcuno si ricordava dei torti patiti,
e di quello che aveva lasciato perdere,
lasciando che fosse Lui, il Signor Iddio,
a giudicarlo o a far finta, anche Lui di niente,
e, anche per quel sale, tutto perdonare!

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Marino Dorino Negri



DENTINCIÀGNI - Tarassico officinale

Adès, che quasi no i nen magna pu,
e nancia pu i li tuès su, vedésseu che floridura,
che i dentinciagni i fa véder da per tut!
E che corole, enzì bèle, enzì zalde.
I è propi bei, ma no i dura semper nancia éi.
I rua de trasformarse ent en got.
Na bala blancia che quasi no se la vét.
I pòpi i ge sofla sóra come per smorzarli,
enzi i sgóla via e tut è rua per quest’an.

Pueri dentinciagni che i dura dermò na stazon,
no i li bina pu su, e no li magna pu come en bòt,
conzadi con che zitole del lart.
Zo en botégia gi n'era de quei che i diseva
che la Mercede, quela di Passeri,
coi dentinciagni el MIEL la feva!
Auter che fiori, MIEL, propri, MIEL,
tant e bon! En puèc' men dur, ma bon listés!
Basta, se hai ciapì ben, binarli su e farli cuèser!
E, addio arnie e au: demò dentinciagni
ancora n'fior o zust sfloridi!
miele vegetale zaldi ancia ei, i fiori come el miel!
Che se pó, l'é quei dal mont,
el Miel l'é ancor pu bon,
mièl DOC de quel de Predaia.
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Marino Dorino Negri

Adesso, che quasi non se ne mangian punto
e neppure li raccolgono, vedeste che fioritura
che i denti leone vi fanno vedere dappertutto!
E che corolle, così belle, così gialle.
Sono proprio belli, ma non durano neppure loro.
Finiscono a trasformarsi in niente,
una palla bianca soffice che quasi non la si vede.
I bambini soffiano sopra come per spegnerla,
così volano via e tutto è finito per quest'anno

Poveri denti di leone che durano soltanto una stagione,
  non li raccolgono, né li mangiano come una volta,
conditi con quelle zitole (ciccioli)del lardo.
Sotto, nel negozio ce n'erano di quelli che dicevano
che la Mercede, quella dei Passeri,
con i denti di leone il MIELE faceva!
Altro che fiori, MIELE, proprio, MIELE, tanto
e buono! Un poco meno duro, ma buono lo stesso!
Basta, se ho capito bene, raccoglierli e farli cuocere!
E, addio arnie e api: solo denti di leone
ancora in fiore o appena sfioriti!
gialli anche essi, i fiori come il miele!soffionile vegetale
Che se poi, sono quelli dal monte,
il miele è ancora più buono,
mièl DOC de quel de Predaia.

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Marino Dorino Negri



Biografia essenziale



Marino Dorino Negri nacque a Tres il 9 ottobre del 1909 da una famiglia di contadini; il padre si chiamava Giuseppe e la mamma Albina Zadra. Da giovane fu occupato come commesso presso la Famiglia Cooperativa locale e partecipava attivamente alla vita del paese. Fu commesso anche a Borgo Valsugana. Era molto curioso di conoscere, di sapere. Il Comune gli affidò l’incarico di sistemare il registro della popolazione.

Partì per il servizio militare che si svolse tra Como e Sondrio.stemma associazione

Come egli stesso racconta sopra, lascia Tres nel 1932 e trova modo di occuparsi in quella valle dove aveva fatto la naia. Per accedere all’impiego gli serviva il diploma di quinta ginnasio che, col suo instancabile impegno personale, riuscì ad ottenere da privatista. Da giovane aveva dovuto interrompere gli studi perché la famiglia non aveva disponibilità economiche. Fu assunto all’Opera Nazionale Invalidi di Guerra (ora Associazione Nazionale Invalidi di Guerra) a Sondrio a Sondrio dove si fece apprezzare per la sua disponibilità, la sua serietà e l’impegno verso gli invalidi del primo conflitto mondiale. Il 7 aprile 1940 si sposò con Maria conosciuta a Teglio in una delle sue lunghe passeggiate domenicali nei dintorni.

Nel 1941 venne richiamato e partì per il fronte. Dopo l’8 Settembre 1943 con i suoi soldati (lui sergente) consegnarono le armi ai tedeschi e furono tenuti prigionieri in Albania. Rientrato in Italia il 18 giugno 1945 riprese il suo lavoro a Sondrio all’Opera Nazionale Invalidi di Guerra che, purtroppo, erano aumentati.

Nel 1953 fu trasferito alla sede di Milano e nel 1955 fu raggiunto da tutta la famiglia, la moglie Maria con i figli Annina, Beppe e Donatella. Si occupava anche dei Ciechi di Guerra (talvolta anche Mutilati) presso la Casa di Lavoro e Patronato dei Ciechi di Guerra di Lombardia. Appena poteva, di domenica, aiutava invalidi, mutilati e ciechi in difficoltà per ottenere la pensione relativa. I figli lo ricordano come appassionato di sapere, aperto alle persone, con un grande cuore.

Nel 1965, giunto all’età della pensione, Marino Dorino ritornò a Tres nella casa di famiglia al "Doss" ed in quel tempo, appunto, lo conobbi come nonno Marino, "Nonno Scolastico Adottivo dei bambini della Scuola dell'Infanzia" e creativo e sensibile poeta dialettale.

Morì a Tres il 26 febbraio 1998

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