da verona al congo
diario di Fr. Zadra Costante  


Diario del viaggio di fr. Costante Zadra

verso il Congo: Venezia – 8-12-1967
        Mombasa – 31-12-1967 – Gulu – 6-1-1968


All’inizio del quadernetto fratello Costante Zadra scrive alcune annotazioni in francese che aveva studiato da poco a Parigi e qui tradotte. velocità oraria di 18 – 20 nodi

Introduzione

Racconto del mio viaggio a bordo della motonave “Victoria” scritta per le mie sorelle e a tutti i miei amici, a Gandini - Roveda. Domando, per prima cosa, perdono per la cattiva scrittura e gli errori grammaticali e sbagli di ortografia. Leggendo queste poche pagine vi ricorderete forse di qualche ora passata insieme. Buon divertissement! N.B. – Lo stile e la forma di questo manoscritto è sorpassatissimo, lo so; abbiatemi dunque per iscusato, grazie.


Venezia, 8-12-1957

Partito da Verona alle ore sei, arrivo a Venezia alle ore otto. Prendo il vaporetto n° 5 che mi porta alla “Zattera” ove hanno sede diverse società di navigazione fra le il LLoid Triestino al quale apparteneva la nave “Victoria”, bella nave della stazza di 11.000 tonnellate di color bianco con ogni sorta di comfort.

Sbrigate le pratiche di biglietti e passaporti esco dagli uffici per recarmi in una chiesa ad una santa Messa, poiché siamo nel bel giorno dell’Immacolata. Trovo la chiesa di San Sebastiano a un tiro di schioppo dal molo ed entro.
       Finché attendo l’ora del messa delle ore 11, erano le 10, vedo gironzolate per il tempio deserto una piccola suora dal fare dimesso. M’avvicino e le dico così senza preamboli Usate voi fare dell’elemosina ai poveri?”“Sì." mi disse. Allora, incoraggiato, azzardai: “Se ci fosse un piatto di minestra calda anche per me a mezzogiorno sarei felice!” E la suorina tutta tremebonda: ”Ma sa, oggi non c’è la madre; non so, vedrò.”
       Mi rimisi al mio posto per ripararmi un po’, perché quella chiesa veramente era fredda, nonostante il mio cuore infiammato di zelo apostolico. Tutto questo avveniva così, come ripeto, nel silenzio della chiesa vuota, al cospetto solo di colui che tutto vede e tutto può. Come Dio volle venne anche il momento della S. Messa e, qualche minuto prima, anche il rettore che andò in sacrestia difilato. Dopo qualche istante, ispirato da non so quale angelo custode, me lo vedo sotto il naso con fare benevolo e d’invito e mi porta in sacrestia. Un breve colloquio di cinque minuti e ci diciamo tante tante cose che il quaderno intero non basterebbe a contenere …
        Anche lui alpino della famigerata divisione Julia, cappellano per giunta e protagonista della celebre ritirata in Russia, ora cappellano delle Carceri e rettore a tempo perso della chiesetta di S. Sebastiano. Ci siamo intesi all’istante e detto fatto mi scrittura per fare il Lettore e cantore durante la s. Messa che, neanche farlo apposta, riuscì a meraviglia. Alla fine del Vangelo, altro colpo di scena. Si volta e, additandomi, dice al popolo: “Abbiamo fra noi oggi, per un caso fortuito della provvidenza un missionario, già reduce dei campi di battaglia, quindi delle Missioni in Sudan; ed ora si accinge a partire per il Kongo!!!” A quest’ultima parola la folla dei fedeli fu elettrizzata. “Dopo la s. Messa, - proseguì il rettore – siete liberi di venire in sagrestia per salutarlo.” Difatti, dopo qualche istante dalla fine della messa, mi vedo arrivare in sagrestia una moltitudine di gente che mi tempestava di domanda. Ristabilito il silenzio, intrattenni quella buona gente per più di 20 minuti in una, come dire – conferenza stampa – sulla vocazione missionaria, sulle missioni e opere della Congregazione. (mentre il Rettore col suo berretto girava …)

Penso modestamente che questo del discorso colla gente sia stato uno dei più bei ringraziamenti alla Comunione. (La nave è già in alto mare e si vede il tremito della penna, pazienza.)

Continuo: Ma la cosa non finì li. Sulla porta della sagrestia, sbirciai la sorella che mi faceva dei gran segni di venir via. Uscii e lei: “Sa, è ritornata la Madre e la vuole proprio da noi!” Come declinare un invito così pressante! (Poiché nel frattempo anche il buon Cappellano mi aveva fatto formale invito.). La morale si è che non solo ebbi un pranzetto coi fiocchi, ma subito dopo fui invitato nella sala del Capitolo a tenere una seconda relazione missionologica al cospetto di ben settanta suore e anziane per giunta! … con tanto di benedizione compresa! È proprio vero il detto “nemo profeta in patria sua”
Di simili dimostrazioni di simpatia e di solidarietà non ne avevo mai avute. Le loro preghiere mi accompagneranno nel viaggio che sarà lungo e, poi, laggiù nel lontano Kongo dove tanto lavoro ci aspetta. Sia ringraziato il Signore Iddio.

Ore 2.30 Mi molo di Veneziaripresento all’ufficio passeggeri e passaporti per un dernier controllo, e toh, m’incontro finalmente con Father Fortuna col quale viaggeremo insieme fino alla santa Uganda. Si sale sul vaporetto che ci porta al bacino dove ci aspetta il “Victoria”. L’imbarco fu rapido e alle ore 5 p. m. precise la nave si mise in moto.

Non c’era gran folla a salutarci, solo un gruppo di persone venute da Varese col loro parroco ad accompagnare una suora che partiva per il Kenya. Non i soliti fotografi o indiscreti giornalisti, neppure la TV si è scomodata … ci sono altri avvenimenti più importanti da sottolineare, ci sono problemi ben più interessanti che non riprendere un miserello di missionario che va a scaldarsi la testa sotto il sole equatoriale! Povero lui, caso mai avremo un senso di commiserazione. Ma la nave fila ed è già al largo, e poi chi ha il grillo e il tempo, diciamolo sinceramente, di perdersi in queste vane considerazioni? Nessuno certo.

E il povero missionario va anche lui trasportato dalla bella nave possente, ma più ancora dalla forza del suo grande segreto che serba nel cuore, ma che traspare facilmente dai sui occhi sereni e contenti, basta non essere analfabeti … o ciechi per non capirlo. Per questo scopo cioè (perché il Signore apra gli occhi ai ciechi, e illumini gli analfabeti ho recitato questa sera il “Breviario degli ignoranti, il santo Rosario e poi a nanna. Bonne nuit.


Da Bordo, 9-12-1957

In mare fa giorno presto. Alle ore 6 ero già in piedi. Grazie o Signore del sonno meraviglioso che mi hai concesso in questa notte. Salgo in coperta. La sala riscaldata ai bambini a poppa è anche per un provvidenziale parallelo di cose, cappella. Si succedono le sante Messe a turni fino alle ore otto, dopo di che fanno irruzione i bambini per la … loro messa in scena. E come si divertono! A noi che ci diciamo grandi viene solo un senso di invidia e di tanta nostalgia in corpo.

Sono le ore 9 a. m. Stiamo di fianco lo sperone del monte Gargano. Il cielo è plumbeo ma il mare è calmo. Qualche sbuffata d’acqua in coperta che non si sa se viene di su o dal basso. Strano.

Altre cinque ore e siamo a Brindisi, e qui si fa la prima fermata con cinque heures di sosta. S’approfitta per scendere a terra ad imbucare le ultime notizie scritte su suolo italiano, e per fare qualche piccolo acquisto. Un’acquerugiola continua ci accompagna dans notre promenade, ma non ci impedisce di visitare le bella Cattedrale e alcune vie principali della città. Visibili ovunque le scritte bilingui, greco-italiano, Da buoni alpini naturalmente si ritorna a bordo con qualche fiasco di vino, dopo averne assaggiato qualche ombretta, ma sempre in gamba.

Ore 20; partenza Ci stiamo alzando da tavola, mentre tolgono gli ormeggi e vengono iniziate le manovre per la messa in moto della motonave. Con grande stupore, salendo in coperta vediamo un cielo bellissimo rischiarato dalla luna e da miriadi di stelle lucenti. Vien proprio di pensar così: anche a noi uomini siamo un po’ a modo nostri come il tempo, un po’ burrasca e un po’ sereni. Ci consola però il fatto della possibilità di sempre rasserenarci dopo qualsiasi travaglio e difficoltà, basta solo che abbiamo un minimo di buona volontà e con l’aiuto de Dieu. Con questo pensiero anche questa notte riposeremo avec la paix.


Da bordo del “Victoria”10/12/67

Domenica. Sul far del giorno siamo già in vista della Sicilia. Ore 7. 30 Concelebrazione di tre padri di Mill-Hill, presenti due fratelli, io e un francescano. Ore 9, 30 Santa Messa Stretto di messinain sala di I° classe per la gente. Appena finita la Messa s’entra nello stretto di Messina e un po’ prima sulla destra Reggio Calabria. L’altoparlante annunzia: “Voici le deux pylon portant del fils electric a l’hauteur de 70 m. a droit Scilla e Kariddi de la leggende. Devan nous avons le gruppe d’îles Eolie ou Lipari avec le vulcan Stromboli. Dans l’aprés midi a 4 h. 30 nous voyons a gauche le golfe de Palermo avec la grande ville omonime. - Ecco i due tralicci che trasportano fili elettrici all'altezza di 70 m. a destra Scilla e Kariddi della leggenda. Di fronte a noi abbiamo il gruppo delle isole Eolie o Lipari con il vulcano di Stromboli. - Nel pomeriggio alle 4 e 30 vediamo sulla sinistra il golfo di Palermo con la grande città omonima. Fa presto notte a causa della nuvolaglia verso ovest e termina l’appunto per dar luogo a un’altra nota.

È ora di dare qualche notizia di bordo, poiché si sa che i primi giorni servono per prendere l’intelligenza dei luoghi, ambiente e persone. I miei più rosei pronostici furono sorpassati di gran pezza, poiché per compagni di cabina trovai un indiano di nome Dutta Charan, ambasciatore, che oltre all’inglese parla bene anche il francese, e questo mi fece subito piacere. Una persona distinta, affabile e molto buona, di religione induista. L’altro, (poiché siamo solo in tre, pur avendo quattro cuccette) neanche farlo apposta un astronomo di Beograd, perciò jugoslavo di nome Kubicela Alexander. Anche lui assai buono, simpatico e molto alla buona; ama i bambini. E così sorge una gara fra noi due per che sa avvicinarli meglio.

Nel nostro reparto di nave ce n’è una dozzina di questi bambini: indiani per la maggior parte, malesi e inglesi, ma è un piacere il vederli a ruzzare tutti assieme come veri fratellini. Fra tutti ce n’è uno, (e l’abbiamo subito adocchiato a vicenda, io e l’iugoslavo) che si distingue per vivezza e intelligenza. È un piccolo indiano di nome Srini di 11 ans, sa bene l’inglese, l’indù e il francese. Alle prime battute in francese io strabiliai per la sua super intraprendenza nell’afferrare le cose e in poche parole siamo diventati grandi amici. Volle presentarmi suo padre, un altro ambassador d’India a Bruxelles, che però non sa il francese. Con tanto piacere trovai pure a bordo altri due Fathers (Padri) tirolesi: uno di Anterivo in Val di Fiemme e uno di Bressanone, certo Tauber, ed entrambi diretti a Soroti in Uganda a fianco ai nostri padri.


11 dicembre 19676 – Méditerranée mer

Abbiamo avuto una notte assai tranquilla, perciò niente ma di mare, Deo gratias. Alle sei siamo già in gamba per la santa messa e le preghiere.

Una nota degna di nota. Ci troviamo a bordo in 11 religiosi, 8 Padri e tre fratelli e tutti missionari dei diversi ordini.

Mi dimenticavo: ieri alle ore nove ci fu la santa Messa per il personale di servizio. Ce n’era un bel numero, e assistettero con grande devozione. La maggior parte sono triestini. Tutta gente in gamba. L’equipaggio al completo è di 100 uomini, mentre i passeggeri sono 160.

In questo momento ci troviamo giusto nel bel mezzo del Mediterraneo all’altezza della Tunisia –Sardegna e battiamo rotta est- ovest. La giornata è bella con una leggera foschia, ma non si vede più niente all’orizzonte … succede alle volte così anche nella vita. Non vediamo più niente al di là della punta del nostro naso … ma il più delle volte dipende dall’opacità dei nostri occhi.


Da bordo 12/12/1967

Abbiamo avuto una notte assai tranquilla, Dopo una notte di tempesta ci attende una stupenda giornata di sole e siamo già in vista delle coste spagnole.

Ma torniamo un po’ indietro. Ieri alle ore undici e un quarto siamo invitati gentilmente per un ricevimento del capitano della nave, signor Ferrara Antonio. Ci accompagna il primo ufficiale signor Esposito Michele il quale c’introduce nell’ascensore per salire all’ultimo piano dentro l’ufficio del capitano. Ma … com’è come non è, a un certo punto viene a mancare la luce e noi rimaniamo prigioni dentro all’angusta cabina. Furono momenti tragicomici e noi facevamo le più strane supposizioni. Finalmente vennero i soccorsi, e noi sortimmo con una gaia risata.

Il capitano c’attendeva. Ci ricevette cordialmente e s’interessò di tutti i nostri problemi e delle nostre destinazioni. Eravamo io, padre Fortuna e due frati bolognesi diretti in India. Ci fu servito un aperitivo e, poi, ci siamo congedati.

Ma già il cielo si fa scuro, il mare s’imbroncia, l’appetito diminuisce, i marinai s’affrettano coi cordami a legare il legabile, ma ormai è tutto un trambusto indescrivibile, la cena è servita in cabina a base di panini e frutta. Sono le ore sei e trenta precise. Mi trovo in sala lettura con alcune persone e ci guardiamo in faccia senza proferire parola. È tutto un caracollare delle impalcature e arredi. Un vero carosello in grande. Le onde arrivano agli oblò delle sale, più di dieci metri d’altezza. La nave è sballottata come un guscio di noce e noi seguiamo il rullio passando più o meno bruscamente da un lato all’altro della sala. Avevo già fatto alcune esperienze scivolando in groppa alla mia poltrona, poi mi misi a fianco di un vecchietto (82 anni abitante in via. Pozzo a Verona) e ce la discorrevamo allegramente tenendoci fortemente per mano. Ma a un certo momento un’ondata più solenne e possente … ci catapultò letteralmente da un lato all’altro della sala e andammo a sbattere contro la parete (paratia). io con la spalla e il mio socio,, purtroppo, con la testa contro lo spigolo del battiscopa in basso.

Fu questione di un attimo! Reagii immediatamente prendendo il mio uomo per il braccio e serrandolo forte a me, ma fummo trascinati avanti e indietro per la sala come due pagliuzze e finalmente con la mano libera m’aggrappai disperatamente a una piccola colonna in mezzo alla sala. Intanto dai presenti fu dato l’allarme e accorsero immediatamente i camerieri della sala da pranzo accanto e , prese delle tovaglie dai tavoli, si formò come una lettiga improvvisata e via verso l’infermeria attraverso interminabili corridoi. Ivi trovammo un altro ferito di cui parlerò più tardi. Il signor Nori Giuseppe di Verona (poiché era lui il nostro uomo) aveva avuto la testa spaccata, ed io per caso infilai la mano della ferita e sentii quanto era profonda … Rimasi ad assisterlo, finché non mi venne il cambio nella qualità di sua moglie avvisata del maldestro: “Te lo dicevo di rimanere in cabina con me e non ti succedeva niente!” Così sbottò la donna, ma lui ormai non capiva più niente. Per parte mia me la cavai con una botta alla spalla. Avevamo forza nove, il massimo è forza dodici.

Al ritorno in cabina altra lacrimevole sorpresa. Le valige tutte a terra, gli arredi fracassati, ma quello che più mi spiacque (povero alpino!) fu al vedere il mio prezioso fiasco di vino a terra a bocca aperta … esangue! Passai la notte sognando pingui cantine traboccanti vino … difatti, in realtà nella cabina emanava un forte odore … come di vino non entrato in bocca.

P.S. A qualche giorno dal disastro è stato fatto l’inventario dei danni alla nave, circa tre milioni d lire. Ogni sera a bordo ha luogo un trattenimento: o cinema, o dancing, o tombola, o altri simili (esclusi i bambini). Neanche farlo apposta hier soir c’era proprio in programma una serata da ballo! Per ironia della sorte … hanno partecipato anche i bambini e come!Ma riprendiamo e proseguiamo la nostra giornata.

Stretto di messinaOrmai siamo poco lontani dallo stretto di Gibilterra e ci rincresce solo che sarà già notte quando passeremo di là. Nuvolo di gabbiani seguono la nave. Già da due giorni dei marinai stanno riassettando e verniciando la piscina della classe turistica, i bambini in massa chiedono continuamente quando sarà pronta, che acqua sarà e da dove entra. Ma tanto, sarà per i prossimi giorni, perché arrivano ancora folate gelide di vento e fa veramente freddo in coperta. Sulle vicine coste della Spagna vediamo di fatti “la Sierra Nevada” coperta di neve.

Ore 8 di sera – Abbiamo appena cenato e si sale in coperta nonostante il fresco che fa, perché è stato segnalato il passaggio dello stretto di Gibilterra. Difatti vediamo un alto nero promontorio a sinistra con poche luci attorno, mentre sulla destra brillano molte luci e il faro. Il punto più stretto misura 15 Km. Fatte le preghiere della sera sul ponte, ridiscendo in fretta nella sa di ritrovo dove ci attende un film: “The Skull” che, dopo la visione, abbiamo definito “stupido”.

Succede. Tante volte possiamo dire di riprometterci qualcosa di buono … e poi si rimane con la bocca amara. Quante delusioni nella vita!


13/12/67 - Santa Lucia

Penadant la nuit nous avons avue le changement d’horaire, 30 minutes en arrière. Nella notte abbiamo avuto il cambiamento d’orario – 30 minuti indietro. Siamo già nelle acque dell’Atlantico; la temperatura è mite, abbiamo una bella giornata e tutto promette bene. I marinai stanno levando dai ponti le corde che avevano teso per l’emergenza di ieri l’altra notte.

C’è stata annunciata la partecipazione per una gita in pullman che si effettuerà a Las Palmas al prossimo arrivo di domani.

Dopo l’infortunio del mio amico avuto durante la tremenda bufera delle notti scorse regolarmente mi reco all’infermeria a fargli visita, poiché in un locale a fianco ci sta pure un altro sinistrato del quale non ho potuto parlarne prima.

È lui un inglese, un grosso benestante, che unito a sua moglie si trova sulla nostra nave ed è diretto a Bombay per un viaggio turistico. Si è stabilito in una villa fatta fare da lui in Val di Ledro.(Trentino) e dove passa parte dell’anno. Un tipo meraviglioso, simpatico, burlone, conosce un sacco di lingue fra le quali anche l’italiano; ma io preferisco parlare con lui in francese così che mi posso tenere un po’ in allenamento. L’avevo intravisto fin dalla famosa sera della sciagura, là al pronto soccorso seduto su un sedia, il pigiama tutto chiazzato di sangue … e lui guardava tutti fra il serio e il comico, come per dire: sono importante sì o no? Uno di questi giorni lo andai a trovare e poi mi disse che voleva fare la fotografia con me per ricordo, che sua moglie ha una bella macchina a colori. D’accordo. Ma mi raccomando disse lui burlescamente: “non per farla vedere alla polizia”. Bisogna dire che aveva una capoccia molto larga e quasi senza capelli. Ebbe una ferita lacero contusa e occorsero ben sedici punti per chiuderla. Per attutire il dolore doveva permanentemente tenere sopra la testa una borsa di ghiaccio. Questa borsa era rossa e s’adagiava a mo’ di basco sopra la sua larga fronte sorniona, di modo che ne risultava una figura super-comica, se si aggiunge poi che regolarmente se la levava al sopraggiungere del dottore e di un visitatore. Mister Wilkinson è viaggia in I° Classe.


14/12/67 A Las Palmas.

Per oggi era prevista una giornata assai movimentata per cui ci alziamo di buon mattino a fare le nostre cose: pulizia, devozioni e prima colazione.

Fra parenesi devo dire che mi sono stirato perfino la cravatta donatami dal colonello Raciti di Roma. Non dovrei invece dire che uscii poi dalla fretta con le scarpe sporche e mi accorsi e che erano tali dalle insistenze con cui un certo individuo, in città, si premurava di seguirmi per lucidarmele a dovere!

Ma andiamo in ordine (se tale si può chiamare il mio zig-zag nello scrivere).

Neanche fossimo in treno! ore otto esatte di mattino arrivo in porto a Las Palmas. Già da un’ora prima si profilava sulla sinistra, ai primi bagliori del giorno, la bianca figura arcuata della città ma, man mano che ci si avanza, prende sempre più forma, finché s’entra proprio nel colossale bacino del porto.

Il “Victoria” attracca al molo “General Franco” dove una serie di navi sono già in precedenza ormeggiate dalla colossale petroliera turca, alla goletta, al piccolo peschereccio “Ciccoli” italiano e tante altre. Ci sono pure due bellissime guardia coste coi loro cannoncini e mitraglie a bordo.

Dunque eccoci a Las Palmas, una delle maggiori isole delle Canarie che comprendono pure: Salvagens, La Palma, Tenerife e Gran Canaria, [e altre].

Appena terminata l’operazione d’ancoraggio, tutti i passeggeri a volontà s’ha libera uscita. Io e il buon Padre Fortuna ce ne andiamo soli soli, tranquillamente a far una longe e belle promenade au tour le port, le lido (plage) e la grande ville (una lunga e bella passeggiata attorno al porto, il lido – spiaggia - e la grande città).

Dai resoconti dei nostri marinai, riandando a una ventina d’anni fa, in questa meravigliosa e opulenta città non v’erano che povere catapecchie ad usum bidonville e su, a dorso del monte, la gente viveva ancora e come da sempre dentro alle caverne naturali o in grotte scavate nella tenera pietra biancastra. Nel subito dopoguerra vi fu una straordinaria evoluzione, cominciando dalla costruzione del molo “Generale Franco” lungo parecchi chilometri che dà ricetto a decine di navi mercantili e passeggeri.

Stretto di messina

Questo molo colossale è attrezzato con moderni accorgimenti, una larga banchina, canaux, oleodotti che portano il carburante dalle petroliere ai grandi e molteplici pozzi e depositi sul retroterra, e viceversa per i rifornimenti delle navi. Tutt’attorno al porto poi, che col molo forma un ferro di cavallo chiuso dai grandi, direi colossali, magazzini e depositi per le merci. Non finirei certo tanto presto se volessi fare anche solamente una descrizione sommaria di quest’incantevole angolo della terra! Troppe meraviglie ho visto in queste prime tre ore di passeggiata mattutina e sottolineo proprio meraviglie, perché ormai il mondo l’ho girato un po’ e di cose belle n’ho viste assai, ma non mai come queste.

Esta es la plus gande meravilla! fino a hora.

Abbiamo gironzolato un bel po’ al di là dell’île (isola) a Sud dove c’è una splendida ed ampia spiaggia … ed oggi, 14 dicembre, stavano facendo il bagno. Attorno sei grandi hotels con delle scritte le più svariate , ma in prevalenza dei paesi nordici: Finland, Norvegen, Danimark, ecc. … Spiaggia permanente quindi, e buona non solo per le nostre divette o gente simile … che hanno bisogno di riposarsi dalle grandi fatiche delle vacanze precedenti; ma anche e soprattutto per i grandi magnati, i pescicani di grosso tonnellaggio.

Andiamo in cerca di francobolli per affrancare le molte lettere e cartoline scritte agli amici, parenti e benefattori. Li troviamo dopo lungo cercare, poiché, né dentro ai “correos – poste”, ni dans le “tabacs – tabaccai” ce n’erano, ma solo nei negozi de “valori boladi”.

A monte della città si trova la casa che ospitò Cristoforo Colombo, trasformata in museo. Si conserva un suo crocifisso, dei manoscritti e, in formato ridotto, le tre famose caravelle con le quali, e sappiamo in quali condizioni, affrontò con fede e tenacia la grande avventura della scoperta del nuovo mondo. La casa è chiamata “Isabel” in omaggio della regina che non solo incoraggiò ma che in gran parte finanziò anche l’impresa. Con Colombo si aprirono nuove vie e ora a questo punto d’appoggio, a questo meraviglioso porto di Las Palmas passano tutti i legni diretti alle Americhe, all’Africa occidentale e così dell’Australia e le Indie dato la chiusura inconcepibile del canale si Suez.

Dato che è un porto libero, a Las Palmas i prezzi sono imbattibili e i turisti ne approfittano con mucho gusto per fare i loro acquisti. Sulla via del ritorno visitiamo il mercato, un vero emporio ove sono in bella mostra tutti gli articoli possibili ed immaginabili; entriamo a visitare alcuni negozi.

Quindi andiamo in visita di una bella e grande chiesa. Che sia cattolica, chiediamo. Sulla porta si legge “Nuestra Señora del Pino. Entriamo per una visita al Santissimo Sacramento e vediamo la lampada all’altare maggiore.

Ormai è tardi e c’incamminiamo frettolosi in direzione della nostra nave dove c’attende il pranzo a bordo. Sono le ore 12 precise, dopo poco fa rientro pure il pullman di ritorno dal suo tour coi passeggeri.

Dopo pranzo vado a fare un po’ di siesta perché eravamo stanchi della gran camminata, ma quale non fu la mia sorpresa al risveglio: erano già le cinque e la nave sarebbe ripartita alle ore otto. Non trovando il Padre, volli uscire di nuovo da solo. Presi, dentro una custodia di nylon, la mia famigerata damigianetta di qualche litro (vuota s’intende) e m’avviai in fretta verso la periferia. Trovai presto l’indirizzo dell’acienda de vino che mi ero procurato ancora al mattino e in un baleno si fece il pieno (previo assaggio diverse qualità si capisce), Il costo modestissimo: 150 Lire al litro – così mi liberai della mitraglia (leggi moneta spicciola) che tenevo ancora nel borsellino. – Una nota: la valuta italiana è ricercatissima. - Facendo il giro ancora più breve, me ne ritornai felice e contento verso il molo.

Ma una nuova sorpresa mi attende. Nel giro di due ore, da quando lasciai la nave fiancheggiata da molte altre, al ritorno … vedo un gran vuoto … sono sparite, partite, non ci sono più! Una grand’ansia mi salì al cuore e mi venne quasi male.
Come farò ora se la nave è partita?

E via, avanti più in fretta (maledicevo quasi la fiasca e il vino) ma nello stesso tempo la tenevo stretta in mano e nell’altra mano stringevo più forte il rosario che stavo recitando per portarmi avanti nelle preghiere. I miei occhi s’annebbiarono, un po’ per l’affanno, un po’ per il sudore che m’imperava la fronte in tana contingenza. E correvo, immerso nei miei pensieri (poco rosei per la verità). Che mi distolse dal mio vaneggiamento fu l’incontro d’uno dei nostri due buoni frati che tranquillamente se la passeggiava su molo recitando il santo rosario. Appena lo riconobbi mi si allargò il core alla speranza e dissi fra me: intanto siamo in due, ci faremo coraggio assieme. Avanti, avanti, il molo non finiva più, finalmente in lontananza vidi anche la sagoma amica del nostro legno il “Victoria”, il tricolore sventolava alla brezza in un roseo tramonto. M’aveva aspettato.

Salii in fretta la scaletta gettata a fianco della murata e ringraziai il buon Dio d’avermi tolto da un tremendo incubo. Andai difilato a depositare il mio piccolo tesoro e … questa volta penso d’averlo messo al sicuro!

Son le ore 20. È già stata dato il segnale di partenza e quasi tutti i passeggeri si trovano sopra coperta in attesa ansiosa. Il panorama che si gode è d’una incomparabile bellezza. Tutta la città, nella sua gran cerchia arcuata, è illuminata di mille e mille lampes multicolori. Pure le navi sono un trionfo di luce ed un vociare di saluto dei partenti.

Vediamo avanzare all’improvviso nell’oscurità dell’imboccatura del porto un colosso che ben presto si rivela per una ennesima passeggeri, è quasi come la Cristoforo Colombo. I rimorchiatori sono impegnati con essa, sistemata la quale con grande rapidità, aggirano la “Castel Felice”, altra nave di 20.000 tonnellate d’un armatore privato genovese, la quale nave trasporta una moltitudine d’emigranti diretta in Australia. Messa in rotta la “Castel Felice” che si trova sul nostro fianco, viene la volta della “Victoria” ed è bello ed interessante veder dai ponti tutto l’armeggio della manovra di partenza.

Dispiace quasi lasciare un posto d’incanto come Las Palmas. Ma al mondo è e dev’essere così. “Abituarsi con piena libertà di spirito e volentieri a staccarsi da tutto (siano pur grandi le gioie della terra, ma riservano sempre un fondo d’amaro), non fosse per altro che la semplice separazione. Staccarsi dunque …dalla terra è saggio, è buono, è divino per arrivare poi finalmente ai lidi eterni, al porto finale dell’Eterna beatitudine e dell’Eterno gaudio che non conosce limiti, né tempo, né fine.”.

Sono le ore 21.00 Addio Las Palmas, terre des rêves (terra di sogno)! Il mare è tranquillo. La luna s’alza alta nel cielo irradiando coi suoi pallidi raggi la maretta, quasi una continuazione delle luci fatue e artefatte del porto che abbiamo appena appena lasciato.


Da bordo, 15/12/67

Levata del sole. 7.45 – tramonto 18.45. Dopo il sonno ristoratore d’una notte tranquilla, c’è un presto risveglio al mattino, perché altre meraviglie d’altro genere ci attendono. Sono appena salito sul ponte, ore sei, e uno spettacolo mi si presenta agli occhi: la luna giallo rossa, sta calando in mare! Lascia dietro di sé dei riflessi … lunari.

Alle ore 7.45 esco dalla cappellina (che, come dissi altrove, è la saletta dei bambini) e immantinente un’altra esplosione di fuoco e di colori. Dal cielo terso, lontano o meglio vicinissimo, vediamo il sorgere del sole, l’astro del giorno. Un marinaio (un napoletano si capisce) appena lo vede esplode anch’egli nell’inno sacro “O sole mio”. L’horizon est tres beau, terse et limpide; il n’y a pas de nuages, pas du tout. (L’orizzonte è molto bello, terso, limpido; non ci sono nubi, nessuna proprio).

Alle ore 15 p. m., come da programma, cinema pei bambini. Credo modestamente opportuno parteciparvi, perché probabilmente mi divertirò più che non andando a quello dei cosiddetti grandi. Per essere più sicuro, mi metto d’accordo col mio piccolo amico Srini e lui mi verrà a chiamare nel caso che non mi svegliassi all’ora giusta dopo la siesta.

Difatti fu molto di parola e vene a tirarmi per i piedi, per dire com’era profondo il mio sonno - Je suis un amie de frère Kosta (Sono un amico di fratello Kosta). Abbiamo visto molti cartoni animati di Walt Disney, bellissimi, ed i bambini (una trentina, c’erano anche piccoli dalla I° Classe) a intermittenze battevano le mani. Io per parte mia li imitavo essendo il più piccolo di tutti. (P.S. – Ho avuto l’impressione d’aver riso forse più di tutti e più rumorosamente … ma non sarà più così).

Sono le ore 18,45 esatte. L’altoparlante annuncia l’incrocio con la “Asia”, una nave sorella che ritorna dalle Indie. Finché attendiamo il momento solenne, ci possiamo godere un primo vero grandioso tramonto sul mare. È una fantasmagoria di colori che cambia e tutto è rapido, istantaneo, improvviso …come altresì l’appressarsi della nave amica! Fu questione di un minuto primo; il suo passaggio come una visione, un’apparizione, un baleno! Grande era la commozione in tutti, perché tutti eravamo presenti sui ponti, ammassati ai parapetti, passeggeri ed equipaggio, grandi e piccoli, quest’ultimi in braccio ai primi.

Anch’io ne tenevo uno fra le braccia che, vispo com’era, mi sentivo come aver fra le mani un’anguilla che ti sfugge ad ogni momento, e godevo con lui gridando a squarciagola e nello stesso tempo tremavo pensando: “E se mi sfugge, e se mi sguizza di tra le braccia e va a finire in mare! Povero me, che terrore!”

Ma come ripeto non fu che un minuto primo d’orologio e poi la nave che ci passò a un tiro di schioppo (100 metri circa) si perse nell’oscurità (dal tramonto la notte e repentina) e nello stesso istante (erano le 19) suonò il carillon per la cena – Bon appetit!- L’Asia, ripeto, è una delle sei sorelle, le navi da passeggeri del Lloyd Triestino così chiamate: Victoria, Asia, Africa, Europa, Galileo e Marconi.


Da Bordo, 16 - 12- 67 - Inizio della novena del santo Natale

Forse una giornata come ieri non la troveremo mai più, ma nonostante che il cielo oggi sia a pecorelle, rimane sempre una buona giornata e di già sentiamo la vicinanza dell’Equatore. Nell’atmosfera c’è un bel caldino e anche gli ultimi ritardatari ormai si sono levati le maglie e magliette per dar posto alle camicie leggere e canottiere o altri simili costumi. I sombrero e i caschi fanno la loro prima apparizione, ma egualmente si vedono delle schiene e delle facce rosolate, abbrustolite, spelacchiate. Sono i soliti imprudenti, non troppo pratici dell’acclimatazione. Quelli che più si divertono restano sempre i bambini con questo bel sole … e soprattutto nessun impegno, nessun’altra occupazione di quella di divertirsi, sopra … e anche sotto coperta, nel gioco di nascondersi e allora c’è il caso che sconfinino fin su in I° Classe.

Per la piscina rimane il problema, poiché a Las Palmas fu riempita d’acqua dolce in deposito per le cucine e finché non sarà svuotata, niente nuoto. In coperta però, almeno per i grandi ci sono altri divertimenti, il giuoco dei piattelli, degli anelli di corda, ping – pong e calcetti, ma praticamente la maggior parte dedica il suo tempo libero alla lettura e per questo, oltre ai libri privati, c’è a disposizione una ben guarnita biblioteca.

Dakar

È stato annunciato fin da questa mattina il passaggio a capo Verde, verso le ore 17.30 e siamo esatti. Ora vediamo questa punta che si sporge sul mare, con la sua bianca città di Dakar, coi suoi grattacieli - Dakar capitale de Senegal. Il promontorio roccioso domina, come un gigante di vedetta perenne; alla sommità troneggia un gran faro. L’amico indiano Srini è tanto gentile che m’impresta il suo binocolo e con esso si ha modo d’osservare meglio e vedere distintamente i palazzi, le torri e una grande chiesa che probabilmente sarà la cattedrale cattolica. Concludo la settimana con la santa confessione.


Da bordo 17/12/67 III domenica d’Avvento

A bordo la nota differenziazione tra i giorni feriali e la domenica è data, almeno per noi cattolici, dalla santa Messa. Pure i protestanti hanno il loro bravo “Service”. Alle ore 9.30 dunque Santa Messa per i passeggeri. Fu una celebrazione dei 5 padri di lingua tedesca. Nel centro, avanti a tutti, nella sua splendida bianca divisa, abbiamo il capitano, ai lati dell’altare due marinai nella loro fiammeggiante uniforme. Dietro i fedeli accomodati in poltrone di lusso (pochi in verità). Finita la messa il capitano si intrattenne in amichevole cordialissima conversazione con tutti i sacerdoti, fratelli e suore che eravamo rimasti nella sala. Fu servito un rinfresco per tutti.

Uscii dalla sala con padre Fortuna e d’accordo approfittammo dell’occasione d’essere il I° classe per visitare un po’ quell’ambiente di lusso. La prua che fu veramente per noi una scoperta. Tutto diviene interessante sopra una nave, dai verricelli ai grossi argani per le gru, i paranchi, le ancore, le scialuppe allineate sui fianchi delle murate.

A proposito di scialuppe di salvataggio ho una nota importante da dire e m’era sfuggita.

Il giorno 11, data della tragica tempesta, avremmo dovuto fare le esercitazioni o manovre prescritte dal regolamento marittimo, che preparano maestranze e passeggeri in caso di emergenza e sinistri. Ma guarda, ironia della sorte, quel giorno il mare era un po’ mosso (e le manovre furono tramandate ad altra data); poveri noi se avessimo avuto bisogno d’emergenza, presi così alla sprovvista e impreparati. Le manovre dunque furono eseguite il giorno 13 alle ore 3.30p. m. Il segnale d’inizio fu dato dal suono prolungato delle sirene. In breve. L’esercizio consisté nella disciplina e sveltezza d’indossare i salvagente e portarsi nei punti di riunione per, poi, trasportarsi in gruppi alle relative … scialuppe di salvataggio … per essere gettati n mare.

Dopo questa digressione (mi perdonino i miei pochi lettori pazienti) continuiamo in ordine cronologico gli avvenimenti. Sono piccole, lo so, ma come dissi già più sopra, su una nave tutto è notizia, tutto può formare un avvenimento.

Stavo quindi, stamane, concludendo la mia brava meditazione in coperta a poppa, quando vidi volteggiare sopra la mia testa, così mattinieri, uno stormo di gabbiani grigi. Scesi in cabina a prendere quei due famosi panetti (che m’errano avanzati causa il pranzo luculliano di Venezia) e, duri com’erano, li getta dal ponte lontano più che potevo, affinché non venissero attratti dal risucchio delle eliche … ma non fecero in tempo nemmeno a toccar … terra! che già i gabbiani li videro in volo, si scagliarono sopra feroci come avvoltoi sulla preda, in uno stridore di gridi gutturali e grifagni da non si dire. Li seguii a lungo con l’occhio, che galleggiavano sulle onde, poi sparirono al mio sguardo.

Verso mezzogiorno ci troviamo esattamente alla lat. 09’, 17’’ Nord e long. 16’, 42 W. Finalmente l’acqua dolce della piscina è finita e i marinai, in un baleno, la riempiono di acqua di mare aperto per fare i bagni. Immediatamente un gruppo di giovani è pronto per tuffarsi. I bambini si serrano sul parapetto impazienti pure loro, ma non è loro permesso coi grandi, ma da soli dalle 2 alle 4. L’acqua sarà abbassata al livello d’un metro. Fu ripresa pure l’altra attività sportiva. Tiro al piccione. Sul parapetto del ponte di poppa viene issato un lancia dischi e i patiti dell’arte venatoria sono ivi pronti per una competition al tiro al piattello. Bravo veramente un giovine, un keniotto, che sembra un vero cow - boy da quanto tira bene, non un colpo a vuoto. Bello vedere ancora quel vecchio cacciatore che, ostinato, ripete il tiro fino a otto colpi a vuoto, ma poi … (e pareva che dicesse con l’espressione del volto più che con le parole): “possibile che, vecchio cacciatore come son io, non riesca a frantumare un disco!” … poi con la sua tenacia degna di premio sminuzzò tutti i successivi dischi e saranno stati una dozzina.


Da bordo 18-12-1967

Nell’iniziare queste note m’ero detto: troverò poi la materia sufficiente per riempire queste righe, e soprattutto la giornata? Ma vedo fin d’ora che le mie apprensioni erano vane. Difatti mi sono subito fatto un orario approssimativo e cerco così di seguirlo fedelmente:

Ore 6.00 = Levata – S. Messa – Meditazione

ore 8.00 = I° Colazione – Sport - lettura e diario

ore 12.00 = II° Colazione (o pranzo) – Siesta –

ore 15.00 = II° parte ufficio e Vespri – ripresa del manoscritto

ore 16.00 = Tè – Rosario – Letture o francese

ore 19.00 = Dinner (cena)- II rosario – ricreazione

ore 21.00 = Trattenimento (cinema o altro) Segue preghiere "in-di a let-to". In questo modo le giornate mi volano via una dopo l’altra come un baleno.

Devo dire che fra tanti comfort che abbiamo su questa nave, si ha pure l’aria condizionata in tutti gli ambienti, così uno che ha caldo in coperta, si reca in cabina e trova un bel fresco, e viceversa. Pure sui mobili e su tutta l’attrezzatura non ho notato un minimo di polvere. È chiaro! con tanta acqua attorno. Mi viene da pensare solo una cosa; di qui a un mese le cose saranno ben diverse, non certo tutte queste comodità e, soprattutto, sarà finito questo buon tempo. Ma, e nonostante tutto sia diverso, non vedo l’ora d’arrivare nel campo del mio lavoro che m’attende.

A sentire i discorsi di certi passeggeri e soprattutto di molti marinai, la nostra dev’essere una vita piena di sacrificio, eroica addirittura, dicono loro … per conto mio il problema viene risolto molto semplicemente: non faccio altro che il mio dovere; e poi, che cosa do io in più di quanto non abbia ricevuto? - È ben poca cosa, anche la vita intera, spesa in lode e ringraziamento di tanti doni ricevuti dal buon Dio! Deo grazias!-

Ieri passando, dopo la s. Messa, davanti alla cabina di I° Classe, vedo il mio uomo. Wilkinson, ritornato dall’infermeria; tutto allegro e contento, mi mostra , con la sua caratteristica mimica, il gran cerotto che ha ancora sulla capoccia. Quello ne avrà da raccontare agli amici per un bel pezzo. Anche l’altro infortunato, Nori, si è rimesso bene dallo shock e gira accompagnato sempre dalla moglie sulle passeggiate del ponte. Un grazie, proprio di cuore, ora da queste povere pagine, alla buona e carissima mamma Gandini G. per essersi premurata tanto regalandomi le belle camiciole che faccio il … bullo ora che fa caldo da non si dire, (mi sia perdonata la battuta eh) e poi per il magnifico Atlante rilegato con cura e che si è rivelato … preziosissimo. Difatti, oltre alle mappe appese a bordo, non ne ho visti altri in giro, ed è così che va a ruba e tutti me lo chiedono per vedere a che punto siamo arrivati con la navigazione. Un giorno l’avevo lasciato (l’Atlante) su una panchina e dopo qualche ora ripasso per prenderlo, ma quale non fu la mia sorpresa, era sparito! Ogni ricerca fu inutile. Lo trovai invece il giorno dopo nella sala dei bambini. Era ancora intiero.

Ed ora ritorniamo un po’ indietro. Ieri, come al solito la domenica alle ore 21.00, andiamo nella sala dell’equipaggio per la S. Messa, dopo la quale c’intrattenemmo coi marinai fino alle ore 23.00 a cantare tutte le nostalgiche canzoni nuove e vecchie, accompagnati dalla fisarmonica che un buon frate suonava con tanta maestria ed arte.

Cari, questi marinai, gente rude ed adusa, oltre le fatiche che comporta il mestiere, alle continue lunghe lontananze dalla famiglia, da ogni cosa che si avvicini al nome d’affetto familiare. Ce ne sono due giovanissimi, uno di 18 e l’altro di 16 anni appena. L’uno mi confidava la sua forte nostalgia per la mamma … e per un’altra persona che ama teneramente, la sua fidanzata. Caro giovane, che il buon Dio ti mantenga i tuoi buoni sentimenti e ti conservi puro il cuore, come lo dimostri ora. Ma il tempo vola e ci dobbiamo accomiatare ripromettendoci un’altra serata verso Natale che ormai è vicino.

Sono le ore 23.00 e il Capitano in persona ci aveva invitati a un tea party nella sala trattenimenti, ove si svolgeva un ballo in maschera con relativo premio alla migliore. Ci aspettava pure una pizza napoletana con birra. Squisita la pizza, belle le maschere, ben riusciti pure alcuni numeri di balletti e mimica presentati. La migliore maschera era un indiano vestito da vero indiano, cioè nella pompa magna di un gran maraja, grande barba fluente, veste bianca con cintura rossa e larga, una bandoliera a traverson e un gran turbante in testa, babbucce ai piedi e degli ornamenti sulla candida veste. Vederlo così’, nel chiaroscuro della sala, con quei due grandi occhi bianchi in mezzo a tanto nero della faccia, a me, dico, sembrava la personificazione di “Caron demonio con gli occhi di brace”. Una serata veramente suggestiva.

E nous sommes déja a minuit! (E siamo già a mezzanotte!) Mi ritiro garbatamente, mentre col pensiero corro a tempi lontani, quando, in qualche occasione, ci attardavamo alla sera, e la voce della mamma ci ammoniva come in un sussurro: “Andate a dormire, che domani viene giorno presto.” Sono questi i grani si sapienza spicciola dei nostri vecchi – Bon nuit!


Da bordo 19 – 12- 1967.

Oggi si festeggia la giornata del passaggio dell’Equatore. L’abbiamo passato alle ore 0.2 di questa notte. Nessuna dogana! Nessuna scossa particolare alla nave, ma il pedaggio verrà pagato egualmente alle ore 10.00 quando avranno luogo i festeggiamenti che riferirò più sotto (post avvenimento).

Questa mattina approfitto di un po’ di tempo libero per fare il bucato. Toh, neanche a farlo apposta a fianco della mia cabina c’è la piccola lavanderia e attrezzatura per stirare! Che comodità. E poi queste camiciole, di terital o nylon che sia, è un vero piacere e si fa in un attimo. Per la possibilità tutti si segue una specie di turno … ma praticamente il primo che arriva è il primo servito. Forse è così un po’ dappertutto! È una legge universale, quindi vale anche all’Equatore.

Ma ecco che hanno già dato il segnale per la sfilata. La cerimonia è così concepita.

Equatore

Ore 10.00 Papà Nettuno salirà a bordo per la funzione del battesimo di tutti coloro (volontari si capisce) che passano la linea dell’Equatore per la prima volta. Segue la sfilata di Nettuno e della sua Corte composta da uno stuolo di paggetti, damigelle, due tritoni, il giudice e, legati a un‘unica corda … i neofiti; tutti si dirigono dal posto d’imbarco alla piscina. – Discorso di Nettuno e battesimo dei neofiti, i quali vengono sottoposti a una prova … quindi presi dai due tritoni e vengono scaraventati in acqua! Il tutto è eseguito con dei costumi di carta i quali danno il colore e sapore folcloristico a tutta la scena, accompagnata dallo strepito incessante dei bambini che suonano diversi aggeggi come. trombette, fischietti, nacchere, ecc.

Ore 11.00 – Tutto è finito. I commedianti si ritirano. Resta il pubblico che entusiasta commenta a larghe risate l’avvenuta esilarantissima scena. Come sempre i bambini (che si trovano ovunque), visto il palcoscenico vuoto, si affrettano a scaraventarsi sui relitti rimasti sul campo di battaglia e raccolgono a piene mani: biscotti, banderuole, corone di fiori (di carta eh!), coriandoli o altri simili insetti – Nelle loro menti tenere rimarrà il ricordo di questa allegra e piacevole festa fino a tanto che vivranno. I neofiti ricevettero in seguito una pergamena dichiarante l’avvenuto battesimo di mare (Certificate).


Da bordo, 20-12-67

Le mie previsioni si stanno rivelando esatte. Difatti non abbiamo più avuto, finora almeno, delle giornate piene di sole. Non c’è che da ringraziare egualmente la Provvidenza che ci accompagna, in tanta improvvisa calura, con l’ombra ristoratrice delle nuvole. Intanto si apprende dalla radio di bordo che in Italia avvengono un po’ dovunque delle grandi nevicate in preparazione alle feste del Santo Natale.

Una nota interessantissima (prima che mi sfugga). Ieri sera incrociammo alcuni gruppi di delfini. Sembrano dei maialetti grassottelli e si notano facilmente perché fuoriescono abbondantemente dall’acqua. Dopo cena poi, dal ponte di poppa, assistemmo ad uno spettacolo eccezionale (in esclusiva direi per noi) per la classe turistica, poiché avviene a poppa. Nella scia bianca prodotta dalla nave, per un chilometro, potemmo osservare una pleiade di pesci fosforescenti di piccolo calibro che seguiva accanitamente la nave. Tutti i passeggeri s’erano riversati sui parapetti e non si riusciva a staccarsi tanto lo spettacolo era bello e attraente. Poi man mano la quantità diminuì, fino a scomparire del tutto nella notte.

Ore 17.00 - Su nostra dimanda, oggi ci è permesso di visitare il ponte di comando.

Siamo guidati dal II° Ufficiale che senz’altro ci dà una spiegazione pressoché generale de comando della nave e dei suoi strumenti principali installati con buon ordine nella cabina o ponte di comando. L’Ufficiale, un marchigiano di Fabriano, intelligente tutto premura, ci spiega per prima cosa sia il pilota automatico, che sostituisce in date circostanze il timone a mano. Ogni nave, per esempio, ha la sua rotta e non dovrebbe uscire da tale linea che con un massimo di 5 chilometri. Noi seguiamo la rotta 142. Teoricamente non si dovrebbe sbattere contro nessuna nave. Altro interessantissimo apparecchio: il radar. Ce n’erano due. E fummo fortunati poiché, appena messo in azione segnalo 5 legni a una distanza variante dalle 15 alle venti miglia.

Tutti potemmo metterci (come si suol dire) il naso e constatare de visu questa meraviglia della scienza. Ma non meno sorprendente sono i sistemi o dispositivi per segnalare eventuali incendi a bordo. Nel primo si vede un grafico divido in tanti settori ognuno dei quali ha una spia rossa. In caso d’incendio, in uno di questi settori, automaticamente la spia rossa s’accende. Il secondo è un po’ differente ed è fatto soprattutto per i locali come la stiva, lavanderia, depositi, ecc… luoghi nei quali non vi è controllo e sorveglianza giornaliera. Dunque da questi posti parte un piccolo tubo e viene a finire nel ponte di comando ove si trova un armadietto col davanti di vetro. Uno può vedere nell’armadietto queste molte cannucce. In caso di incendio in uno o l’altro dei sopradetti luoghi, dal relativo tubetto fuoriesce del fumo; e per maggior sicurezza dall’armadietto parte un altro tubetto unico che va a finire sotto il naso del timoniere …la qual persona è sempre presente sul ponte di comando di modo che sarà il primo … a fumare e a dare l’allarme.

Non finirei più a descrivere tutti gli altri apparecchi e orologi e segnalazioni e manometri che sono installati, mi limito per ultimo a notare, a fianco del timone una grossa bussola. “Sembra un arnese inutile, - ci dice un omaccione che funge da timoniere - in mezzo a tante scoperte e strumenti moderni, ma state sicuri, che è ancora quello che si rivela il migliore e il suo funzionamento non viene mai meno.” Non voglio omettere neppure un altro semplicissimo strumento fatto a base di leve, il quale dà tutti i comandi alle sale macchine. Ci siamo accomiatati scattando una foto ricordo e ringraziando di cuore.


Da bordo,  21/12/67

La navigazione prosegue regolare e tranquilla. Abbiamo un mare calmo meraviglioso. Il cielo è stupendo, solo qua e là qualche nuvoletta argentata. Questa mattina presto abbiamo potuto vedere alcuni stormi, (se così si possono chiamare) di pesci rondini. Fanno veramente dei piccoli voli di qualche metro elevandosi dal pelo dell’acqua.

Ieri sera ci fu un piccolo cambiamento d’orario, spostando di mezz’ora la cena perché ebbe luogo il famoso Pranzo Equatoriale che fu servito con gran pompa e con abbondanti portate, dieci per l’esattezza, più lo spumante col dolce. Per la verità devo sottolineare, come dovere di coscienza, che mi trovavo letteralmente sulle spine … e col pensiero (poiché si sa è molto più veloce di qualsiasi nave … e anche d’aereo) mi trovavo di già a Rungu nella lontana e sperduta mia missione, là nel cuore della foresta, … e furtivamente penetrai con l’occhio dans la pétite cuisine et je n’ai pas vu beaucoup de choses, il n’y a pas encore de parfum, pas encore bouteilles de bon vin. Mon ami à coté de moi me regarde et il me dit. Devinant mes pensées: “courage à Rongu les choses seront miex”. (… nella piccola cucina e non ho molte cose, non c’era ancora profumo, non c’erano ancora bottiglie di buon vino. Il mio amico accanto a me mi guarda e mi dice, indovinando i miei pensieri: "Coraggio, che a Rungu le cose saranno migliori".)

Intanto la nave fila coi suoi bravi 18 miglia orari e lasciamo l’altezza dell’immenso golfo di Guinea.

Ore 15.00 Cinema per i bambini. Come al solito i piccoli spettatori puntualissimi ed entusiastici. Mi trovo di fianco inavvertitamente Srini, l’indiano che mi segue ovunque io vada. S’è affezionato in un modo eccezionale.


Da bordo, 22-12-67

Dal giornale radio di bordo apprendiamo oggi dell’avvenuta morte del signor Wattskansky, l’uomo cui fu trapiantato il cuore. Come in tanti altri casi si può dire: “L’operazione è riuscita bene, ma … il paziente è morto.” Dopo l’operazione è vissuto 18 giorni.

Questa sera il mare è un po’ mosso e, verso l’una, è addirittura agitato. Si notano parecchi tavoli vuoti. Gente che soffre il mal di mare, come due delle tre suore che sono con noi, preferiscono coricarsi nelle loro cuccette e tenere per sé il loro disturbo. Per fortuna questa volta il movimento è inverso (beccheggio!). noi che siamo a poppa la vediamo elevarsi nelle nubi di 10 metri e più.

A proposito di ballo … obbligato: nella notte dall’11 al 12 abbiamo raggiunto la bellezza di 27° d’inclinazione della nave!. Se si pensa che il massimo raggiungibile e di 33°, vi so dir io com’eravamo conciati. A onor del vero, grazie a Dio, per parte mia non soffersi alcun mal di mare e pure il morale è alto.

Ma ormai siamo vicini al prossimo approdo a “Capetown” e nello stesso tempo a Natale.

Il Capitano, comandante della motonave ha organizzato tutto affinché le festività vengano celebrate nel miglior modo possibile. All’uopo ci raduniamo in diversi gruppi etnici, per preparare i relativi canti. Nella grande sala adunanze è già stata allestito un luminoso albero di Natale coi soliti palloncini, ecc… Sono già aperte le iscrizioni per l’escursione che si farà a Capetown, che sarà senz’altro interessantissima, per cui c’iscriviamo anche noi, me e Padre Fortuna.


Da bordo, 23-12-67

Si può essere sportivi a 82 anni? Eccome! L’ha dimostrato stamane il signor Nori, l’uomo dalla testa spaccata, competendo con me in un’amichevole partita di lancio dei cerchietti di corda. Abbiamo quasi pareggiato andando a 20 a 19. Ma lo slancio è ancora flessibile e giovanile per la parte fisica, senza parlarne dello spirito ch’è di una freschezza incantevole e genuina. Del resto è una cosa risaputa ormai: che la vecchiaia (in cose di spirito) è una colpa! “mens sana in corpore sano.

Corre voce a bordo che una nave stia affondando. Si trova a un’ora da noi. Sono già arrivati i primi soccorsi. I passeggeri tutti salvi. Noi ci precipitiamo a coperta con più o meno spaventati per verificare il sinistro, ma nell’oscurità della notte incombente non si scorge nulla. Speriamo in bene.


Da bordo, 24-12-67 - vigilia di Natale

Modestamente anche a bordo si respira aria di festa. Si vedono un po’ dappertutto i vestiti più belli, addobbi nelle diverse sale comuni, non parliamo poi nelle sale da pranzo, tavole stracariche di ogni leccornia. (Ma è qui l’essenza del Natale?)

Mentre stavo scrivendo alcuni aereo-grammi stamane, mi veniva dalle sale vicine l’eco dei più bei canti natalizi. Erano le prove per l’esecuzione dei canti di questa notte. A mezzanotte avremo la s. Messa che verrà celebrata sul fronte della nave. Anch’io indosserò la mia brava veste bianca.

Oggi si celebra pure la festa dei Bambini; appena l’ho saputo sono corso anch’io su nel salone grande di I° classe ove si svolgeva la cerimonia, poiché il regno di Dio appartiene a quelli come loro, così come quando amichevolmente mi chino su di loro, mi ritrovo in essi lo sguardi di Dio. La sala era preparata bene e i piccoli furono accomodati coi loro ornamenti in ordine attorno a dei tavoli da un lato. Erano serviti dai camerieri in alta gala. Noi … chi? I genitori, i grandi, i simpatizzanti dall’altro lato del salone ci si beava in mezzo a tanto incanto, a guardarli mentre allegramente si succiavano i pasticcini (gateaux) o le bibite che venivano loro offerte. La scena veramente è movimentata, (e chi si può immaginare una trentina di personaggi del genere, fermi, attenti e taciturni?) Dunque, finché una sottile musica vibrava nell’aria, loro la completavano coi fischietti e col loro cicaleccio. Finalmente entra …Babbo Natale …e è un battimani da non finire, poi lo seguono fino a un bellissimo albero di Natale, dove c’è una catasta di doni. Segue la distribuzione dei regali, nuovo rumoroso tramestio per vedere e far vedere i doni a tutti. Il mio piccolo Srini ricevette un bellissimo meccano in plastica e venne subito a farmelo vedere felice e contento.

N.B. - Bisogna dire che il più delle volte gli avvenimenti d’oggi vengono scritti domani e la ragione è ovvia: la sera non è fatta per scrivere Dunque abbiamo avuto la S. Messa di mezzanotte, ma per noi missionari fu assai triste constatare una cosa. E la dirò subito.

1) – Noi, in nome della chiesa, andiamo nel cuore dell’Africa a convertire, o meglio e più esatto, a portare l’annuncio evangelico, la lieta novella a quelle genti.

2) – Sulla nostra nave alla messa di mezzanotte, pochissime comunioni, oltre a quelle di noi religiosi e religiose; qualche canto e è tutto. Erano presenti invece mussulmani e Indù più religiosi di noi. Viene a cappello il verso:” E i gentili accoglieranno meglio la parola di Dio” oppure “Et in domo sua non receperunt” (per l’obbiettività).


Natale – Capetown, 25-12-67.

L’arrivo ci coglie tutti nel sonno. Sono le ore 6.00. Il fragoroso rumore delle ancore gettate in mare ci sveglia dal nostro sonno profondo. Più presto del solito ci si alza in fretta e si sale sopra coperta per vedere in questo splendido mattino il meraviglioso scenario del porto e della città addormentata. Vediamo d’essere ancorati alla fonda fuori dal porto in attesa del segnale d’entrata; nel frattempo approfittiamo per celebrare le s. messe di Natale.

Abbiamo appena finito, che subito viene dato il segnale sospirato e, attraverso un passaggio obbligato, s’arriva in porto e avviene l’attracco. C’è il tempo per la prima colazione … e poi, finalmente, dopo tanti giorni, si mette piede a terra.

È una nuova esperienza che si fa. Tutto sembra ancora insicuro, tremolante e, se non si sta attenti, si va a sbattere sull’asfalto della strada. Si dirà, perché? E si risponde, per il semplice motivo che si è abituati ormai talmente al movimento ondulatorio della nave che sembra proprio di essere ancora sulla nave e i passi sono barcollanti.

Città del Capo

A terra ci sono pronti i taxi per l’escursione. Davanti a noi abbiamo l’imponente sperone (monte Diavolo) e la “Table Mountains”, immenso altopiano. La punta estrema dell’Africa Sud è formata da una leggiadra penisola resa tale soprattutto dell’opera dei colonizzatori inglesi e olandesi. La nostra gita di tre ore e mezza consiste nel girare tutt’attorno questa bellissima zona, aggirando le sopradette montagne e in più la catena dei 12 apostoli, nome dato a 12 guglie di roccia che si trovano a catena avvicinata sul nostro percorso che a dir solo meraviglioso è dir assai poco. A un certo punto, sopra un bel poggio sporgente della strada, ci fermiamo per scattare alcune foto e contemplare il panorama sottostante che ci si presenta ai nostri occhi incantati.

Altre macchine sono in sosta, un signore esce dalla sua vettura con un platò (cassettina) di … fragrantissime pesche e gentilmente (gentleman eh!) ce ne offre: erano squisite. Una rarità ben accolta.

Nelle vicinanze di questa sosta, vi è la spiaggia dei “milionari” della città, con le loro leggiadre villette. Più avanti vediamo la baia della pesca, col quartiere dei pescatori e addetti al lavoro del pesce; questi pescatori sono tutti neri di colore. Vediamo ancora una bellissima “farm” americana, con diverse piantagioni, fra le quali notiamo il mais (granoturco) e l’uva.

C’informiamo subito sul costo del vino perché la mia provvigione è agli sgoccioli, ma ci fa passar la voglia il prezzo, 350 lire al litro, e così ci si rinuncia e si incomincerà a bere dell’acqua. Anche questo fa parte allo spirito di adattamento e d’acclimatazione (almeno per noi).

Passiamo ora in un altro quartiere nero degli addetti alla pesca. A noi sembra davvero di percorrere la costa amalfitana tanto belli sono questi posti. Ora attraversiamo a zig zag una delle più belle zone del nostro giro: “Il parco della Forrestal”, dove vediamo ogni genere di piante dal cipresso all’eucalipto, dal pino alle mimose più profumate. Più lontano vediamo sempre le cordigliere di montagne che ci accompagnano, ma sono assai brulle. Si vede però lo sforzo che la Forrestal fa per rimboschire, rinverdire ed abbellire tutto l’ambiente: piccole gazzelle e grandi antilopi pascolano indisturbate. In basso si vedono delle bellissime spiagge (il nostro chauffér precisa):”Tutto in questo paese è divino … anche e soprattutto le spiagge.” Ma la vita, almeno all’esterno sembra tranquilla. Ce lo auguriamo di cuore. Nelle vicinanze delle abitazioni e sui bordi delle strade è una profusione di fleurs de tout les couleur: un incanto. Perfino tra un sasso e l’altro delle scarpate c’è un fiore … esotico s’intende. Di solito sono di quella specie d’erbe o piante grasse che qua e là si vedono anche da noi. (la Candida a Tres mi pare) del resto è molto chiaro.Ci troviamo qui esattamente in piena estate, lo si sente nell’aria profumata, nel caldo intenso, lo si vede in tutta la vegetazione, nella bellezza dei fiori e nel canto degli uccelli.

Rhodes_memorial

Ma torniamo un po’ al Parco, chiamato anche “orti botanici” che è messo in un punto strategico, o meglio, panoramico sovrastante e vicinissimo ad una grande ala della città. Alla sommità, in mezzo al verde cupo d’una grande pineta (vera pineta) vi sta un colossale monumento preceduto da una mastodontica scalinata e due balaustrate ai fianchi sulle quali sono allineati otto giganteschi leoni di bronzo, quattro di qua e quattro di là. Il monumento è fatto a forma di tempietto, tutto in blocchi di granito screziato grigio rosa. Nella grande nicchia centrale si vede subito un grande busto di bronzo con sotto la scritta “To the spirit and life of CECIL JOHN RHODES who loved and served South Africa – 1853 – 1902 – Qui mi permetto una povera traduzione: -Allo spirito e la vita di Cecil John Rhodes che amò e servì il Sud Africa-.

Si ritorna in città e passiamo a lato della celebre Università dove fu operato di trapianto di cuore il signor Wasttkanski deceduto tre giorni fa.

Si parte verso le 15.30; prima di partire però mi permetto due parole di cronista sulla città la quale: - Fu fondata nel 1652 da Jan von Riebeeck per servire quale stazione di rifornimento per le navi della Compagnia delle Indie olandesi. – Città del capo, capitale legislativa del South Africa ed oggi un fiorente centro commerciale e porto di prim’ordine. Conta circa un milione di abitanti (ora, 2021, quasi quattro milioni di abitanti). Dico circa perché il numero di questa città cosmopolita è sempre fluttuante. È dominata, come dissi più sopra, dalle imponenti “Table mountains”; il prosperoso centro industriale è si può dire: la Milano del South Africa, con i suoi quartieri divisi per … razze, i suoi palazzi di 20 piani, continua a svilupparsi senza sosta. Ci sono musei e gallerie d’arte e archivi, poi le zone residenziali che si stendono lungo i pendii inferiori della montagna.

Naturalmente tutte queste cose non s’ha tempo ne modo di visitare essendo oggi giorno festivo. I dintorni di Capetown offrono possibilità varie d’escursioni panoramiche fantastiche in auto, sia verso le montagne che lungo le spiagge. L’ascesa alla “Table Mountains” è facile e si può raggiungere in teleferica. L’escursione, però, forse più interessante per coloro che dispongono di poco tempo è senz’altro quella del giro della penisola, cioè quella fatta da noi. Se la località di Las Palmas era splendida, Capetown mi ha addirittura affascinato e costituì veramente per me un’esperienza indimenticabile.

0re 15. 30 E così siamo arrivati ancora una volta alla partenza. Mamma, quante partenze! A bordo, questo dell’arrivo e della partenza è uno dei più bei momenti. Non so perché ormai lo sanno che in porto la nave non può gettare i rifiuti, ma gli serberà fino a che si è fuori del bacino chiuso e allora è la sagra loro, dei gabbiani.

Città del Capo

Alle ore 18 si doppia il famoso “Capo di Buona Speranza, la punta estrema del South Africa. Alle ore 20 esatte abbiamo modo di assistere a uno spettacolare tramonto di fuoco. Questa storia dei tramonti è un po’ curiosa; se riesco mi spiego in poche parole: non sempre si ha un tramonto eccezionale; ma perché? I fattori sono molteplici, ma si possono riassumere in uno, le nubi. Le quali aiutano o impediscono, conforme ai casi, il bel fenomeno del tramonto. Cioè, se le nubi sono basse e sfiorano l’orizzonte, è chiaro che non si può avere nessun tramonto. Ma se invece qualche leggera nuvoletta evanescente è al di sopra dell’orizzonte aiuta il rinfrangersi degli ultimi rayons ed appare ai nostri occhi tutta quella gamma di colori che nessun pittore mai è stato capace di riprodurre. E la penna? Anche la penna ha ben poco da dire. Solo gli occhi possono percepire un po’ l’anelito dell’astro del giorno, anelito che ha il respiro dell’eternità.

A Capetown si imbarcarono altri passeggeri quasi tutti indiani e gran parte ragazzi che si aggiungono allo stuolo già numeroso. I giochi di bordo ora vanno a ruba, ma tutto si accomoda. Pure a tavola ora si fanno due turni. Col Padre Fortuna abbiamo la felice idea di chiudere la lunga giornata del Santo Natale prendendo una bella birra … e buona notte sonadori.


Da bordo, 26-12-1967

Dal momento della nostra partenza da Capetown abbiamo la felice ventura di fiancheggiare sempre la costa africana che rimane in permanenza sulla nostra sinistra. Siamo veramente fortunati; il mare è tranquillo e le giornate si susseguono – ormai a ritmo accelerato – sempre serene.

Il nostro cuore, il nostro essere tutto gioisce alla vista della terra dei nostri sogni giovanili e delle realtà che ci attendono. L’avevamo cantato a gran voce, tante volte, nel tempo del nostro noviziato le strofe: “O sponde d’Africa, magico cielo, distese immense di monti e piani. Voi solo medito, voi solo anelo, finir la vita col bel martir!” Ed ora, eccoci qua ormai a un palmo dalla meta tanto desiata. Grazie, grazie, Signore, per tanto dono.

A dire il vero si starebbe volentieri sempre in coperta, ora che si squaderna davanti al nostro sguardo attonito la bella visuale della costa, ora desertica con le sue sabbie infuocate, bianche o rossicce, ora abitate con città e paesi, o semplici casette bianche e isolate che, civettuole, occhieggiano tra il verde cupo di certe rive.

Ma un certo dovere mi richiama di tanto in tanto lungo la giornata, in questa sala di lettura e scrittura, per buttar giù, come si suol dire, le impressioni nella loro freschezza e immediatezza, per fornire poi a voi, care sorelle e amici carissimi, il sugo delle Historia de mon voyage! I tavoli di questa sala sono quasi sempre al completo: chi legge, chi scrive (qualcuno purtroppo anche a macchina) con quel caratteristico rumore disturbatore. Durante le nostre ricreazioni della sera abbiamo modo di parlare con gente dell’equipaggio e ci raccontano cose interessanti delle loro esperienze marinare. Fra il resto ci dicono “Siete fortunati, il mare calmo come questa volta è ben difficile trovarlo, specie in questo tratto di mare che stiamo attraversando”. Uno di loro è passato per ben sessanta volte.

Alle ore 9.45 suona l’allarme! È la seconda exercitation “abbandono nave”. Tutto prosegue con ordine come la prima volta. È divertente vedere i bambini come si trastullano con quelle goffe cinture di salvataggio. Vengono riprese molte fotografie e poi esposte in vendita agli interessati.

Alle ore 15.00 cinema per bambini. Puntuale il mio piccolo Srini viene a chiamarmi in cabina. Oggi, rompendo ogni indugio, sono venute perfino le tre suore della Consolata. Che sforzo! Ci siamo divertiti un mondo, ma naturalmente non ho saputo mantenere il mio proposito di non ridere, che del resto mi pare un proposito insulso.

Ma è venuto il momento di presentare “RUDI”, un ragazzo tedesco tutto brio e vita, un vero ragazzo sprint. Anche lui conosce tre lingue: tedesco, inglese e francese. Quest’ultima lingua sta ancora imparandola, ma è chiaro che parla già molto meglio di me, ad ogni modo la nostra chiacchierata è sempre molto divertente, ma soprattutto istruttiva. Lui è in prima classe, ma ci viene sempre a trovare abbasso e così con Srini e lui, Rudi, facciamo un bel terzetto. Oggi ci siamo trovati al cinema e abbiamo anche disturbato un po’ perché stavamo mettendoci d’accordo per andare a visitare le macchine.

Difatti appena finito il cinema, vado a prendere il te e poi con Srini su in prima classe. Troviamo Rudi che con altri è già in piscina. Lo tiriamo fuori e via … Lui ci conduce da direttore macchine per il permesso che ci viene accordato subito, dandoci un cadetto per guida. Sarebbe interessante la descrizione d’ognuna di queste persone che sto nominando perché in ciascuno si trova un mondo di cose da dire – Ma come si fa? Visita al cuore della nave Scendendo per interminabili scalette e corridoi arriviamo all’imboccatura “sala macchine” dove sta attendendoci il cadetto che c’introduce nella sala, scendendo altre scalette ora il ferro e molto più strette che sono arroventate dal gran caldo. Dentro è un rumore assordante. Le poche cose che mi dice il cadetto me le sussurra all’orecchio … e poi mi sfuggono subito, preso come sono dal fascino dei due colossali motori FIAT lunghi un 10 metri e alti 9 metri. Non saprei dire di più. I due assali che partono dal motore e vanno a finire alle eliche a poppa sembrano un bel tronco d’abete del diametro di 47 cm e tutte in acciaio massiccio. I passaggi da un abitacolo all’altro sono assai stretti, ma abbiamo modo di osservare tutte le apparecchiature e complessi di macchinario che, dico la verità, mi riesce difficile spiegare. L’impressione però che anche un profano come me può dare, o meglio avere, è la sicurezza con cui uno può viaggiare pensando a un meccanismo tanto possente e perfetto quant’è il cuore della nave. Nel ritorno passiamo a visitare le cucine, lavanderia e … panetteria dove i due piccoli si … beccarono un bel dolce, gentilmente offerto dai panettieri.

Poi su, su per le scalette di prima fino al direttore per i nostri doverosi rémerciments (ringraziamenti). Altra sorprese: il direttore (un trentino che sa molte lingue) ci fa accomodare nel suo studio e ci offre un rinfresco e a me anche una sigaretta, finché amichevolmente conversa, or nell’una or nell’altra lingua coi miei due piccolo amici, che naturalmente non erano soddisfatti delle mie scarne spiegazioni che detti loro abbasso, avendo il cadetto parlato sempre in triestino. Meraviglioso il comportamento di questi due ragazzi, non solamente disinvolti, ma direi arditi nel parlare e chiedere tante cose al direttore con la massima semplicità e famigliarità. (Ai miei tempi?! Che vergogna, ero un vero maccherone (leggi martorot) per non dire macaco). “Trentanove anni di servizio!”, ci diceva il direttore di macchina: “L’anno prossimo mi ritirerò sulla terra ferma … in pensione. Ne ho viste di belle”. Ci credo. Ci siamo congedati ringraziando vivamente,

Da bordo, 27-12-67

Stamane, dopo le devozioni del mattino, vado difilato nella piccola lavanderia a lato della mia cabina per un altro bucato. La trovai libera perché a quell’ora tanta gente dorme ancora. Mi spicciai alla svelta e poi su di corsa in coperta a contemplare la meravigliosa vista del panorama costiero che si stende ora man mano sempre più grazioso. È un susseguirsi di pianori e colline in parte a bosco e in parte coltivate.

Abbiamo passato ormai lo stato del South Africa e stiamo passando proprio davanti al Natal alle ore 12.30 (come esattamente diceva un preavviso del mattino) ecco profilarsi di fronte a noi vicinissima la capitale Durbans, una città penso pressappoco come Capetown a vederla tanto estesa, col suo gran porto e i suoi building, le sue torri e i quartieri divisi per zone, come si vede molto bene coi binocoli.

Oggi possiamo ammirare per la prima volta un tramonto fatto dietro a una piccola catena di colline africane e sono le ore 18.45. La nave bruscamente cambia rotta e si dirige in alto mare, ci accorgiamo subito vedendo scomparire la terra ma soprattutto per il sopraggiungere del noioso beccheggio che ci tiene in ballo per tutta la notte. È ritornato il sottile mal di testa che ci tiene una sgradevolissima compagnia. Si spera in un mare più calmo domani all’imbocco del canale di Mozambico.

Da bordo, 28-12-67

Al mattino, quando gli abitanti della nave s’incontrano, si salutano, ed è un incrocio di buon giorno, in tutte le lingue. Con gli amici primi è un Bon jour, con gli altri passeggeri secondo i casi Good morning, Dobro jutro, Bonas dias e Gut Morgen. Resta un Buongiorno per i pochi italiani.

Canale Mozambico

Subito dopo la s. Messa abbiamo modo di vedere il primo pescecane, un raro esemplare, che voleva rimanere tenacemente al seguito della nave, finché non l’abbiamo distaccato in lontananza. Il canale di Mozambico è larghissimo tanto da non permetterci la vista della terra, né da una parte, né dall’altra. Navighiamo in pieno canale e il caldo si fa sentire soffocante, ci avviciniamo di nuovo alla linea dell’Equatore.

Alle ore 16.30 hanno luogo, come diversivo per i bambini, dei vari giochi che vengono eseguiti sul ponte di I° Classe. Ci sono le corse nei sacchi, mangiare la mela appesa a un filo, raccogliere una patata col cucchiaio e , alla fine, il tiro alla fune che si rivelò il più divertente di tutti. C’erano presenti molti adulti (che facevano parte di pubblico e … tifosi) e una regolare giuria. Sicuro perché chi vinceva aveva un relativo premio. L’indiano Srini me lo vedo venir di corsa con un magnifico libro illustrato d’avventure … e il tedesco Rudi invece me lo vedo, poareto, tutto solo in un angolo che piangeva sconsolatamente la sua perdita al tiro della fune. Cerchiamo di consolarlo, niente da fare, e s’accendeva nello spiegarci che avrebbe dovuto vincere lui … Dopo cena lo trovai di nuovo e giocammo assieme a ping pong. Era già sereno.

Da bordo, 29-12-67

Mi svegliai di soprassalto da un rumore insolito. Erano le 5.00 del mattino. Le macchine della nave andavano al minimo. Salii in fretta sopra coperta e potei constatare che realmente le macchine andavano piano. M’informai e mi dissero che stavano facendo una piccola riparazione. Di lì a poco vidi che le eliche si mettevano in moto e la navigazione proseguì regolarmente. Sorse il sole, ma di terra ancora nessuna traccia.

Dopo pranzo il cielo incominciò a rannuvolarsi e verso le 16.30 venne giù uno scroscio … veramente torrenziale che rinfresco l’atmosfera torrida che regnava. Mi incontro sempre più spesso con Rudi, poiché fra due giorni ci separeremo. Lui va a Karachi. Ritornai dal dottore in infermeria, perché m’ha promesso alcune medicine di pronto soccorso da portarmi al Congo.


Da bordo, 30-12-1967

Ci svegliammo sotto una gran pioggia torrenziale. Oggi le sale da gioco e di lettura sono piene zeppe all’inverosimile, fortuna che vi è l’aria condizionata … altrimenti si muore asfissiati.

Qui è giunto il momento di fare una piccola riflessione (domani non troverei né il tempo né il modo). La riflessione concerne la grande differenza del nostro meraviglioso viaggio su una nave tanto confortevole, con ogni genere di confort … e i viaggi dei nostri primi missionari che al solo leggerli vengono i brividi; basta solo dire che i fortunati che arrivavano a destinazione erano ben pochi, per cause varie come: malattie, pirati, briganti d’ogni genere e la navigazione difficile a causa di legni inadatti e inadeguati a viaggi così lunghi e difficili. Ne sia ringraziato adunque il buon Dio per tanto favore e predilezione anche e soprattutto per i suoi servi i missionari che oggi, grazie a più moderne attrezzature e comodità, arrivano sul campo del lavoro sani e “asvelti”, pronti a mettersi al lavoro con gioia e alacrità.

Prima di lasciare queste pagine che forse v’hanno annoiato (ma credete che non l’ho fatto apposta) voglio ancora dire due parole sulla piccola Shaen, Questa è una bambina di 8 anni, indiana, uno scheletrino, deficiente, isolata. La sua mamma, un fiore di donna (tutta bontà e bellezza) l’ha portata fino a Londra da medici illustri: Niente da fare. Ora ritorna triste, ma molto rassegnata, a Nairobi dove raggiunge il marito. La piccola s’è tanto affezionata a me che non mi lascia un istante. La mamma (che chissà quanto soffre) è felicissima di questa nostra amicizia e proprio questa sera e, saputo che sbarco a Mombasa) ha voluto scattare alcune foto con me e la piccola, la quale neanche a farlo apposta era in preda a delle convulsioni nervose. La mamma promise di mandarmi le foto.


Ultimo giorno a bordo, 31 12.1967.

Ieri sera abbiamo voluto festeggia il commiato fra di noi dieci religiosi, poiché alcuni proseguono per l’India. Ci siamo ritirati in una cabina e abbiamo dato fondo ad alcuni rimasugli di “cave (il ripostiglio)” e ci siamo scambiati gli indirizzi. Chiusura con qualche canto.

Oggi ultima domenica a bordo, ultimo giorno dell’anno.

Ore 9.30 s. Messa – segue congedo col capitano tanto buono e premuroso con noi.

Mentre scrivo stiamo avvicinandoci a Pemba, un’isola, prima dell’arrivo a Mombasa che sarà verso le ore 16.00.

Mombasa sera

Quella dello sbarco è un’operazione molto movimentata e, dico sempre, anche per le persone pratiche e navigate in viaggi. Per noi, poi, in un modo del tutto particolare coi nostri bravi 55 colli da svincolare! Finché stiamo facendo la coda a bordo per il controllo dei passaporti (erano salite le autorità del Kenya) ci vediamo avvicinare un tizio, un goanese, il quale stava appunto cercandoci. Era l’agente incaricato della nostra Procura di Guflu, di venirci ad aiutare. Ci dicemmo subito fortunati … senonché c’accorgemmo ben presto che era ubriaco fradicio. Il Padre mio compagno di viaggio che fungeva da interprete sudava freddo. Come Dio volle, scendemmo a terra. E qui cominciò il vero traffico alle prese coi doganieri, ma ormai faceva notte e ci vediamo chiudere i grandi portoni. Per buona sorte tutti i miei bagagli furono lasciati passare senza alcuna manomissione o sovrattassa di sorta, perché in transito e diretti al Congo. Ci ritirammo all’albergo che eravamo stanchi morti.


Bon année 1.1.1978

Il mattino seguente, primo giorno dell’anno, per tempo ci rechiamo alla cattedrale cattolica a due passi dall’albergo per la s. Messa e nostre devozioni e poi di nuovo all’attacco giù al porto e alla dogana per il resto del lavoro che si attendeva.

Per fortuna il nostro uomo venuto a prenderci in albergo era … su due gambe e … si scusò per la sua sbronzatura –sbronza- della sera precedente. Le cose incominciarono a filar meglio e, in meno di 4 ore, eravamo liberi! Che bellezza!

Approfittai per fare una scappata alla nave che era ancora ancorata al porto a un tiro di fucile. Lungo la strada quale felice sorpresa non fu per me incontrarmi ancora una volta col piccolo Srini. Lo scorsi da lungi e lui pure e ci corremmo incontro. Affettuosissimo ragazzo, serberò sempre per te una caro ricordo. Niente abbracci. L’indiano non usa simili cose, ma una stretta di mano o meglio uno o più inchini profondi. È il loro costume. C’erano anche i suoi ottimi genitori e mi promisero ripetutamente che sarebbero venuti a trovarmi nel Congo. J’espère. Proseguirono poi con un taxi a visitare la bellissima città, ed io verso la nave, dove tante altre persone avevo a salutare.

Mi fermai quasi un’ora, poi ritorno all’hotel dove ci attendeva un rinfresco sospirato e questa volta, diciamolo pure, ben meritato.

Soirée, 1-1-68 Dal balcone delle nostre stanze si ha modo di vedere un po’ tutta la stupefacente panoramica della città. Noi siamo giusto al centro. Subito mi fece colpo una costruzione bianca slanciata, fuori dell’ordinario.

Rhodes_memorial

Verso sera vogliamo andare a vedere, ci vennero pure le tre suore della Consolata. Non mi ero sbagliato. In mezzo a tanti pinnacoli quello eccelleva e fu facile per noi individuarne l’ubicazione. Difatti si trattava di un tempio indù. Al primo sguardo rimasi come incantato, poi sempre più, sempre più … nelle mie reminiscenze tornai come un fulmine agli anni della mia prima gioventù, quando in certi fumetti o libri leggevo le avventure del Verne e mi trovai proprio ambientato perfettamente in tale atmosfera.

Era l’ora della preghiera Molti fedeli stavano accoccolati nella posizione del “Loto” recitando le preghiere. Attorno alle scalinate sparse ovunque stavano tutte le loro calzature per accedere all’interno. Entrai per primo nel recinto, un po’ guardingo, seguito poi dagli altri. Un indù ci venne incontro e gentilmente si mise a nostra disposizione a spiegarci in lungo e in largo la loro credenza, la loro fede. Ci siamo astenuti dall’entrare, mentre incuriositi osservavamo la cerimonia che è qualcosa di fenomenale (almeno nel folclore). Di fatto è che c’era molta gravità e devozione nei loro atti. Rimasi quasi sconcertato. E pensare che si trovavano semplicemente alla presenza di un simulacro rappresentante un bue “il dio Api”.

Nell’interno d’una cripta ci sta la “pietra nera” dalla quale dovrebbe venire la divinità. La loro Trinità: Brahma, Vishnu, Shiva. A un certo momento alcune vestali si alzano e si mettono a suonare certi pendagli che scendevano dal soffitto e facevano un baccano indiavolato, il suono di questi strumenti, nonostante il rumore forte, era melodioso. Frotte di ragazzetti e bambine saltavano tutti giulivi e contenti, poi si diressero nella nostra direzione e ci guardavano incuriositi a loro volta, specialmente verso le tre suore che rimasero inebetite. Perché non ci date la mano, dissi loro. Allora una cominciò a dare la mano alla bambina più vicina che si profuse in un magnifico inchino, seguita dalle altre incoraggiate dalla prima. Finalmente i suoni cessarono e il loro guru, lo Yogy (loro sacerdote) entrò nel tempietto seguito dagli altri, e la cerimonia si protraeva a non più finire.

Noi riguadagnammo la porta d’uscita perché ormai faceva notte. Vorrei descrivervi un po’ la costruzione di tale tempio che è bellissimo, ma il tempo non me lo permette. Per esempio ora sono le ore 11.00 di notte e cado dal sonno, dopo una giornata di girare per la città e di aver provato emozioni che non finirei più di raccontare e ormai mi sono rimasti più che pochi fogli di questo quadernetto troppo piccolo.


Mombasa, 2.1.1968

Forse vi sembrerà una novità se vi dico che non ci sono treni fino a tre giorni per l’Uganda, ma ci dobbiamo convincere che non siamo più in Europa. Perciò gran pazienza.

Città del Capo

Nella cattedrale qui vicina, tenuta dai padri dello Spirito Santo, abbiamo modo di vedere coi … nostri occhi la gran fede dei fedeli (e mi perdonate se non l’ho detto prima). Grande devozione in tutti e frequenza anche nei giorni feriali. I cattolici in città sonno circa 20.000 su 200.000 abitanti. Gli altri, gran parte mussulmani, indù, protestanti e simili, un po’ di tutto. Nella chiesa c’è ancora il presepio, un vero presepio, senza i nostri complessi meccanismi e cose artefatte del genere, ma tanta semplicità e fede da parte dei molti e devoti (ripeto) visitatori. Si notano per primi i neri, poi i goanesi, quindi gli altri che, senza alcun rispetto umano, cominciando dai più grandi fino ai pargoli, si prostrano a baciare quel povero Gesù Bambino con tanto amore e rispetto. Ripeto – noi missionari siamo rimasti edificati profondamente. C’è da sperare in bene.

Oggi sono partite le suore, loro vanno sole fino a Nairobi, un 12 ore di treno. Questa forzata permanenza in città, ci obbliga in un certo senso a visitarla per bene e, dato che anche il padre è un buon camminatore ci facciamo delle belle passeggiate e andiamo continuamente a scoprire terreno (come si suol dire).

Qualche dato scheletrico. Si può definire l’isola di Mombasa con due parole: bella e pittoresca. Ciò che attrae l’attenzione è il sorprendente contrasto tra la città vera e propria dall’urbanistica bene ordinata e la rigogliosa esuberante vegetazione che la circonda.


Mombasa, 3-1-1968.

MombasaL’antico porto di Mombasa non serve che a piccole imbarcazioni indigene, le caratteristiche dhows degli arabi. Le grosse navi di linea (come la nostra) si servono delle più attrezzate ed adeguate banchine di Kilindini sul lato occidentale dell’Isola.

Kilindini è unita a Mombasa da una moderna arteria stradale fiancheggiata per tutto il percorso da splendidi cespugli in fiore e numerose piante rosse e rosa di buganvillee. Qui si fa il primo incontro con l’albero più grande di questa terra: il maestoso baobab – 4 metri di diametro e più.

Oggi aspettavamo con ansia il nostro agente Maciel con la risposta per la nostra partenza poiché in albergo la vita è cara, pensate un po’: 45 shillings al giorno = 4.000 lire circa. Arriva finalmente verso sera, a un’ora dalla partenza del treno, e calmo e pacifico ci dice che non è riuscito a trovare un posto in I° classe né in II°, perciò dobbiamo aspettare altri cinque giorni, e se ne va tranquillo. Noi siamo rimasti lì incretiniti : sulle ass de le parséce …

Ma poi la provvidenza la c’è a questo mondo e si fa vedere in modo tangibile e concreto. È ora che vi dica che due di quei tre padri di Mill-Hill provenienti dal Tyrol e diretti in Uganda avevano a bordo una fiammante Volkswagen 1300 ciascuno, ricevuta e regalata dai loro amici tirolesi. Vista la nostra mala sorte e avversa fortuna c’invitarono a viaggiare con loro, basta che ci fossimo accontentati alla bell’e meglio. Noi avevamo declinato altri inviti che ci avevano fatti in precedenza … ma questa volta accettammo di buon grado e di gran cuore. Detto fatto vanno al porto a prendere le macchine (avevano appena finito le lunghe pratiche per svincolarle dalla dogana, pagando un pedaggio del 40% del valore delle macchine) pensate che comprarono un porta pacchi ciascuno per installarci i nostri bagagli che non erano pochi, solo otto pesanti valige – tutto il resto di 55 colli si spedì via treno. E finalmente al mattino seguente si partì.


In Volkswagen verso Nairobi, 4-1-1968

itinerario

Devo essere breve, ma con un vostro piccolo sforzo di fantasia e immaginazione cercate di seguirmi per … 1.250 miles, distanza percorsa da Mombasa a Gulu nella fiorente Uganda. Aggiungo e … 9339 miles via mare e facciamo la bella cifra di 10.589 miles fino a Gulu, ma il viaggio non è finito.

Dunque partiamo di buon mattino da Mombasa e, attraversando su una magnifica pista d’asfalto il grande parco nazionale arriviamo, a “VOI” a 10 miles, e lì si fa la I° colazione in un lussuoso “Rest House” fatto ancora e naturalmente dagli Inglesi. Fu l’unico segno di vita umana che incontrammo lungo un percorso di ben 200 miles che ci separavano da Nairobi. Attraversammo interminabili pianure e colline desertiche, vera steppa, regno indisturbato di tutte le qualità di animali. Il terreno è normalmente rosso- ocra, arido e compatto.

Qui a Nairobi giungemmo verso sera alle ore 2.00 del pomeriggio e si fa pranzo. Nairobi posta su un grande altipiano a 2000 m s.l.m. Immensa città sparsa nel verde della sua vegetazione, divisa in quartieri aventi tutti un solo piano, al massimo un secondo.

Proseguimmo per altri 15 miles ove si trova una prima missione dei Padri di Mill-Hill e pernottiamo. Cena offerta da “Giak” un manager che parla 7 lingue e ci vorrebbe un volume per descriverlo. Un romanzo - in un lussuoso chalet nel mezzo della foresta.


In Volkswagen , verso Tororo, 5-1-68

Un cielo come ieri sera e come stamane all’aurora, non l’ho mai visto in vita mia … le stelle si potevano toccare colla mano … e vedere a occhio nudo in tutto il loro splendore. Mentre correvamo a 100 all’ora, sempre salendo, possiamo contemplare Nairobi illuminata come a riflessi lunari e un ora prima ancora che nascesse il sole! Che visione indimenticabile.

Siamo nel centro vero e proprio del Kenya. Ora è un panorama del tutto diverso con le sue foreste, le grandi farm di caffè, tea e ogni genere di cereali coltivate su amene e immensi displuvi di colline. Grandi allevamenti di bovini e ovini. Che ricchezza. Poi laghi e ancora campagne fertilissime. Ora il terreno è meno fertile. Passiamo per Nakuru e Eldoret. La ferrovia ci segue ovunque fin sulla sommità. Siamo a m 3000 s.l.m. Troviamo un cippo e un grande segnale.

Equatoree

È la linea dell’Equatore. Tappa obbligata con relative foto. Forse me ne arriverà qualcuna, nel caso … le spedirò, lo so che aspettate qualcosa del genere.

Già da un pezzo abbiamo indossato le giacche e acceso il calorifero in macchina; immaginatevi che fa freddo cane e siamo all’Equatore ore 11.00 a. m. Ora si scende, ma lo sbalzo di 2000 metri che dobbiamo fare è graduale e quasi quasi non ce ne accorgiamo neppure, se non è per il sopraggiungere di nuovo del caldo … equatoriale e farci sbottonare. Queste montagne, se così si possono chiamare, sono tutte coperte o vestite di foreste e di terra ferace. Niente rocce. Dispiace quasi allontanarsi da luoghi così favolosi. Ma le nostre Volkswagen filano e il nastro d’asfalto continua senza fine, non sembra nemmeno d’essere in Africa.

E il treno dietro. Non so come abbia fatto a raggiungerci anche lassù a 3000 m! ma lui, il treno chissà quando arriverà. E noi ironizziamo sopra!

Eccoci a Tororo in Uganda. Ultima tappa coi padri di Mill-Hill. Andiamo tutti nella loro residenza vescovile. Si telefona a Gulu che vengano a prenderci. Si risponde con un filo di voce. Speriamo abbiano capito. E aspettiamo. Riceviamo un’accoglienza e un’ospitalità ottima.

Per parte mia, io trovai nientemeno che un fratello di Val Badia tirolese che ci eravamo conosciuti a Roma nel lontano 1950.

In Volkswagen , verso Tororo, 5-1-68

Cattedrale di Gulu

Epifania a Gulu! 6-1-68 Stamane per tempo ecco arrivare fratello Cappini, un mio connovizio da Gulu.

– “Ma come hai fatto?”

- “Sono partito alle 3 di questa notte.”
Il nostro grazie ai buoni padri Tirolesi ve lo lascio immaginare a voi come fu grande e sentito. Ci accomiatammo colla speranza d’incontrarci ancora. Grazie anche della vostra cordialissima compagnia. In certe circostanze della vita non ci sono parole che possano esprimere i sentimenti che si provano.


Epifania 1968

Bella questa data vero? - la manifestazione di Gesù. L’arrivo d’un missionario in Missione = bel parallelo. Epilogo - Mi spiace lasciarvi così. Perdonatemi. In questo momento mi scende furtiva una lacrima, la prima. In compenso sarà tanto più preziosa. Distruggiamo in tempo di record gli ultimi 215 miles e siamo a Gulu (quest’ultimo tratto senza asfalto, ma una pista di polvere rossa). Una doccia ristoratrice, un primo saluto e ringraziamento in chiesa al Signore, quindi un saluto sulla tomba (in chiesa) di monsignor Angelo Negri assolvendo ad un preciso e doveroso compito affidatomi dai parenti e poi un bel sonno ristoratore mi mette in forma.

Fine viaggio


Ciao sorelle, parenti amici e fratelli tutti. Spero di non avervi annoiati troppo, nel caso perdonatemi. Ora voglio spedire al più presto questi scarabocchi. Se trovo il tempo, vorrei iniziare il secondo quadernetto. Ora sono in attesa per il passaggio a Rungu. Non ho trovato il posto [su questo quadernetto] per mettere la parola FINE, ma intendiamoci, fine I capitolo.


Durante il viaggio in nave Fr. Costante era entrato in amicizia con grandi e piccini conversando in francese. Nel quaderno del diario sono riportati i saluti scritti in francese del piccolo.

Srini al momento di separarsi a Mombasa: “Je vous souhaite bonne année, Je vous souhaite aussi que vous vivez longtemps. J’espère que je vous regarderai encore une fois au Congo. Bon divetisemente, Srini, Mombasa. 31/12/1967
e dal papà: “Mon cher frère, je vous souhaite bonne année et à tous les personnes au Congo, à tout votre famille. Je souhaite aussi che vous vivez longtemps et beaucoup de succès pour l’avenir au Congo. J’espère que je vous regarderai encore une fois au Congo. Je suis triste de vous quitter parce que vous étiez mon meilleur camarade. Veuillez agréer, mon cher frère. l’expression de mes meilleur sentiments. Sachidanandam Srini.",

Anche il piccolo amico tedesco Rudi gli dà una letterina di commiato: “J’ai un ami qui s’appel Zadra e je suis un peu triste de perdre cet ami ou on a passé avec lui de six bonne heure emseamble. J’éspere que vous m’écriverai aussi. Votre ami Rudi”.

Raja Nair, indiano de New Dehli volle scrivere sul diario di Fr.Costante un pensiero: “Je suis un ami de frère Zadra Kosta”.

Fratello Costante continuerà verso la sua metà a Rungu nella Repubblica Democratica del Congo passando per Arua (Uganda).




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