Aspetti della guerra 1945
MARTIRIO E TESTIMONIANZA


27 aprile 1945 - Don Domenico Mercante e Leonhard Dallasega fucilati a Ceré di Ala



Introduzione

Anni or sono, nel 2016, con i miei familiari, scritta: andai alla scoperta di Proves in Val Non, grazioso paese di lingua tedesca della provincia Bolzano a 1400 metri sul livello del mare. osservando la piazza della chiesa e i vari caseggiati notai sulla casa sinistra una semplice targa forma medaglietta rosario con la scritta: "Ja, ich bin Katholik und habe Frau und vier Kinder, aber lieber sterbe ich, als auf einen Priester zu schießen. (“Sì, sono cattolico e ho moglie e quattro figli, ma piuttosto muoio io, che sparare a un prete." e la dedica - 1995. PROVEIS -LEONHARD DALLASEGA – GIAZZA LJETZAN LANDSVERBAND FŪR HIEMAT PFLEGE-

Incuriosito per questo nobile e generoso gesto mi impegnai per conoscere la persona di Leonhard e dell’episodio accennato nella targa. La ricerca con internet fu facile e rimasi edificato al pensiero che nel 1945 un soldato tedesco abbia trovato l’ardire di rifiutare l’ordine di un suo superiore di uccidere un prete prigioniero dei tedeschi affrontando la sicura morte. Da poco venni a sapere che soggiorna a Coredo don Valentino Mercante appassionato di storia autore di diversi libri, fra i quali “Il martire e l’eroe. Don Domenico Mercante e Leonhard Dallasega”. Mi tornò alla mente la targa della piazza di Proves ed ora voglio riprendere e raccontare gli eventi che portarono al sacrificio di questi due nobili personaggi dopo aver letto vari resoconti che elencherò alla fine.


Lo svolgimento dei fatti

L’episodio inizia al paesino di Giazza sui monti Lessini e si conclude tragicamente ad Ala. Siamo agli ultimi giorni della II Guerra Mondiale. Un caporalmaggiore delle SS, prestava servizio come furiere a Caldiero presso Verona. Le truppe alleate il 25 aprile erano entrate nella pianura padana e l’esercito germanico si stava ritirando disordinatamente. Questo soldato Il 26 aprile decide di abbandonare la postazione di Caldiero per raggiungere la sua famiglia al paese d’origine. Imbracciata la sua bicicletta decide di evitare la strada del Brennero ancora occupata dai Tedeschi col pericolo di essere fermato e s’incammina per strade montagna sui monti Lessini in direzione di Giazza. La sera raggiunge la località Paradiso nel comune di Selva di Progno e passa la notte in un casolare.

Al mattino seguente, il 27 aprile, saliva verso Giazza anche un gruppo di un centinaio di soldati della Wermacht (paracadutisti e SS) sulla via della ritirata in Germania. Sembra che il caporalmaggiore, mentre tentava di scambiare la sua bicicletta per abiti civili, sia stato sorpreso da costoro, che lo aggregano alla compagnia.

Nei boschi della zona sono presenti vari gruppi di partigiani e si rendono conto di quanto accade. Anche il parroco di Giazza don Domenico Mercante sacerdote nativo del posto, viene a conoscenza dell’arrivo dei soldati tedeschi e capisce il grave pericolo che incombe sul paese. Teme che possa verificarsi uno scontro con i partigiani e possibili soprusi verso i suoi parrocchiani. Come in altre occasioni, accompagnato da un brigadiere della milizia forestale, va incontro alla colonna militare per convincerli, implorarli di non far del male alla popolazione. Don Domenico e il brigadiere non vengono ascoltati perché i tedeschi sanno della presenza di partigiani. Pertanto decidono di prenderli in ostaggio per farsi scudo e li fanno marciare avanti a loro.

All’improvviso sulla strada, all’altezza del cimitero di Giazza, si fa avanti il partigiano Beniamino Nordera che ordina agli ufficiali di consegnare le armi e di proseguire liberando gli ostaggi. Fa presente che nel bosco sono in agguato numerosi partigiani pronti a intervenire. La minaccia non ha effetto; infatti una raffica di mitra lo colpisce a morte. Dal bosco parte una sparatoria che non ha seguito. I tedeschi ritengono che Don Domenico sia un collaboratore dei partigiani e lo costringono a precederli per assicurarsi un tragitto senza pericoli fino al passo Pertica nel gruppo del Carega, e per proseguire scendendo per la valle di Ronchi fino ad Ala alla statale del Brennero, promettendogli di lasciarlo andare appena saranno al sicuro oltre il passo.

Approfittando di una successivo scontro coi partigiani il brigadiere ed altri due ostaggi riescono a svignarsela. Don Mercante è obbligato a seguire la colonna tedesca a forza, sotto stretto controllo e minacce. ( il percorso da Caldiero a Ciré di Ala. - premi).

Arrivati al passo Pertica non viene lasciato libero di tornare fra i suoi parrocchiani come promesso. Per ore ed ore è sospinto per la valle di Ronchi fino Muravalle e di lì al Ala dove arriva sfinito alle ore cinque del pomeriggio.

La compagnia si ferma nel rione di San Martino, al bivio di Ceré, dove parte la strada per Pilcante. Il terreno lungo la via ferroviaria è sconvolto dai numerosi bombardamenti e presenta profonde buche. Il capo del plotone decide di far fucilare don Mercante con l’accusa di collaborare con i ribelli e forma il plotone d’esecuzione per giustiziare il prete al margine di un cratere, al quale si nega anche un goccio d’acqua.

Dai soldati designati al macabro compito uno si fa avanti e dichiara con voce ferma di non potere uccidere il prete: “das is Mord! – questo è un assassinio!”. Si tratta del caporalmaggiore che era stato aggregato alla compagnia che rifiuta ripetutamente di partecipare all’esecuzione di don Domenico. L’ufficiale che gli chiede se fosse cattolico. Secondo un testimone oculare, citato da don Fraccari, la risposta è stata:

All’improvviso “Sì, sono cattolico e ho una moglie e quattro figli; ma preferirei morire che fucilare un prete.»

Assiste impietrito alla fucilazione del parroco che cade riverso nella buca. Subito dopo gli strappano le insegne di grado e disperdono sul terreno i suoi documenti personali. Posto sul margine dello stesso cratere, con le mani dietro la nuca, è colpito da una raffica di mitra e cade nel cratere accanto a corpo senza vita di don Mercante che aveva sacrificato la sua vita per il bene delle anime a lui affidate. L’implorazione ripetuta prima di morire “ma ho quattro figli” non aveva toccato il cuore del crudele e insensibile ufficiale tedesco.

Dopo aver ricoperto le salme di fretta con della terra, i soldati si allontanano. Dei contadini visto il tumulo, capiscono cosa fosse successo e vi dispongono dei sassi a forma di croce.

La voce di questo luttuoso avvenimento si sparge. Il tre maggio i soldati lasciano Ala in ritirata. Pietosamente persone del luogo disseppelliscono i due corpi dal tumulo provvisorio e le portano alla cella mortuaria dell’ospedale civile di Ala. Anche la popolazione di Gazza è informata e alcuni giovani scendono ad Ala per recuperare la salma del loro parroco. In qualche modo se lo caricano in spalla e risalgono al passo Pertica per scendere poi al cimitero di Giazza accolto da tutta la popolazione con grande rimpianto e costernazione.

Dalle tasche della divisa del soldato tedesco sono recuperati piccoli oggetti: una crocetta di legno e metallo con una catenina, un rosario e la foto di una donna in un astuccio, ma nessuno forniva indicazioni di chi potesse essere. Con grande presenza dei cittadini di Ala l’ignoto soldato viene sepolto, con i pochi oggetti personali, al cippo 5 del cimitero di Ala; dei giorni seguenti sulla sua tomba non mancavano mai i fiori.

La notizia ebbe eco immediata sul quotidiano “la gazzetta del Paradiso” con queste semplici parole popolari in dialetto: Vintissète de April: in Paradiso / se spalanca le porte! Un vento novo / el impìssa le stéle a una a una /e mile campanili i se raduna... / Gh'è du angeli novi che riva, insieme: / uno, italian, la tònega da prete, / l'altro, todesco, con l'elmeto in testa... / In paradiso ancó l'è na gran festa!/ Con ale de cocal (gabbiano), tabar de luna, / i è rivadi col cor pien de alegria / volando piassè alti de i confini, / tegnendose par man, come butini ...

Qualche anno dopo ad Ala, al bivio di Ceré di S. Martino, il 27 aprile 1960, viene inaugurato un capitello dedicato a don Domenico Mercante e allo sconosciuto soldato tedesco con la seguente iscizione:

“A DON DOMENICO MERCANTE PARROCO DI GIAZZA E ALLO SCONOSCIUTO SOLDATO TEDESCO CHE IL 27 APRILE 1945 QUI TESTIMONIARONO IN COMUNE OLOCAUSTO IL TRIONFO DELLE LEGGI DIVINE SULLE BARBARIE DELLA GUERRA”

Chi era lo sconosciuto soldato tedesco?

La guerra volgeva alla fine e i soldati dell’esercito tedesco in rotta prendevano la via del rientro verso i loro paesi, all’affetto dei familiari. Anche a Proves si attendeva il ritorno del caporalmaggiore Leonhard Dallasera.

La moglie, Maria Herbs, e l’anziano padre Angelo erano preoccupati perché non avevano alcuna altra notizia del figlio e marito da quando avevano avuto la sua ultima lettera dall’aprile 1945 spedita da Caldiero (VR) il 22 aprile dello stesso anno.

(accanto Maria e Leonhard sposi) La sposa Maria si interessa subito presso i conoscenti, chiede informazioni ai compagni del marito a Caldaro, a Bolzano e Merano. Riesce ad avere ricordi vaghi e la descrizione dei pericoli che correvano le truppe tedesche in fuga: mitragliamenti di aerei alleati e imboscate dei partigiani. Maria tornava a casa col cuore infranto, profondamente amareggiata, perché dubitava che più d'uno sapesse ma non voleva parlare.

Con l'anziano padre Angelo di Leonhard decise di recarsi a Caldiero di Verona da dove era partita l'ultima lettera destinata alla famiglia. Qualcuno ricordava un soldato SS come persona singolare che assisteva ogni domenica alla Messa, girava col rosario in mano e divideva pane con marmellata o margarina con i ragazzi poveri. Non era stato possibile avere dei riferimenti più precisi.

Rientrati a Proves, il padre Angelo si sentiva profondamente sconfortato ed era convinto che non avrebbe più visto il figlio. La sposa di Leonhard non si era scoraggiata e continuava la sua ricerca di qualche indizio in tutte le direzioni possibili.

L’esito non fu per nulla confortante: nel 1946, infatti, a seguito della sua insistenza, le viene recapitata un lettera da un sottufficiale di Linz con la tragica notizia che il marito era stato fucilato a Trento per abbandono dell’unità durante la ritirata. A questo punto si premura di interpellare le autorità militari di Trento dove non risultava alcun Leonhard Dallasega fucilato. Rimaneva ancora qualche speranza di conoscere la sorte del figlio.

Dopo qualche anno,  nel 1952, Maria Herbs si risposa con un contadino del luogo, Angelo Kersbaumer, dal quale ebbe altri quattro figli.

L’ignoto soldato tedesco non era stato dimenticato. Il 15 settembre 1956 una Commissione germanica autorizza l’esumazione del soldato delle SS al cimitero di Ala e ne fa trasportare i resti in un sacco di juta al cimitero militare di Merano per seppellirlo al ceppo n° 1018 con la dedica “Ein deutscher Soldat”.

Nell’occasione viene recuperato un pezzo di robusto panno grigio con un distintivo metallico corrispondente al grado di caporalmaggiore. Gli indizi si accumulano ma ancora niente per quanto riguarda la sua identificazione.

Un articolo del Dolomiten riportava che il 16 agosto 1859 il vescovo di Verona era salito al passo Pertica per benedire un pilastro marmoreo dedicati alla memoria di don Mercante e dell’ignoto soldato germanico alla presenza di un folto pubblico e autorità italiane e tedesche. Vi era scolpita la scritta: “A DON DOMENICO MERCANTE PARROCO DI GIAZZA E ALLO SCONOSCIUTO SOLDATO TEDESCO CHE IL 27 APRILE 1945 QUI TESTIMONIARONO IN COMUNE OLOCAUSTO IL TRIONFO DELLE LEGGI DIVINE SULLE BARBARIE DELLA GUERRA". Il presidente del Comitato per le Onoranze, avvocato Nerino Benedetti, tiene il discorso commemorativo che conclude con queste parole: “L’esile figura del sacerdote di Cristo, che per amore portato alle anime a lui affidate ha incontrato la morte, e l’immagine del fiero soldato tedesco, che senza batter ciglio e a testa alta ha affrontato il mitra spianato contro di sé per un supremo dovere di coscienza e di umana fratellanza, sono oggi unite nel nostro ricordo commosso, nella nostra gratitudine, nel nostro impegno solenne di essere meritevoli del loro sacrificio e del loro esempio… Vestivano la diversa divisa di due eserciti tanto fra loro dissimili, ma i loro cuori battevano i palpiti di una medesima fede. A loro sia gloria eterna!“.

Anche Maria Herbs, leggendo la notizia del Dolomiten, viene a sapere che a passo Pertica era stata inaugurata la stele marmorea a don Domenico Mercante e ad un soldato tedesco sconosciuto. Dentro di sé le sorge il dubbio che quel soldato fosse il suo figliolo ma non trova riscontri che possano confermare il suo presentimento.

La famiglia Dallasega non era la sola che si interessasse alla sorte toccata a Leonhard. Da anni il nuovo parroco di Giazza, don Erminio Furlani, successore di don Mercante, si era ripromesso di scoprire il nome dello sconosciuto soldato.

Don Luigi Fraccari, il sacerdote veronese conosciuto come “l’angelo dei deportati” per la sua missione a Berlino dal 1944 al 1979, lo affianca nella ricerca. Egli era in Germania come cappellano dei prigionieri e dei lavoratori ed aveva familiarità alla ricerca di notizie di persone da comunicare a chi lo richiedeva. Accanto alle sue molteplici attività si impegna a cercare delle fonti che parlano dell’episodio e contatta autori di resoconti sull’argomento; lo storico Olindo Viviani, autore di una pubblicazione del 1960, il giornalista di Norimberga Theo Reuber Ciani che aveva pubblicato tre servizi con la domanda “Wer ist der held von Giazza – Chi è l’eroe di Giazza?” e il regista bavarese Mario Reinhard che stava girando un film sull’episodio..

Nell’anno 1985 don Luigi, riunite le sue lunghe indagini, quelle del maestro Carlo Nordera, del parroco di Giazza don Erminio Furlani e i tanti contributi di altri che si erano interessati alla vicenda, riesce finalmente a dare un nome preciso all’eroico soldato tedesco che si rifiutò di uccidere il generoso prete cattolico don Domenico. Si trattava di Leonhard Dallasega – Andersag - nato a Proves, nell’alta Valle di Non, il 15 ottobre 1913.

Dall'anno 1965 Maria con il marito Angelo Kerschbaumer e i figli si era trasferita a Sopramonte di Trento, a lavorare a mezzadria in un grosso podere del professor dott. Enrico Nardelli, rinomato chirurgo di Cles. Sorpresa: il 15 giugno 1985 lo stesso monsignor Luigi Fraccari si reca a Sopramonte annunciare ai familiari l’identificazione dell’eroico soldato tedesco caduto ad Ala per non aver sparato a don Domenico Mercante: si trattava veramente del loro congiunto Leonhard Dallasega. La notizia è accolta con grande sollievo dalla vedova e dai figli che manifestano profonda gratitudine a Monsignor Fraccari per la sua lunga e faticosa ricerca.

Anche il vecchio parroco di Proves, don Joannes Vigil, aveva vanamente atteso il ritorno di Leonhard, ma non visse abbastanza per sapere del sacrificio del suo parrocchiano perché si spense ad Appiano nel 1962: ne sarebbe stato commosso e rallegrato.

Ancora in quell’anno il secondogenito Ewald Dallasega raccoglie in uno scritto i dolorosi racconti della madre, e in esso rivive il ricordo del padre con affetto e ammirazione per l’edificante rifiuto a uccidere un prete prima di morire fucilato lui stesso e lo pubblica con il titolo “Der Held von Giazza”. Il libretto termina con questa preghiera finale:

"Signore, è stato versato così tanto sangue innocente, perdona a coloro che fecero del male, dona a noi uomini la tua pace!".

Dal momento che fu divulgata la notizia del riconoscimento di “ein deutscher Soldat” fucilato ad Alla si susseguono varie cerimonie per aggiornare le lapidi anonime che lo ricordavano e per presentare la sua edificante biografia. Sul monumento di Passo Pertica, oggi, appare il nome di Leonhard Dallasega.

Al cimitero militare di Merano, il 07/11/1989, in occasione della commemorazione dei caduti delle due guerre, viene dedicata una nuova croce tombale all'ex milite ignoto Leonhard Dallasega. Vi prendono parte due sorelle e mons. Luigi Fraccari di Verona.

Nel marzo 1990 il Circolo Rosselli di Ala promuove un incontro per onorare la memoria del caporale Leonhard Dallasega di Proves. Durante la serata sono raccontati anche altri luttuosi eventi accaduti in zona durante la ritirata dei soldati tedeschi negli ultimi giorni di guerra.

Nel 1995 viene affissa la targa commemorativa sulla parete della canonica della piazza chiesa di Proves. Nell'area sacra della città natale segue una cerimonia semplice e imponente alla quale partecipano gli abitanti del villaggio, la sorella di Leonhard Dallasega, Frieda Vorhauser, il genero, nipoti e nipoti. Il Rev.do Richard Hofer e il Vescovo Ausiliare Heinrich Forer benedicono la targa che ricorda l’eroico sacrificio del loro compaesano. Il 5 maggio 1996 mons.

Don Luigi Fraccari ormai ottantasettenne a Trento incontra gli obiettori di coscienza al servizio militare e delle ragazze del Servizio volontario di assistenza sociale per illustrare la figura del caporale delle SS. che aveva rifiutato di essere tentato di fare qualsiasi cosa che andasse contro le sue convinzioni morali e la sua fede cristiana; il giovane pubblico ascolto con ammirazione per due ore. Il 27 aprile 2013 l’ANPI di Rovereto ad Ala organizza una commemorazione a cui partecipa anche la comunità di Giazza (Selva di Progno, VR) La manifestazione si conclude con la deposizione di una corona di fiori di fiori al cippo che ricorda il sacrificio di queste due straordinarie persone.


Riferimenti a questo episodio

 Sul n. 53 dell’Annuario del collegio arcivescovile di Trento 1986/87 Mons. Lorenzo Dalponte dedica l’articolo Un eroico obiettore: Leonhard Dallasega in due pagine e dedica la terza pagina web alla riflessione Una straordinaria lezione di fede e coraggio"

Il 2 settembre 2016 avevo letto l’articolo di monsignor Lorenza dal Ponte e lo avevo commentato con queste parole: “Ritengo questa una storia che dovrebbero leggere tutti per rendersi conto di come la guerra sia esecranda e insensata per quel poco di umanità che senza dubbio c'è ancora in tutti. Ci presenta anche un quadro di come allora le persone, malgrado le apparenti condizioni di libertà e di democrazia, erano trattate da sudditi e come il principio dell'obbedienza assoluta sia barbara e contro l'uomo".

Lo studioso Carlo Nordera, che aveva partecipato alla ricerca della sua identità, pubblica: “Mercante don Domenico e Leonardo Dallasega: ricerche per l’identificazione dell’ignoto soldato tedesco, echi di stampa e documentazione (Taucias Garëida, Giazza-Verona, 1995)”.

Altra narrazione del fatto: interessante ed illustrata, link --> http://www.televignole.it/non-ammazzo-un-innocente/; oppure

Eroi della nonviolenza: un itinerario in Lessinia sulle tracce dell’ “eroe di Giazza”.

Ricercando nel web con i nomi dei protagonisti di questa esemplare vicenda di altruismo si trovano tanti altri siti o blog, anche in Facebook.



Altri ricordi e foto dei luoghi in cui si è sviluppata questa toccante storia

Da "Eroi della nonviolenza: un itinerario in Lessinia sulle tracce dell’“eroe di Giazza" di Roberto Albanese:

Ore 20 del 26 aprile 1945. La signora Marcellina Ferrazzetta sente bussare alla porta della sua casa situata in contrada Bernardi a Selva di Progno. Sono i quattro fuggiaschi che chiedono di essere sfamati; dicono che vorrebbero anche pagare ma che non dispongono di denaro. Ottengono comunque da mangiare e, al momento del commiato, Leonardo regala alla signora come ricordo un piccolo crocefisso personale. I quattro proseguono insieme il cammino per un tratto della strada che porta a Giazza e poi si separano. Leonardo resta solo e passa la notte nel fienile di una casa allora disabitata (denominata Pontara) in località vicino ai Prolunghi. Alle otto e trenta del mattino Leonardo incontra in contrada Paradiso o Gioas di Giazza il signor Benigno Merzari, pensionato e già maresciallo dei carabinieri. Ma nel pieno della contrattazione spunta un gruppo di paracadutisti guastatori delle SS. Leonardo viene fermato e, dopo essere stato dichiarato “disertore”, è incorporato in questo reparto militare, forte di circa un centinaio di unità. E’ quindi costretto a seguirne il cammino verso Ala . Il sentiero è impervio e richiede almeno sette ore di marcia . “Non posso sparare ad un innocente, è un assassinio. Sono cattolico, padre di quattro figli, non posso…”, dice Leonhard. “Il soldato tedesco non può rifiutarsi di obbedire in nessun caso. Befehl ist Befehl – Comando è comando!”, replica l’ufficiale.

Il sottufficiale Daniel Helmuth ricorda che Leonardo Dallasega, il caporalmaggiore sudtirolese,  “per la sua allegria e la sua sincerità era da tutti ben voluto e ben visto”.

Il 27 Maggio 1945 ad Ala è condannato alla fucilazione un ostaggio, don Domenico Mercante parroco di Gìazza. sospettato d'essere un collaboratore dei partigiani. «Ma l`è un omicidio» disse il caporalmaggiore SS Leonhard Dallasega: «Mi no lo fasso». «Spàraghe subito o sparemo nantri anca a ti ››. «Ma mi gò quatro fiòi...» implorò Dallasega. «Spara o sparemo anca a ti» «Fasì quel che vulì. Ma mi no lo tasso» e quelli spararono prima al prete e poi a lui. E li seppellirono nella stessa fossa. Nessuna medaglia per lui - Leonhard Dallasega, moglie e quattro Figli - né italiana né germanica. E come lui ci furono altri soldati tedeschi - per esempio a Sant'Anna di Stazzema, in Toscana - che si rifiutarono di sparare sui civili, e vennero per questo giustiziati insieme a loro dai propri commilitoni. Santi, ancora prima che eroi.



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