Caratteristiche del territorio della Predaia:
storia, ambiente, carte di regola


Su indicazione del signor Claudio Chini, Radio Anaunia mi ha invitato a raccontare le mie conoscenze sul nostro ambiente. Riordino qui le cose espresse davanti al microfono, ampliandole.


Comincio a parlare di

Vervò

Trovandomi a Madonna di Campiglio nel 1959 come maestro supplente, il parroco di lì mi parlò del mistero del Castel Vervassium e delle lapidi votive rinvenute nella località dosso di San Martino. Da allora mi interessai alla storia locale.

Il maestro Francesco Gottardi (Zanco) ne era grande studioso e scrisse vari appunti sulla storia di Vervò dalle origini ai nostri tempi (http://pierocomai.altervista.org/). Nella sua ricostruzione dell’insediamento di persone a Vervò supponeva che le popolazioni in arrivo da noi venissero dal Basso Sarca passando da Molveno o Terlago fino ad Andalo. Guardando verso la Predaia capirono che c’erano possibilità di insediarsi fruttuosamente. Il gruppo che si diresse verso Vervò dapprima si soffermò al Dos Ciaslir e quindi si insediò al dosso di san Martino.


Dall’inizio del 1700, gli scavi al dosso di San Martino si susseguirono nel tempo. Il sacerdote Stefano Ghina iniziò con il ritrovamento delle 17 are o lapidi votive. Alcune ora sono esposte al Museo Maffeiano di Verona. In questi giorni si sta concludendo una prima fase di scavi , inizialmente promossi dal Comune di Vervò e poi continuati dalla Soprintendenza per i Beni archeologici della Provincia.

Le prime frequentazioni risalgono al neolitico e all’età del ferro. Seguirono genti gallo retiche, forse etrusche. La presenza di lapidi che citano veterani di legioni romane e il ritrovamento di monete ha fatto pensare a un posto fortificato romano, a un posto di controllo per il passaggio dalla val di Non alla val d’Adige attraverso il passo di Favogna o della Sella. Nel periodo delle invasioni barbariche lasciarono tracce, in particolare, i Longobardi per la presenza di varie tombe e oggetti di ornamento. Forse da loro viene la primitiva organizzazione del villaggio in arimannie.


    La storia documentata

di Vervò si basa su 54 pergamene del comune e 29 dell’archivio parrocchiale. Accanto alle pergamene ci sono poi numerosi atti cartacei custoditi ordinatamente nei due archivi. Trattano il controllo e le contese per i confini, la gestione della cosa pubblica, i rapporti con l’autorità del vescovo e con il pievano e la partecipazione alle spese per la pieve di Torra. 

Molta parte dei documenti della parrocchia trattano la gestione delle chiese per il loro decoro, per la gestione degli affitti, accettazione di legati e per le varie necessità.

Nell’insieme la vita della comunità si svolgeva in modo tranquillo mostrando una comunità coesa che seppe ottenere nel XV secolo il fonte battesimale e l’Eucarestia nella cappella di San Martino e, inseguito, un suo cappellano nel 1513 per evitare di dover dipendere completamente dalla chiesa madre di Torra. Prima della metà del 1400, in estate ed in inverno, si doveva partecipare ai riti religiosi a Torra; anche dopo rimase obbligatoria le presenza dei fedeli alla chiesa della pieve in alcune festività.

Era una comunità sempre ossequiosa e obbediente all’autorità vescovile ma fiera della sua autonomia.  Ad esempio si dice che, dovendo concorrere alla spesa per l’orologio sul campanile di Torra nel 1848, Vervò abbia risposto in prima battuta: “Parteciperemo alla spesa dell’orologio quando si potranno leggere le ore stando a Vervò”. Con questo atteggiamento il villaggio vive senza scossoni i piccoli e grandi cambiamenti. Non ci sono documenti di partecipazione di suoi cittadini alle rivolte contadine 1407 – 1477 ( palazzo nero) – 1525, né ai processi per le streghe. Il periodo più difficile fu quello dell’inizio del 1400 a seguito di pestilenze che ne ridussero la popolazione.

A fine '700 la chiesa di San Martino fu allargata con due cappelle laterali e dotata di nuovi altari: di particolare pregio è l'altare maggiore. Nel 1884 fu iniziato l’ampliamento della chiesa di santa Maria con volta a costoloni gotici. Il campanile era stato realizzato nella seconda metà del 1700.

altare di San Martino
cappella santa Maria
Altare ligneo di San Martino

Cappella di sinistra della chiesa di Santa Maria 1900/1943

Nel XX secolo

Segue un periodo di fervore di opere. Già nel 1881 era stato proposto un progetto per una rassica con l’acqua di val Ciarboi. La proposta non ebbe seguito. E all’inizio ‘900 avviene la costruzione dell’acquedotto potabile della Strenta e Val Ciarboi. Considerata la consistente portata d'acqua, era stato proposto dall’ingegner Lanzerotti di Romeno di produrre energia, ma si ritenne che fosse troppo costoso dopo le spese per l’acquedotto portato a termine nel 1905. Su progetto del Mayerhofer fu fatta funzionare una rassica all’entrata del paese, al Poz e una serie di fontane. L’acqua servi anche per l’irrigazione di parte della campagna.

Vervò accettò malvolentieri l’aggregazione con Tres voluta dal regime fascista a partire dal 1929, anche a causa dei precedenti scontri per il rispetto dei confini. La comunità, col prof. Francesco Gottardi Pitar, si batté e riottenne la gestione dei beni di uso civico del paese -ASUC-, e nel 1943 convinse il Comune a far arrivare il telefono a Tres e nelle frazioni.

Con il restauro del 1944/45, finanziato dall'Asuc e  dal concorso di tante opere gratuite, la chiesa di Santa Maria è stata impreziosita da una bella Via Crucis sulle pareti laterali ed altre figure e cartigli a fresco.

Nel 1950 fu ripresa l’autonomia con grande soddisfazione e i rapporti si appianarono. I ragazzi di Vervò, quando passavano per Tres, si sentivano intimoriti, ora non più.

L’emigrazione stagionale o di più lunga durata è una costante dal 1600 fino 1970.

La costruzione dell’acquedotto irriguo a pioggia del 1960 ha dato una svolta all’economia di Vervò. Il paese si è notevolmente migliorato ed espanso (anche troppo per mantenere una comunità unita e coesa). Conserva il fascino del complesso di edifici sacri di San Martino con il campanile, l’antica chiesa, la cappella dei santi Fabiano e Sebastiano, il Sepolcro come ultima stazione di una Via Crucis più volte rinnovata lungo la strada di accesso – l’attuale del 1912 mostra le formelle con bassorilievi significativi provenienti da Vienna-. Ricordo i suoi pregevoli altari e l’imponente affresco quattrocentesco di San Cristoforo che guarda alla campagna e al Brenta. Varie case portano sulle pareti rilevanti pitture a fresco di Madonne, san Giovanni Battista, e la bella mediana di casa “dotori” sostenuta da due leoni rampanti che sorreggono lo stemma della famiglia Gottardi. Sono diversi i portali in pietra ad arco con base, pilastri, chiave di volta decorati con figure geometriche stellate. In piazza centrale si può ammirare un bassorilievo del Calvario del 1660.



Nel mondo globale di oggi, per l’economia, il commercio, per l'istruzione, il turismo, lo sport, il desiderio di autonomia chiusa nel paese non lo ritengo un valore e fortunatamente ci si è aperti al comune allargato della Predaia anche se si sente qualche mugugno. Hanno fatto da apripista la cooperazione con i magazzini frutta riuniti, le associazioni sportive e le Casse Rurali. La partecipazione democratica (obbligatoria) della vecchia comunità rurale è venuta meno e, ultimamente, le iniziative per coinvolgere la popolazione sono veramente più teoriche che pratiche. Le speranze in una possibile integrazione del turismo si affievoliscono. Al tempo della seconda guerra mondiale si ebbe un turismo povero e diffuso delle famiglie sfollate che continuò per qualche decennio. Ora sono numerose le seconde case. Pensando all’insieme del territorio della Predaia col suo ambiente naturale e storico, ricco di attrattive, il turismo è ancora una risorsa non realizzata.


Personaggi di Vervò



Tres


Lo sviluppo della storia delle persone che hanno vissuto nei territori di Vervò e Tres, ha avuto un’origine e un andamento similare. In entrambi i paesi si parla di vestigia e reperti che risalgono alla preistoria. Secondo monsignor Paolo Zadra una tribù di pastori reto-etruschi occupava l’acropoli naturale di Tres al dosso di Mion, come a Vervò al dosso di San Martino. Più tardi, verso il 1000 a.C., si sovrappose, integrandosi, una colonia celtica. Nel periodo della campagna reto-vindelica (15 d.C.) l’ambiente fu prescelto dai Romani a scopo militare per il suo carattere strategico, e il fortilizio, sorto al dosso di Tres: sorvegliava la via militare, ausiliare della Claudia Augusta proveniente dal passo Predaia. Si tramanda che sussiste il tracciato della via romana passante per la località di Fiogn. Don Paolo supponeva che la strada romana scendesse, poi, verso Sud attraverso la campagna di Malgol e riteneva che esistesse un posto di ristoro o taverna ai piedi dei “Zirodi” (bivio per Dardine). Sempre secondo monsignor Paolo Zadra la presenza nel periodo barbarico dei Longobardi è testimoniato da ruderi ormai scomparsi di un loro castello o fortilizio in località “Lama”. Si suppone che le pietre e parti nobili di questo edificio siano servite per la costruzione di Castel Bragher nel corso XIII secolo.


Ė probabile che sull’acropoli naturale del Doss di Tres all’epoca dei Carolingi (802 d.C.) sia sorto il primitivo sacello dedicato alla vergine romana sant’Agnese. E lì sorse la torre allodiale dei Flavon, successivamente dei Tres, Coredo e dei conti Thumera. La chiesa che ne prese posto, detta di Santa Maria, risale ai primi anni del 1300. Fu ricostruita nel successivo secolo da maestri comacini in stile gotico. Conserva importanti cicli di pitture a fresco (interni ed esterni), alcuni dei quali di Giovanni e Battista Baschenis de Averara. L’altare maggiore è dedicato a sant’Agnese e i laterali a Sant’Orsola e Santa Caterina. Sulla parete c’è lo stemma del donatore ser Nicolò notaio abitante a Rumo con data 1474.

Nel 1795 l’incendio della rocca e di 15 case coinvolse il campanile e la struttura esterna della chiesa. Anche Tres ottenne il battistero per la chiesa di Sant'Agnese e il suo cappellano a metà del 1550. Esisteva la chiesa quattrocentesca di San Rocco al centro del paese. A metà dell’ottocento questa fu demolita e prese forma una nuova chiesa di San Rocco. Più tardi il suo interno fu decorato da Metodio Ottolini con pregevoli affreschi e la grande pittura dell’abside che raffigura il trionfo di sant’Agnese accolta in cielo da Dio padre, Gesù Cristo e la Madonna, accomunati dalla Croce, dalla colomba dello Spirito Santo, da schiere di angeli e, in basso a sinistra, da San Romedio, San Rocco, San Vigilio e San Sebastiano, a destra dai tre Santi Martiri Anauniensi). Prese quindi il nome di parrocchiale di Sant’Agnese. Nel 1910 fu pure eretto un elegante campanile di pietra bianca locale. Si dice: ”Dal ciampanìl de Tres se conta zento e un paés”…


Vicende di Tres

Tres dipendeva e contribuiva al sostentamento dalla Pieve di Taio. Il suo territorio fu ingrandito nel 1474 con il prezioso "Privilegio di Malgolo", l'accordo della cessione della località "Malgolo" da parte della comunità di Vervò. Le decime di Malgolo continuarono ad essere pagate alla pieve di Torra. La vita nel villaggio di Tres era organizzata in modo simile a quella di Vervò.


Nelle carte di regola si accenna alla elezione di due regolani e di un sindaco fra gli aventi diritto di vicinato. La saltara (carica dei saltari, sorveglianti della campagna e della montagna) era stabilita a ruota e obbligatoria. Era obbligatorio che il rappresentante di ogni famiglia fosse presente alla regole e che gli eletti non potessero rinunciare all’incarico. A Tres il regolano maggiore era un nobile che doveva essere presente alla regola maggiore di maggio.

I rapporti di Tres, oltre a quelli con Vervò, erano con i conti Thun di castel Bragher, con Taio e gli altri paesi confinanti.

Tres, assieme a Taio e i paesi della pieve di Torra eccetto Priò e Vervò, godevano la montagna della Predaia e del Corno in comune distinta in quattro colomelli (suddivisioni): Tres – Taio - Segno,Vion e Torra - Mollaro, Tuenetto e Dardine. a regola dei monti si riuniva sulla piazza di Vion nel mese di luglio. Nel 1700 seguirono degli accordi che portarono ogni villaggio alla sua proprietà.

I contrasti non mancarono ed anche le cause per i confini sono un tema ricorrente e duraturo. Tentativi di sconfinamenti e di non stare agli accordi non mancarono.

Tres era molto popolato e raggiunse quasi un migliaio di abitanti nel 1911. Un importante fattore di sviluppo fu la costruzione dell’acquedotto potabile del 1859 che prende l’acqua da varie sorgenti lungo il rio Sette Fontane (rio Valle). Successivamente, nel 1932, si era progettato di avere un bacino di raccolta per l’acqua irrigua con la costruzione di due robusti muraglioni all’estremità di una vallecola. Il sogno andò deluso per mancanza di permeabilità del terreno. In seguito si riuscì a impermeabilizzare completamente questo invaso e da allora il territorio del comune cambiò completamente: si susseguirono grandi lavori di bonifica con estesi impianti di frutteti. Con l’arrivo dell’elettricità si costruirono in paese le segherie e i mulini che determinarono nuovo impulso.

Tres, ricordato per i suoi spizoclini (tagliatori e modellatori di pietre), continua nelle attività imprenditoriali nel settore del legno (falegnameria), produzione di aceto, succhi di frutta e birra e nella ristorazione. Le iniziative per stimolare il turismo sono state continue: percorsi, segnaletica, informazione. Tres oltre alla sue due belle chiese offre al visitatore e agli abitanti stessi numerosi affreschi religiosi sulle paresti delle facciate e almeno tre meridiane solari. Più importanti sono svariati portali di entrate alle case in pietra con le chiavi di volta che indicano l’anno di costruzione e le iniziale del padrone di casa. Il più significativo, in pietra rossa, è quello alla casa de Campi, sul dosso, formato da due pilastri portanti e l’architrave recante lo stemma gentilizio con un leone che allunga la zampa verso una coppa. Porta da data dell’anno 1566. Anche a Tres il fenomeno dell’emigrazione è stato importante alla fine ottocento e in epoche successive soprattutto verso gli Usa e stati americani.

Il paese di Tres ha visto parecchi suoi cittadini partire come missionari verso America e l’Africa. Fra questi merita una particolare menzione monsignor Angelo Negri, padre comboniano; poi lo studioso monsignor Paolo Zadra, il professor Zadra Celestino e il professor Giuseppe Gaiardelli La famiglia nobile Conci istituì una fondazione per l’istruzione di fanciulli e fanciulle che continuò la sua opera fino al termine del secolo scorso.



Priò e Vion


Dopo aver parlato di Vervò e di Tres dovrei parlare di Priò e Vion, i due paesi che completano a valle questo territorio. Sono stati due centri agricoli attivi nel corso degli anni. Vale la pena ricordare che Priò nell’anno 1804 aveva in tutto 28 famiglie (fuochi), di cui 17 "Nobili Rurali" e solo 11 famiglie di contadini ordinari. Questi ultimi dovevano sostenere quasi tutti gli oneri della comunità ed essere impegnati troppo spesso nelle cariche comunitarie, obbligatorie e gratuite (rimborso spese). A seguito dell’azione del sindaco Giovanni Battista Tomazzoli, che presentò un'istanza al governo e all’Imperatore, i privilegi dei nobili rurali furono aboliti nel 1807 dal re di Baviera Massimiliano e poi confermati dall’imperatore d’Austria.

Una caratteristica di Priò è la sua chiesa dedicata a San Michele posta sul colle, vecchi mulini in valle, i tracciati degli acquedotti verso Toss e Dardine e altre curiosità dell'ambiente circostante.

  Vion, scherzosamente, è detto “la capitale”, sulla sua piazza si riunivano i rappresentanti dei quattro colomelli per deliberare e regolare la montagna del Corno e Rodezza fino a quando non si è giunti a una separazione concordata. Di là si gode una splendida vista sulla valle e verso i suoi monti. Vi risiedevano i nobili de Melchioribus, La poesia di Anselmo Chini ricorda con nostalgia la “Glesiòta da Vion”, dedicata a san Sigismondo frequentata da quelli che si recavano in montagna, "s' a le zime".



L'ambiente naturale


Il terreno dei paesi che dell'altopiano Predaia è modellato in modo vario, rigato da tanti ruscelli (Verdes, rio Valle, Pongaiola, Rinassico). Il territorio ondulato con dossi prominenti e larghi pianori, vallecole e versanti ben esposti è stato favorevole all’agricoltura di sussistenza di una volta e tutt’ora alla coltivazione intensiva dei meli che si è esteso anche piccole zone boschive o incolte. Infatti, il paesaggio in questi ultimi cento anni è fortemente cambiato. Sono stati eliminati boschi di pino rosso e di latifoglie, i vari giazi, e le mosne con estese bonifiche e iniziative private. La toponomastica del territorio era ricca di denominazioni particolari nella campagna, in montagna e lungo le strade. Alcune ci ricordano come nel passato si coltivasse la vite nelle posizioni meglio esposte: Vin, Vinaz, Torchel, Vit, Vignal. Nel territorio ci sono posti panoramici che guardano sulla nostra bella valle. In posizione dominante sono Priò, Vion e Tres, come Smarano e Sfruz e soprattutto tutta la zona alta della Predaia.

Il territorio è punteggiato da particolarità naturali: la grandiosa grotta del Còel, il Maso dal Mont di Vervò, la grotta delle Dodes Fontanele di Priò, i resti di mulini in Val Pongaiola, il bacino di Tres, la Busa de la Croseta e “el Lac del bos-c”, el Vout de le Vintiset Fontane, la fontana del Pez, i Sette larici, el Buson in Predaia. Ci sono poi varie calcare e el Bus della pegola, tutte località che si possono raggiungere e ammirare con facili escursioni. Nei boschi e nella campagna possiamo imbatterci in vari sassi erratici di granito con i loro toponimi: el sas de San Romièdi, sass da Tinquest, Sass da Lin, Sas Zummela, sass del Liever. Meritano una visita le chiese dei vari villaggi.

In montagna ci aspettano le malghe (di Vervò, di Tres e di Coredo) ed i rifugi Sores, Predaia, e il ristorante Solarium con le piste di sci. Il crinale dei monti ad Est, dalla Roccapiana ai Cimoni e al Corno di Tres, che prosegue per le Coste belle fino al Roen, offre punti panoramici sulle Dolomiti e la Val d’Adige a Est, e verso la Val di Non con il Brenta e le Maddalene.









            Val d'Adige dal Corno del Cervo                                    Gruppo Brenta dal Corno di Tres


Pensando al insieme del territorio della Predaia col suo ambiente naturale e storico ricco di attrattive il turismo rimane una risorsa non del tutto realizzata. Cinquant’anni fa era stata lanciata nei paesi da Ton a San Zeno la richiesta della costruzione di un ponte fra Toss e Dardine. Con adeguati raccordi può essere riproposto: servirebbe per le persone, per l’economia e per il turismo… Vedremo.


Rapporti fra i paesi

I rapporti fra i paesi, al di là delle contese per i confini, erano frequenti per stradine e sentieri. Si intrecciavano amicizie e scambi di conoscenze, non di rado unioni matrimoniali, talvolta processioni votive. In particolare erano frequenti li scambi fra Tres e Coredo, fra Vervò e Sfruz.

Ricordo un aneddoto che spiega il soprannome degli abitanti di Vervò: asni (asini). Sfruz era famoso per l’arte dei fornellari iniziato con Cristoforo Cavosi nel 1500. Talvolta questi artigiani facevano arrivare dell’argilla grigia della Val Pongaiola di Vervò trasportata da asini. Quando giungevano in paese erano accolti da “Ecco i asni da Vervò, i è arrivadi”.

Il sentiero che porta da Vervò a Sfruz attraverso le “set val” era molto frequentato ancora dai tempi dei romani, come ricorda il capitello “alle Sort”, posto lungo l’antica strada per cui passarono i soldati romani e fu percorsa nei secoli dai pellegrini che si recavano al santuario di San Romedio venendo dalla Val d’Adige passando per Vervò.



Le carte di Regola

La lettura delle Carte di Regola ci dà un quadro di come si svolgeva la vita nei villaggi al tempo del medioevo fino al tempo di Napoleone e in parte anche dopo. Gli organi delle comunità rurali erano i regolani, i saltari, i sindaci procuratori, il regolano maggiore e varie figure con compiti di volta in volta da assegnare con giuramento.

La funzione dei regolani era quello di interessarsi del buon andamento della comunità, di decidere su controversie e di tenere il conto delle varie entrate (colte, metude, tasse, affitti di terreni o di appalti) e delle uscite pagate in natura, (spese per necessità della comunità, rimborso ai saltari o ad altre persone che lavoravano a tenere in ordine il paese le condotte d’acqua, le fontane, guardiani del fuoco, pastori delle mandrie, rimborso viaggi). Alla fine dell’anno di carica dovevano rendere conto delle entrate e delle spese ai revisori portando le pezze d’appoggio in pubblica seduta. L’assemblea ascoltava attentamente e approvava, ma in caso di spese non giustificate o gonfiate (viaggi per acquisti, per pastori o artigiani non del luogo, per cause presso l’assessore delle valli).

I saltari di campagna, di montagna,della vendemmia erano tenuti a sorvegliare con cura il proprio e segnalare i trasgressori, richiedere poi il pegno (pignorare) per i danni fatti secondo la regola. I saltari avevano anche il compito di tenere puliti i canali e condotti delle acque. Essi venivano controllati dai vicini stessi che potevano, meglio, dovevano, segnalare le inadempienze.

Il regolano maggiore (normalmente un nobile della valle, ma per Vervò il sindaco di san Martino) doveva essere presente alla regola maggiore, ricevere il giuramento. Egli interveniva a dirimere questioni in seconda istanza dopo i regolani dell’anno.

I sindaci procuratori venivano eletti in assemblea per rappresentare le ragioni della comunità nelle varie cause. L’organo principale era l’assemblea che doveva proporre regole, confermarle o variarle, decidere sul diritto di vicinato, rinnovare le cariche, decidere su questioni generali, talvolta avallare le pene. Alcune “regole” erano a data fissa, altre a seconda delle necessità. alcuni articoli di regola fanno capire quale doveva essere il comportamento di vicini e foresti. Sono interessanti quelli che impongono ai vicini, testimoni di trasgressioni, di denunciarle in regola e quelli che obbligano a dare manforte al saltaro o ai regolani per richiedere i pignoramenti ai colpevoli di infrazioni.

I capitoli di regola dovevano essere confermati dal vescovo di Trento con possibilità di correggerli o emendarli come meglio ritenesse. Leggiamo ad esempio: – Sabato 13 febbraio 1694 dal Castel del Buon Consiglio il vescovo Giuseppe Vittorio Alberti d’Enno emana il decreto di conferma dei capitoli della carta di regola della comunità di Tres,


Contenuto

Il testo delle Carte di Regola ci presenta un quadro d’insieme di una comunità che vive ordinatamente sul lavoro agricolo e l’utilizzo in comune della montagna. Gli animali - le mucche, i buoi, le pecore, le capre, i maiali - giocano un ruolo di grande importanza per il sostentamento della comunità. Molti capitoli precisano il modo di provvedere loro cibo sufficiente stabilendo dove, come e quando possano pascolare, fissando il periodo della fienagione dei prati in campagna e in montagna.

Alcuni capitoli trattano dei diritti e obblighi dei vicini, della possibilità di rinuncia al vicinato e delle modalità del rientro a godere dei beni comuni. Una notevole parte degli articoli riguarda i compiti dei saltari per controllare il territorio onde evitare abusi e danneggiamenti. Altri capitoli specificano quali erano gli abusi che potevano verificarsi. Altri regolano disciplinano le attività della comunità economiche come le calcare, le carbonare, gestione del “banco del pan”, vendite verso l’esterno da parte dei privati.

Gli eletti e delegati a preparare i capitoli della carta prima giurava corporalmente sui Vangeli di preparare i capitoli senza odio o amore o timore, lasciando ogni falsità.

Seguono alcuni capitoli interessanti delle carte di regola di Vervò, Tres, Priò, Vion raggruppate per argomento


L’assemblea di regola e le cariche

Vervò - Che la regola sia tenuta in questo modo: il regolano stabilisca il giorno della regola e il saltaro dovrà chiamarla nel solito modo e che sia tenuta in piazza della villa nel luogo consueto o altrove come meglio sarà conveniente et quando detta regola sarà convocata qualsiasi dei migliori uomini debba comparire a detta regola e chi contravverrà sarà punito con tre grossi ogni volta.

Item hanno statuito e ordinato che tutti li Giuramentari di Vervò, cioè Giurati, Regolani, Saltari o Sindici, quando una volta ciascheduno averà pigliato il giuramento, un tale debba perseverare sino che averà terminato il suo anno, né possa absentarsi, né star fuori di casa per qualche tempo, nemmeno sostituire altri in suo piede senza l'espressa licenza di tutti li Vicini di Vervò ottenuta in pubblica Regola sotto pena de lire tre per cadauno e cadauna volta e giorno starà fuori del logo d'applicarsi come sopra, e pagar il danno che per sua colpa e mancanza venisse cagionato. Ogni eletto a giurato (carica giurata) in detta villa per qualche utilità e necessità debba accettare in pena di 12 grossi per ogni volta [che rifiuta].


Tres - Alla regola di San Giorgio, dopo la resa dei conti dei vecchi regolani siano elletti due altri regolani con il consenso d'otto o dieci uomini probi: e dopo eleggere a ruota due saltari, per la custodia dei terreni alternandosi giorno dopo giorno, il giorno di festa tutti due ed eleggere i due saltari delle vigne penna di grossi sei per cadaun giorno ed riffar (rifondere) il danno. Quindi in piena regola sia eletto il sindico della detta villa di Tres, con consiglio d'otto ovvero dieci uomini probi, per dover far tutte le cose del suo ufficio.

Obbligatoria la presenza del regolano maggiore alla riunione della prima domenica di agosto, collazione e un paio di pollastri a lui e all’accompagnatore. ... – divieto di portare armi sopra la regola ad eccezione dei saltari che possono portare le sue roncole: sotto penna di lire cinque per cadauna volta - ... Se qualcuno in regola avrà ingiuriato un altro o costretto alla menzogna sia condannato in grossi dodeci per ogni volta. Queste disposizioni sono presente in tutte le regole in questione.

Dardine – Viene fissato e fatto giurare un regolano e un saltaro a ruota da san Giorgio a san Giorgio.

Vion - Alla presenza del regolano maggiore, nell’ottava di San Giorgio, l’assemblea di regola elegge il regolano minore che per amministrare la giustizia sceglie un altro dei vicini di Vion. Si eleggono poi “doi saltari, a' quali toccarà la sorte per ordine andando secondo la roda e consuetudine della comunità.”


Obblighi dei regolani


Vervò - E se i regolani sono chiamati a stimare il danno in qualche posto, sia al monte che al piano, e si rifiutano di andare, allora siano condannati in sei grossi per ogni volta. E se il regolano maggiore è richiesto e non volesse, sia puniti in libre 5 di denaro per ogni volta.


Compiti del saltaro

E fu detto e stabilito che i saltari di campagna di Vervò siano costituiti ed eletti come nel passato, uno che custodisca un giorno e l'altro il giorno seguente e siano tenuti a farsi un tegeto (riparo, teza) sul dosso Liro e da Grum, salvo che nelle vigilie di festa e nei giorni di pioggia e di sabato dopo mezzogiorno ambedue siano tenuti a custodire la campagna e le frugi di campagna.

… E che i saltari delle viti deputati siano tenuti ed obbligati a giurare custodia delle viti e del frumento dalla prima domenica di agosto fino alla fine della vendemmia e che per la festa di san Lorenzo debbano aver costruito i loro tegeti (le teze) onestamente in pena di sei grossi (lire) di denaro per qualunque giorno, ogni volta che il saltaro non sarà trovato a custodire la sua saltara sia condannato a tre grossi di denaro per volta e a rifondere il danno se qualche danno sarà trovato.

… i saltari siano obbligati ad andare alle case dei danneggiatori per prendere i pignoramenti dalla casa e chi abbia contraffatto sia punito in grossi tre di denaro e se qualcuno nega il pegno al saltaro sia punito in sei grossi e se qualcuno lo nega ai regolani sia punito con 12 grossi di denaro e se lo nega (rifiuta di consegnarlo) ai giurati di san Martino, cioè ai regolani maggiori di Vervò, sarà punito in grossi cinque.

... I saltari devono denunciare i danneggianti entro tre giorni o pagare del proprio: un terzo delle condanne a san Martino, un terzo alla comunità e un terzo al saltaro.


Obblighi e pene

Tres - Ogni volta che dal saltaro serà ritrovato nelli campi, pradi et vigne porzi, cappre, bezze, buovi, vache, asini over cavalli, che di quelli che sarano tali animali siano condanati nella penna sottoscritta, cioè per una bezzia, capra, bue et vacha un carantano, ed per un cavallo, asino ed porcho due carantani, ed riffar il danno.

Item hanno statuito ed ordinato che cadauno, tanto terriere quanto forastiero, che habbi canni, che quello o quelli siano obligati essi cani tenerli in casa legati: e che più presto che saranno dalli saltari tali cani nelle vigne ritrovati nel tempo che le uve sono buone, che li patroni d'essi cani debbino esser condannati in grossi sei per cadauna volta, ed rifar il danno.

Dardine - Item stabilirono e ordinarono che nessuna donna della villa di Dardine abbia l’ardire o presuma di cogliere una cesta di uva al tempo della vendemmia delle viti nelle pertinenze di Ardeno; et se il saltaro avesse voluto guardare nella detta cesta o nel grembiule ripiegato (gaida) e negasse al saltaro di mostrare, la contraffacente sia punita in sei grossi per ogni persona e per ogni volta con la sovrascritta pena.

Vervò … nessuna persona, né terrigena, né forestiera, osi e non presuma andare a prendere uva nelle vigne altrui né altri frutti in pena di tre grossi di giorno e dodici se di notte ogni volta e a restituire il danno salvo il diritto d'ufficio.

… - E se qualcuno sia trovato a prendere rape, rapanelli, ravizze e legumina in campi altrui sia condannato a tre grossi ed a rifondere il danno.

... - Hanno statuito ed ordinato che ritrovando qualsiasi persona far furti d'arbori d'altri, bagiane (bacelli, piselli) o vua da vigne, o fusti d'altri boschi in pena di grossi sei per volta d'applicarli la metà alla comunità e l'altra metà al saltaro, et nulla meno saranno tenuti a rifondere il danno; essendo di notte si duplicherà la pena.

... - E che ognuno sia tenuto a tenere ostruiti strupati i propri vaioni (recintati gli accessi al podere);

… - Nnessuno osi lavare drappi o panni alla fonte o ai pozzi né... ripulire secchi.

- divieto di tagliare alberi, peci, avezi, larici nelle proprie proprietà senza licenza per venderli a forestieri sotto pena di tre grossi per piede.         (foto con Sfruz e Smarano dal bosco di Tres)

… -Se non si trovano pastori per l’avogara di vacche e capre è obbligato ad andare il migliore di casa a ruota fino che non si trova il pastore.

... - Obbligo di mandare le proprie bestie al pascolo col pastore.

... - Obbligo di recinzione dove passa la vogara (gregge, mandria di animali).


La terra del lago (lin)

Tres - … che à niuno sia lecito condure via la terra dal lago senza la licenza. se qualcuno avrà preso "lin", cioè fango, dal lago con le bestie, sia condannato di un grosso per ogni bena.

Priò - Nessuno possa prendersi fango, ossia grassa, dal lago de Priò se prima questa non sarà stimata dai regolani di Priò in pena di otto grossi per ogni bena (grossa cesta di vimini da trasportare col carro).

Dardine - Nessuna persona della villa di Ardine ardisca né presuma di prendersi e portar via terra dal lago comune di Ardine: e chi avrà contravvenuto sarà punito in tre libre di denaro.

Vervò - Il “lin”, ossia il fango, che si forma nel "Lago" sotto la chiesa di Santa Maria viene affittato. Questo affitto si rinnova di anno in anno


Obblighi dei vicini e foresti

  Vervò - Primo hanno statuito ed ordinato di onorare le sante feste e di domenica; deve essere osservato di più nelle feste di sant'Domenico, di sant'Eusebio et di san Martino e san Fabiano e Sebastiano; sotto la pena medesma concorrere alle processioni di sant'Eusebio et di san Marco e Rogationi almeno uno per vicino (a Torra): sotto la pena de troni due, quali deve “l’amettà” alla fabrica di san Martino, l’altra mettà al sindico di detta chiesa per sua discomodità di scodere (riscuotere).

 - Item hanno divieto di lavorare con o senza buoi in alcune feste.- poi andare alle processioni alle croci (Rogazioni).

Priò - È stato detto, statuito et ordinato che tutte le feste introdotte in onore di Dio e della beata vergine Maria e di santi apostoli et altri santi siano honorate, festivate, et niun della villa di Priodo ardischa lavorare in casa né fuori casa: sotto pena de grossi dieci per cadauna persona e cadauna volta, la qual pena s'applica alla chiesa de santo Michele di Priò, salve le pene della superiorità ecclesiastica.

- Item hanno ordinato e statuito, se qualche persona delli vicini de Priò recusasse d'andare con li regolani in qualche differentia pertinente con la regola o pignorar qualche disobbediente, recusando, sia punito per cadauno e per cadauna volta in grossi dodese: la qual pena sia applicata ut infra.

... -E fu ordinato e stabilito che le fonti esistenti nei prati e nei rivi di Vervò, sia in monte che in piano, non siano impediti da persona alcuna, né strupati (recintati, bloccati) tanto per le persone che per le bestie in pena di sei grossi per ogni persona e ogni volta.

- ... ogn’anno il giorno dietro San Lorenzo, … i saltari vecchi del bosco, con l’assistenza di uno dei Giurati o Regolani siano tenuti ed obbligati andar a mostrare ed indicare ai saltari nuovi tutti i termini dei boschi.


Anche i vicini erano tenuti a effettuare il controllo dell’uso corretto della montagna. Nel capitolo 36 del 1532 si legge: “E se qualcuno dei vicini di detta villa di Vervò troverà qualcuno che taglia legna ingazzata in detti luoghi banditi e ingazzati è tenuto ad accusarlo di fronte alla regola e metà della pena sarà sua e metà alla comunità di Vervò.”


Amministrazione delle chiese

Per quanto riguarda Vervò, dopo avere letto i documenti delle chiese di San Martino e di Santa Maria, è evidente che la gestione delle chiese era simile a quella della comunità rimanendo nel loro ambito di competenza. I due sindaci e altre persone giurate venivano eletti e rinnovati ogni anno. Dal 1664 un capitolo aggiunto alla regola del 1532 concede la possibilità agli abitanti di Vervò, senza diritto di vicinato, di assumere le cariche di sindaci e giurati delle chiese, una possibilità che in pratica diventava un obbligo.

Penso che anche nelle altre località si sia agito in questo modo.


Conclusione

  Sono interessato alle vicende delle nostre comunità rurali con le loro regole, ma in esso non cerco virtù scomparse, né l’eroismo degli stenti sopportati in quei tempi che ognuno bene immagina. Cerco di capire i modi del vivere quotidiano, i rapporti fra le varie componenti di quella società immersa in un ambiente inesplorato, incapace di capire e dominare le forze della natura, scarsa di fonti energetiche oltre alla forza animale e muscolare. Ci vedo una società più o meno come la nostra con i problemi di tutti i giorni ma in un contesto ben diverso, con uno stringente controllo sociale. Per il funzionamento della comunità sono da pagare, le decime e le colte e le collette, i riparti e partecipazione gratuita al mantenimento dell’ambiente. Gli stessi debitori o contravventori di leggi ed usanze si trovano di volta in volta impegnati a fare gli esattori, i controllori. L’autonomia delle comunità era strutturata per trovare al suo interno i modi di assolvere a queste incombenze da parte di tutti. Il lavoro è poco gratificante e oneroso e pertanto molti lo avrebbero schivato: ecco allora che si pensò di dare gli incarichi a ruota. Malgrado tutto il sistema funzionava e tutti si rendevano conto come fosse difficile sorvegliare e far rispettare le leggi quando toccava la “roda”. Nella nostra società attuale si verifica spesso un certo distacco fra chi comanda e il cittadino. Le intenzioni di promuovere la partecipazione stentano a decollare. Ma il tempo scorre e vale la pena essere ottimisti: i segnali non mancano.


Una bella foto scattata dalla campagna di Smarano
con il Bacino di Tres e i suoi Tre Colli e due campanili.