il villaggio di Malgolo


Malgolo della pieve di Torra

Castello di Malgolo Per molti che conoscono la Val di Non, ed anche per molti nonesi, il nome MALGOLO ricorda un ridente paesino lungo la strada che da Demulo porta alla Mendola dopo l’antico paese di Sanzeno, con la basilica dei martiri Sisinio, Martirio, Alessandro e il moderno museo retico. Forse conosce l’antico castello di Malgolo che si è sviluppato da semplice torre a residenza nobiliare, posto oltre la strada che porta nell’alta Val di Non. Pochissimi, ad eccezione degli studiosi di vicende passate, sanno che un omonimo Malgolo esisteva nell’odierno territorio di Tres. Malgolo o “Margol”, sulla sponda destra del “Rio Maor” Rio Maggiore, per gli abitanti di Tres è dintorni, è un’estesa località di campagna che si attraversa percorrendo la strada che scende da Tres a Priò.

Come sintesi di quanto ho letto e sentito negli anni, provo a ricostruire le poche verità storiche e qualche ricordo della tradizione su Malgolo di Tres, l’antico villagio, il suo territorio, il signore che vi risiedeva. Non saprei se la ricerca storica ultimamente abbia messo in luce nuove evidenze e soprattutto se ci siano consitenti legami fra il Malgolo della pieve di Torra e quello della pieve di Sanzeno.

Importanti notizie sulla località di Malgolo e dei signori di Malgolo della pieve di Torra si ricavano dalla dotta memoria scritta nella seconda metà del 1800 da monsignor Giovani Battista Menapace di Pavillo dal titolo“Malgolo nella pieve di Torra. In essa ci sono anche accenni di relazione fra i Malgolo di Torra coi signori de Concini di Casez-Malgolo.

Come accennato, nell’ampia zona di campagna dell’odierno catasto di Tres denominata “fuèr a Margol” o Malgolo, precisamente alle “Ciasozze o al Boion”, sorgeva un piccolo villaggio della Pieve di Torra con i suoi abitanti e attorno i  beni comuni e i possedimenti privati ben definiti. Il villaggio godeva anche di possedimenti comuni all’interno della montagna di Vervò in località “in Val”. Qui si incrociavano l’itinerario più breve che portava da Vervò alla sede di Torra e la strada da Tres a Priò.

Un primo ricordo storico ci arriva da una pergamena dell’archivio di castel Thun, scritta e pubblicata dal notaio Odelrico il 15 agosto 1253 dalla villa di Malgolo. Il regesto di questa pergamena dice: "Delaitus" da Vervò, abitante a Malgolo, cede al "dominus" Albertino del fu Morello Thun tutta la sostanza di Fontana, sua moglie, figlia di Marsilio da Malgolo.

Il 29 agosto 1356 inizia una lunga causa fra Vervò e Tres per il diritto di pascolo dopo la segagione sul territorio della Predaia. A più riprese sono chiamati al luogo del giudizio di Pavillo come testimoni persone dei due paesi e dei paesi circostanti. Fra queste figurano anche testimoni di Malgolo di Torra: il 25 ottobre 1356 Giovanni di Malgolo e una seconda persona di Malgolo il 14 dicembre. Il 19 febbraio 1357 é la volta di Simeone di Malgolo invitato a presentarsi a Pavillo dal messaggero Turoldo di Taio.

Quindi, nella“Charta designationum” delle decime della Val di Non per il capitolo della cattedrale di Trento dell’anno 1360, è nominato un Odorico di Malgolo per beni e decime della pieve di sant’Eusebio (Torra).

Al numero 22 della capsa 28 dei Regesti degli Archivi del Principato Tridentino del primo marzo del 1387,  che tratta del computo dei livelli gafforiali delle Valli di Non e di Sole (imposta in grano o altri cereali che andava versata direttamente alla Mensa Vescovile di Trento), è scritto che, fra le altre ville, era tenuta al pagamento anche la villa di Malgolo della pieve di sant’Eusebio (Torra) senza precisare le staia di grano. Non figura invecee Malgolo di Sanzeno, ma Piano di Sanzeno.

Da quanto spiegato nella citata memoria su Malgolo della pieve di Torra appare certo, ma senza documenti diretti, che nel villaggio di Malgolo viveva un casato nobile con la sua torre. Se ne ha conferma dalla lettura della Capsa 9 al n. 38 del 10 dicembre 1406 in Trento. Il vescovo Giorgio di Liechenstein dichiara nobile il signor Nicolò fu Giovanni di Malgolo della pieve di sant’Eusebio (cioè di Torra) in val di Non nato da stirpe nobile e che nobile sia coi suoi discendenti, benché la sua ava fosse stata popolare e plebea, e inoltre gli dà permesso che possa comperare possessi di altri nobili e che degli stessi possessi sia libero dal pagare oneri e collette.
La tradizione orale raccolta da monsignor Menapace racconta che i signori di Malgolo avevano anche due torri di residenza nel paese di Torra dove passavano l’inverno.

Gli urbari dell’archivio di Torra documentano donazioni alla chiesa di Torra fatte da detti signori: quattrola pieve di Torra appezzamenti di terreno, un altare con annesso sepolcro per la loro famiglia. In cambio la chiesa si era assunta l’obbligo di celebrare per i signori di Malgolo due sante messe in perpetuo, il giorno della Commemorazione dei defunti e l’ultimo giorno delle rogazioni. Inoltre nel giorno dei Morti alla messa si dovevano tenre accese tre candele e cantare il “Libera me, Domine”. Sia l’altare sia il sepolcro non esistono più perché la chiesa fu riedificata e ingrandita nel 1600 dall’arciprete Matteo Menapace di Pavillo. Della vecchia chiesa rimane il campanile romanico e l’affresco che si trova sopra la porta maggiore risalente al 1300. Di questi signori era tramandato che fossero assai ricchi. Era voce diffusa che avessero donato alla chiesa di Torra una grande quantità di argento per la fusione di una campana che aveva un timbro molto squillante.

stemma ConciniLa famiglia nobile dei signori di Malgolo si estinse all’inizio del 1400, molto probabilmente dopo il 1407. In quel periodo la villa di Malgolo fu colpita da una grave epidemia di peste che causò la morte dei componenti della famiglia dei Malgolo e di moltissimi abitanti. Dei nobili di Malgolo sopravvisse solamente la figlia del nobile Giovanni Bona che, secondo la tradizione, si era recata da parenti presso i signori d’Este. Certamente nel 1414 essa sposò Corrado de Concini di castel Casez, e portò tutti beni della sua casa in quella dei Concini (vedi stemma accanto). I nomi e l’epoca del matrimonio combinano perfettamente anche colla probabile epoca dell’estinzione dei Malgolo di Torra.

È probabile che i superstiti del villagio, assai ridotti di numero, siano stati aggregati a Vervò per quanto riguarda gli aspetti temporali e i rapporti con il fisco mantenedo distinti i loro possedimenti individuali e comuni. Da allora ci sono pochi cenni su abitanti di Malgolo: fiscalmente le sue pertinenze erano tassate per un fuoco e un quarto tramite la comunità di Vervò. All’inizio del 1600, secondo tradizione, il villaggio era del tutto abbandonato e non rimanevano che le rovine. Monsignor Menapace riferisce che verso la fine del 1700 erano presenti e visibili le macerie del castello e delle case. In seguito il terreno ricoprì il tutto tornando campagna.

Pare che anche Vervò sia stato colpito dall’epidemia di peste in quegli anni. Nel 1416 la comunità di Vervò si trovava in miserevole situazione e avava grande difficoltà a pagare le varie imposizioni. Pertanto al duca Federico d’Asburgo chiede supplichevole la diminuzione dei fuochi per il pagamento di servitù, steure e altre esazioni. Il duca concede a Vervò di pagare le imposte sulla base di venti fuochi descritti al posto dei precedenti quarantuno fuochi fino a quando la comunità non si fosse ripresa.

Vervò era tenuto a pagare imposizioni per un fuoco e un quarto per la comunità di Malgolo, onere ritenuto eccessivo, e propone a Tres di incorporare dette pertinenze alle sue, meno una parte di montagna in Val nel tratto iniziale della Pongaiola. L’accordo fu raggiunto e sancito con il “Privilegio di Malgolo” del 23 luglio 1461 firmato a Coredo dal vescovo Giorgio Hack. In esso si possono leggere le varie motivazioni e clausole di questa transazione.

La pergamena originale o in copia non figura negli archivi di Tres, né in quelli di Vervò. Nell’archivio della chiesa di Vervò è conservata una copia su carta scritta verso la fine del 1700 da Giovanni Battista Bonaventura de Gottardis, notaio di pubblica e imperiale autorità e cancelliere di Thun. Un'altra copia autentica in latino fu trascritta dall’Arciprete don Pietro de Tomasi e si trova nell’archivio della canonica di Torra. Quest’ultima fu letta da monsignor Giovanni Battista Menapace e riportata nella sua memoria.

1461 - Carta di Malgolo - N. 9 di santa Maria.

Noi Giorgio, per grazia di Dio vescovo di Trento, facciamo noto a tutti quelli che ci leggeranno:

che presso di noi personalmente si sono costituiti gli uomini di tutta la comunità di Vervò della nostra valle di Anaunia umilmente i quali ci esponevano come dagli stessi ogni anno era chiesta una colletta di un fuoco e un quarto che erano tenuti a pagare annualmente alla nostra camera episcopale per le pertinenze di Malgolo e poiché l'utilità proveniente agli stessi da dette pertinenze era abbastanza scarsa e che sembrava che gli stessi beni comuni di Malgolo sarebbero stati più comodi agli uomini della comunità di Tres, per la qual cosa essi stessi uomini di Vervò tutto il loro diritto, e tutti i beni che gli stessi possiedono nelle pertinenze di Malgolo fino al giorno presente in comunità o individualmente, spontaneamente e liberamente per via di transazione o amichevole composizione cedettero agli uomini della comunità di Tres, eccetto il monte di Vervò, cioè il monte detto su la Val, che gli stessi di Vervò si riservarono in pieno diritto, così e talmente che detti di Tres delle pertinenze di Malgolo in futuro tutto il comodo e l'incomodo sentire e che siano tenuti e debbano a pagare perciò alla nostra camera episcopale per un fuoco e un quarto più di quanto prima pagavano, e da ciò prima pagavano collette per 25 fuochi e due quarti, in futuro in vero debbano pagare collette per 26 fuochi e tre quarti e di ciò anche subire tutti gli altri oneri e pubbliche funzioni che il pagamento delle collette per un fuoco e un quarto debba essere dedotto a detti uomini di Vervò nel pagamento delle collette e agli stessi tanto meno altri oneri e pubbliche funzioni siano tenuti a subire; al che tutte e singolarmente premesse le cose, gli uomini della intera comunità di Tres ora presso di noi costituiti personalmente acconsentirono e accettarono la cessione e la rinuncia di detta comunità di Malgolo a loro come premesso fatta, e si offrirono al pagamento delle collette per un fuoco e un quarto e a subire gli oneri e le pubbliche funzioni derivanti volontariamente, e mentre tutte le cose premesse e le singole, come sopra si svolgevano davanti a noi ed erano svolte, ambo le parti predette presenti trattanti vicendevolmente solennemente e annuenti alle cose premesse fermamente e consenzienti supplicarono a noi umilmente e devotamente affinché le cose premesse tutte e singole ci degnassimo di confermare e rafforzare coll'intervento benigno del nostro consenso. Noi dunque tutte le cose e singole premesse proprio come sopra descritto presso di noi si svolgevano ed erano fatte, comprese in modo sano, considerando che la giustezza di questa transazione o convenzione è andata avanti con zelo, e come sia consona alla ragione, propensi ad accogliere favorevolemente le preghiere di ambe le parti predette, vogliamo che sia tenuta valida e gradita la transazione o composizione premessa con tutte e singole le clausole e suoi articoli, che sono spiegati sopra, e qui ripetuti ed espressi a tenore dei presenti confermiamo e approviamo, ratifichiamo e rafforziamo con perpetuo patrocinio le cose scritte prima, essendo qui presenti il venerabile ed egregio uomo Berteli Giovanni Sulzbach decano della chiesa nostra di Trento, Antonio di Terlago, Melchiore de Fachinis di Padova e Giovanni Antonio de Quastelis dottori nell'uno e l'altro diritto e cittadini di Trento e alla presenza di tutti questi testimoni ordinammo di stendere la presente lettera e di munirla del nostro sigillo.

Data a Coredo nel castello nostro di san Vigilio il 23 luglio nell’anno del Signore 1461.

Luogo del sigillo pendente in cera rossa ispanica impressa.campagna di Malgolo

In seguito, anno 1777, sorse una disputa fra il parroco di Torra e il parroco di Taio che pretendeva di esigere le decime anche sulle pertinenze di Malgolo. Tale diritto rimase a Torra confermando ancora una volta l’esistenza di questo villaggio distinto da Tres e da Vervò. La campagna di Malgolo aveva un'estensione di oltre “due mila stara tra prati, campi, e boschi che a dir poco valeva 14 o 15 mila fiorini”.

Per i paesi della "PLEU" (la pieve di Torra) e per Tres ora il nome Malgolo è solo il toponimo di questa campagna del catasto di Tres.

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Nota:

Quando si parla di fuochi (focolai) e necessario tenere presenti due significati: la totalità dei focolari (foci fumantes) del paese e il numero stabilito fra paese e autorità per il pagamento delle imposte (foci descripti).


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