No alla guerra senza se e senza ma

Attenti a chi dice "tutti vogliamo la pace"

Vervò, 22 maggio 2021 Piergiorgio Comai

La strada della PACE nel mondo è ancora lunga, e intendo pace come la volontà di convivere ripudiando le armi e il ricorso alla guerra. In questo terzo millennio sono ancora evidenti le incongruenze della politica e anche di molti di noi, popolo sovrano italiano, e dei cittadini delle altre democrazie. 
Tutti ci auguriamo pace e concordia. Non tutti quelli che parlano di pace, e in queste ultime settimane sono tanti, sono disposti alla coerenza di non fare la guerra. Essi affermano che è necessario imporre la pace con la guerra. La pace è cosa da conquistare pazientemente ogni giorno con il confronto, con sacrifici reciproci, con la decisione di non usare la violenza superando i propri atavici istinti. Come si è riusciti in gran parte a bandire la pena di morte nell'ordinamento giudiziario, si può giungere a ripudiare la guerra e bandirla dall'ordinamento civile del terzo millennio.

Tutti condannano a gran voce la violenza e la ritengono non rispettosa dei diritti dell'uomo. Nelle vicende quotidiane questo giudizio negativo in concreto vale si parla di altri. Ad esempio la politica d'Israele sembra quella di "dente per dente e occhio per occhio", perciò Israele afferma che la violenza usata sia giusta per difendere la popolazione e per punire i lanci di razzi su Israele Hamas e, indirettamente, punire la numerosa popolazione. La difesa dell'integrità del territorio palestinese, definito da trattati ormai lontani, non ha valore nonostante le risoluzioni dell'ONU e gli insediamenti continuano in modo da tenere quasi schiava la popolazione palestinese. La politica degli stati di questo piccolo mondo, nella realtà dei fatti, continua ad accettare la violenza e la negazione dei diritti umani quando è esercitata dagli amici ma condanna duramente quella del "nemico". Anzi, di volta in volta, succede che venga individuato lo stato canaglia e che si intervenga con embarghi, ed anche con interventi diretti o mediati giustificati per motivi umanitari o di democrazia o violazioni dei diritti dell'uomo; in realtà per la difesa di interessi strategici nazionali che non coincidono sempre con quelli delle popolazioni che assistono appagate o indifferenti.

In questi giorni una minoranza di cittadini scende nelle piazze di tutto il mondo e si esprime sui media per esprimere il proprio disappunto, con scarsi risultati purtroppo. E' significativo che il senatore Bernie Sanders, ebreo, abbia dichiarato sul New York Times che "Gli Stati Uniti devono smettere di essere apologeti del governo Netanyahu". Forse anche il popolo ebreo nel mondo e in Israele prende coscienza della propria indifferenza di fronte alla superba brutalità del proprio governo verso i Palestinesi. Dico forse, perché il governo d'Israele è democratico e in qualche modo ha ancora il sostegno degli elettori. E intanto nel porto di Livorno sono pronte le armi pacifiche da inviare al Israele da usare per la difesa o ... per la punizione. Il denaro non puzza.

Più che difendere i "nostri valori", espressione che dice tutto e il contrario di tutto, il mondo ha bisogno di trovare il modo di procurare cibo, salute, a chi è nel bisogno, non certo guerre di liberazione. Sarebbe ora di abbandonare il detto "se vuoi la pace, prepara la guerra" risalente a due millenni fa, al tempo dell'Impero Romano. Le persone di questo mondo e le loro autorità, non sempre democratiche, dovrebbe battersi per la realizzazione dei diritti universali dell'uomo che comincia, per me, col diritto alla vita e si raggiunge col prendersi cura degli altri oltre che di se stessi.

Cioè, non è giusto, poi, interpretare il grido di NO ALLA GUERRA, che affiora nella maggioranza delle persone come desiderio sincero di pace, se nello stesso tempo i governi autorizzano l’uso della guerra per arrivare alla pace e i loro cittadini lo accettano come scontato, quasi come inevitabile. No alla guerra significa ripudio della guerra sincero e impegno per mettere in campo tutte le proprie capacità per estendere i diritti dell’uomo, la giustizia, la solidarietà, l'introduzione della democrazia, dove ancora non esiste, con scambi, con il rigido controllo della produzione e del commercio delle armi, dando segnali concreti al disarmo nucleare anche dai potenti, anzi cominciando dai potenti.

Il desiderio di pace è di tutti, ma il ripudio della guerra non lo è ancora. Neanche il ripudio della guerra preventiva sembra patrimonio culturale condiviso da tutti, anzi pare che in questo senso l’umanità abbia fatto passi indietro dopo la caduta del muro di Berlino che faceva sperare in un confronto dialogante fra le parti. Stiamo a vedere se accanto al progresso tecnologico ed economico, si farà largo anche un progresso civile coerente tra parole e fatti.

NO WAR per il momento e sempre.

E-mail: p_comai@alice.it

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