Il forte austriaco
Descrizione da "Mezzolombardoantica.it": foto, documenti digitalizzati.

Controllo –Dazio – Forte






Il passaggio della Rocchetta –Val di Non


Nel corso della ricerca per capire i cambiamenti avvenuti nel tempo al passaggio della Rocchetta, che a noi oggi appare scorrevole e privo di interesse, ho trovato una bella e completa documentazione scritta e fotografica sul sito http://www.mezzolombardoantica.it/ di Giovanni de Pretis di Mezzocorona. Con la sua esplicita autorizzazione trascrivo rielaborando quanto trovato nel sito.


«DIE SPERRE ROCCHETTA --UN FORTE SCOMPARSO

di Gian Piero Sciocchetti


Sin dai tempi più antichi il Passo della Rocchetta costituì uno dei punti strategici più importanti per il controllo della Val di Non. Nel 397 il vescovo di Trento San Vigilio, recandosi presso il villaggio pagano di Methol, detto poi Sanzeno, definì la località della Rocchetta “le fauci”, a causa dell’aspra natura della stretta.

Visione., rocca,, dazioA custodia di questo passo fu costruito Castel Tono, citato già in documenti del 1145. Per sorvegliare un sentiero alpestre che, valicando il dosso delle Visioni, permetteva l’ingresso nella Valle di Non, fu eretto nel 1199 un nuovo castello, chiamato “delle Visioni”. I ruderi di questo castello, in una notte tempestosa dell’ottobre del 1888 crollarono facendo scomparire per sempre ogni traccia del maniero. Nel 1333 a seguito della costruzione di una rocca, fatta erigere da Volcmaro da Burgstall, il passo fu chiamato dai valligiani «La Rocchetta».

(Nel disegno a lato vediamo la Torre di Vsione, la rocca di Volcmaro e il posto del dazio)

Il nome di Rocchetta passò, nei tempi, dalla rocca al ponte e poi a tutta la chiusa.

La perdita della Lombardia da parte dell’impero Austroungarico, impose nuovamente la necessità di controllare la Stretta della Rocchetta. Fu così che nel 1860 furono iniziati dalla «Imperial Regia Direzione Genio Militare» i lavori per la costruzione di una grande fortificazione in pietrame, atta a sbarrare l’importante nodo strategico e quindi ad impedire l’aggiramento della «Fortezza di Trento», probabilmente occupando il posto della vecchia rocca.

disegno del forte Tale fortificazione, di notevoli dimensioni, era costituita da:

Questa fortificazione chiamata «Tagliata della  Rocchetta» (in tedesco die Sperre Rocchetta) voluta dal Generale Franz Kuhn von Kuhnenfeld e progettata secondo i canoni fortificatori della Scuola del Genio austriaco, era armata con otto cannoni da 16 centimetri in casamatta e con numerosa fucileria ed era destinata alla protezione della strada e della ferrovia contro un eventuale attacco nemico proveniente dal Passo del Tonale.

viabiliàRimodernata più volte, sul finire del secolo scorso, e nei primi anni del 1900. All’atto dello scoppio della prima piena mondiale fu disarmata e adibita a deposito.

Questa nuova fortezza ebbe sempre un’importanza militare elevata fino ai primi anni di questo secolo, in quanto consentiva valido impedimento all’aggiramento della Piazzaforte di Trento.

La foto accanto, dal sito "Arc-Team Open Research", mostra la situazione viaria al Forte della Rocchetta prima della sua demolizione.

Anche la ferrovia della Val di Non transitava all’interno del forte attraverso i portoni di sbarramento dell’opera alta.

Le uniche notizie relative al forte che pervennero in mano italiana, sono dovute ad alcune ricognizioni eseguite oltre frontiera dal Capitano Gio Batta Adami, Comandante della 13° delle 15 primordiali compagnie alpine autonome all’atto della Fondazione del Corpo degli Alpini. Ben tre erano gli ufficiali Trentini effettivi a questa famosa compagnia alpina che aveva sede in Val Camonica ad Edolo:
- il Capitano Adami di Pomarolo (Vallagarina), valente topografo, malacologo (studioso di molluschi) e scienziato appassionato della montagna;

Fu nel 1892 che un altro Ufficiale di origine trentina rinvenne presso gli archivi del Battaglione Alpini Edolo, disegni, schizzi ed altre notizie militari del Forte della Rocchetta, compilate dal Capitano Armani e dai suoi Subalterni. Questo Ufficiale di origine giudicariese (Tione), Tullio Marchetti, diverrà poi nel corso della Grande Guerra, Capo del Servizio Informazioni presso il Comando della 1.a Armata, operante alla fronte Trentina. Ora questi documenti sono raccolti ed esposti presso la sala “Generale Marchetti” nel Museo della Guerra di Rovereto. Oltre ad alcune rare riproduzioni della Fortezza, scattate dagli aeroplani nel corso della guerra, esiste a Mezzolombardo una vecchia fotografia scattata quasi sicuramente in maniera furtiva, dalla riva destra del Noce. Questa rara fotografia tu eseguita all’inizio del secolo e pur se trattasi di una doppia esposizione sulla stessa lastra fotografica, mostra l’imponenza della costruzione militare. Al termine della Prima Guerra la fortezza venne impiegata quale deposito esplosivi e munizioni e vigilata da reparti italiani del presidio di Trento. Enorme era il quantitativo di ordigni bellici provenienti dai resti dell’esercito Austroungarico in essa immagazzinati. Nel 1922, allo scopo di recuperare l’esplosivo (Dynammon) contenuto nelle micidiali bombe a mano austriache che, mescolato al 50% con terra, costituiva un ottimo fertilizzante azotato per l’agricoltura, non pericoloso nell’impiego, fu affidato alla Ditta Mangeretti di Bassano l’incarico di disattivare e scaricare circa mezzo milione di bombe a mano. Giornalmente venivano consegnate al personale della ditta cento casse contenenti 20 bombe a mano ciascuna da scaricare all’interno del forte basso. Alle ore 13,10 del 27 dicembre 1922, all’atto della ripresa del lavoro pomeridiano, una serie di tre esplosioni, provocò la distruzione del forte basso e la morte di sei giovani operai e di un soldato del 18° Reggimento Fanteria della Brigata Acqui. Nel registro dei morti della Parrocchia di Vigo d’Anaunia l’evento funesto è così trascritto: «Il 27 dicembre scoppiò il forte della Rocchetta per cause ancora ignote e vi rimasero sfracellati i seguenti operai addetti allo scarico di bombe e proiettili: Rech Girolamo di anni 18; Rech Alfonso di anni 15; Dal Zotto Eugenio di anni 22; Dal Zotto Germano di anni 28; Dal Zotto Italico di anni 16; Rech Felice di anni 19, i resti mortali furono sepolti a tre riprese secondo il tempo in cui furono trovati sotto le macerie e deposti nel cimitero di San Pietro».

Gli operai erano nativi di Seren, un piccolo paese a pochi chilometri da Feltre ed erano tutti parenti tra loro.

Viabilità verso gli anni 30Con loro perì anche il soldato Asterio Ferretti della Provincia di Reggio Emilia.

Questa in sintesi la storia della difesa della stretta della Valle di Non. I resti del forte furono poi demoliti per dar corso ai lavori di miglioramento della viabilità della Valle.

A 70 anni dalla fine della Grande Guerra, che tanti lutti e disagi aveva procurato alla popolazione trentina, é doveroso ricordare questi 7 giovani, che la guerra aveva risparmiato e che caddero vittime del lavoro che era stato loro affidato per impedire che gli ordigni bellici potessero nuocere ad altri.

La foto ricorda la situazione della à verso gli anni 30 col ponte del dazio e il forte in demolizione



Questo tragico evento suggerì al signor Giovani de Pretis di dedicare in memoria delle persone coinvolte nello scoppio una sezione del suo sito e scrive:


Forte della Rocchetta di Mezzolombardo


Mio nonno assieme a mio padre nel primo pomeriggio del 27 dicembre del ’22, risalivano in calesse la strada del “Sabin “, agevolmente transitabile nonostante fosse inverno, dopo essersi recati a Mezzolombardo per rifornirsi di buon teroldego da qualche contadino del posto, come era consuetudine tutti gli anni per parecchi nonesi. Erano quasi arrivati in cima quando all’improvviso uno, due, tre scoppi assordanti squarciarono la quiete che accompagnava il loro viaggio. Il nonno, forte in frantumivedendo un’enorme nuvola di fumo che si innalzava dalla Rotaliana, lasciato mio padre in una delle prime case di Mollaro, girò il calesse e compì il viaggio a ritroso per capire cosa fosse successo. Al suo ritorno raccontò, alla folla di persone incredule radunate sulla strada, di una terribile disgrazia, il forte della Rocchetta era saltato in aria e, non si sa quante, ma parecchie persone vi avevano perso la vita! Mio padre all’epoca dodicenne era arrabbiato per non aver visto di persona il forte distrutto! Nei primi anni cinquanta, quando andavamo in val di Non e passavamo alla Rocchetta, non mancava mai di ricordare quei momenti ed un ricordo andava sempre a coloro che vi trovarono la morte. A distanza di cinquant’anni nel mio infaticabile rovistare fra vecchie immagini ho trovato alcune istantanee, che a quel tempo trasformavano in cartoline, eseguite quasi immediatamente dopo la disgrazia e confrontandole con le immagini del forte prima della distruzione chiunque si può rendere conto della spaventosa esplosione avvenuta. Riflettendo sull’accaduto senza tema di smentite possiamo dire che si è trattato della più grande tragedia sul lavoro che sia mai avvenuta nella Piana Rotaliana, sette operai più un militare che lì prestava servizio trovarono la morte in quel tragico evento e sarebbe significativo che in uno dei prossimi I° maggio a venire dedicati alla festa del Lavoro ed ai lavoratori, venissero in qualche modo ricordati. Da parte mia queste immagini e parole in loro memoria oltre ad un suffragio nella ricorrenza.


Nella sezione dedicata al forte della Rocchetta, assieme alle fotografie, ci sono le riproduzioni della cronaca giornalistica d’allora che qui trascrivo.

 

Da Il Nuovo Trentino del 28 dicembre 1922

Il disastro alla Rocchetta

dal nostro inviato speciale

La guerra, che rabbiosa ha mietuto molte e molte vittime, non ha ancora finito la sua macabra opera.

Otto giovani, fiorenti di vita che la guerra aveva risparmiati sono caduti vittima del loro lavoro, diretto a impedire che i depositi di munizioni potessero nuocere a altri, sono morti perché altri fossero salvi.

Da un mese e mezzo la ditta del ragioniere Mangeretti di Bassano aveva assunto i lavori di scarico delle bombe a mano depositate nel forte della Rocchetta. Il materiale esplosivo levato dai micidiali ordigni veniva neutralizzato mediante l’aggiunta del 45 per cento di gesso e il miscuglio così composto serviva quale ottimo materiale di concime.

Attendevano al lavoro nove operai, tutti del distretto di Belluno, sotto la guida del sig. Pietro Rech di Saren (Seren del Grappa). Giornalmente il presidio dell’Autorità militare che tiene il forte consegnava all’azienda privata un quantitativo di circa duemila bombe, che venivano scaricate. Anche ieri, come di consueto, vennero trasmesse all’impresa cento casse contenenti ciascuna venti bombe, affinché fossero scaricate.

Il lavoro nella mattinata procedette tranquillo è senza incidenti come il solito. Il dopo pranzo gli operai, finito di desinare, alle ore 13 ritornarono al loro lavoro. Uno di essi certo Rech, figlio del direttore dell’impresa, dopo mezzogiorno partì dalla Rocchetta, dovendo far ritorno alla famiglia e il direttore stesso, contrariamente alle sue abitudini s’era trattenuto a tavola un pochino più del solito, così che nel forte all’inizio dei lavori pomeridiani si trovavano sette operai, più un soldato che per curiosità aveva voluto assistere ai lavori di scarico.

Il disastro

Il forte della Rocchetta si divide in due parti. Una superiore che sbarra la via che porta ai paesi situati lungo la riva sinistra del Noce e una inferiore che conduce alla pieve di Denno; i due corpi di costruzione sono congiunti tra loro da una muraglia di difesa che partendo dalla parte inferiore della costruzione attraverso un ripido pendio va a ricongiungersi con quella soprastante. Non conoscendo il forte nella sua costruzione interna, sembra che le due parti distrutte costituiscano un corpo unico, mentre quella che sta più in basso non è altro che un posto di sbarramento e quella superiore situata in un punto eminentemente strategico sta a guardia del passo della Rocchetta.

Il materiale bellico, costituito esclusivamente da bombe a mano austriache per un quantitativo di circa mezzo milione, è depositato nell’edificio che sta in alto, il laboratorio di scarico invece nella costruzione sottostante.

Alle 13.18 di ieri, come se i monti si fossero tramutati in potenti vulcani, un rosso bagliore illuminò sinistramente il passo della Rocchetta, e un violento scoppio fece lugubremente echeggiare le gole adiacenti; la parte inferiore del forte era saltata in aria: gli operai che da pochi momenti attendevano al lavoro, più il soldato di fanteria Ferretti erano travolti sotto il cumulo delle pietre cadenti o lanciate dalla violenza dell’esplosione. I grandi blocchi, ch’erano serviti per la costruzione del forte, come leggere festuche giacevano ammonticchiati nel Noce o scaraventati per qualche decina di metri lungo lo stradone e dell’edificio inferiore non rimaneva che un cumulo di macerie fumanti.

1l signor Pietro Rech, imprensario dei lavori si dirigeva verso il forte, quando udì lo scoppio e vide l'edificio crollare. Pazzo per il dolore, poiché tra gli operai si trovavano anche due figli suoi. Corse sul luogo del disastro e una scena raccapricciante si offerse ai suoi occhi.

Membra umane, divelte dai corpi, erano sparse all’intorno, brandelli di stoffa intrisi di sangue stavano appiciati ai sassi e, due soli erano i corpi delle vittime che, sebbene orrendamente mutilati, avevano mantenuto l’aspetto di uomini, gli altri erano rimasti a pezzi.macerie del forte

Uno dei due corpi, che aveva mantenuto il loro aspetto, stava riversato, supino all’estremità orientale del1e macerie, verso Denno. Completamente denudato, fatta eccezione del piede sinistro che ancora calzava una scarpa:, aveva il capo privo della calotta cranica, deg1i occhi e stroncato il braccio sinistro.

L’altro cadavere che ancora vedevasi era quello del soldato e ciò s'arguiva dai brandelli di stoffa color grigio verde ch’erano ancor aderenti al corpo straziato, privo delle gambe e col viso irriconoscibile.

Il signor Busin Ubaldo, proprietario della trattoria alla Rocchetta, la quale dista poco più di un centinaio di metri dal luogo del disastro, corse subito ad avvertire le Autorità.

Accorsero subito il sotto prefetto Bontempelli, il medico, il capitano dei Carabinieri, il giudice dottor Viola e poco tempo dopo, in vettura, il general Gualtieri, il Prefetto commendator Guadagnini e otto pompieri di Mezzolombardo.

Oggi si procederà allo sgombro della strada, che ora è guardata dai carabinieri, perché ogni pericolo non è cessato e al pietoso raccoglimento dei resti delle vittime.

Cause del disastro

Precisare le cause che hanno determinato la grave sciagura non è cosa possibile, perché tutti coloro che potrebbero fornire delle spiegazioni sono passati a miglior vita e le loro labbra rimarranno chiuse per sempre.

Bisogna quindi lavorare di congetture. L’ipotesi più verosimile e accettata anche dai tecnici è quella che un operaio addetto ai lavori nella fretta di scaricare una bomba, poiché si lavorava a cottimo, abbia percosso con troppa forza la scatola di latta che la avvolgeva, producendo lo scoppio di essa. La materia esplosiva che veniva estratta dalla bomba è messa in una cassa; dovrebbe aver preso fuoco, questo poi si sarebbe esteso alle altre bombe che ancora giacevano nelle casse, determinando lo scoppio. Tale versione sarebbe avvalorata anche dalle deposizioni di un soldato che stava di guardia nel forte superiore che udì tre scoppi distinti: uno molto debole, un secondo più forte e poi il terzo violentissimo, terribile.

I morti sono due fratelli e un cugino Rech, tre fratelli Del Zotto, uno dei quali ammogliato con bambini, un operaio, del quale non si ricorda il cognome ma che era soprannominato Feltre e il soldato del 18° Fanteria Asterio Ferretti della provincia di Reggio Emilia.

Scritta sul cippo a ricordo de fatto accaduto il 27/12/1922

Colona cadutiTutto il compianto e la riconoscenza nostra ai bravi operai vittime del disastro della Rocchetta.

Del Zotto Germano di Silvestro nato a Seren del Grappa il 1894

Del Zotto Genio di Silvestro nato a Seren del Grappa il 1900

Del Zotto Italico di Silvestro nato a Seren del Grappa il 1905

Rech Girolamo di Pietro nato a Seren del Grappa i1 1904

Rech Alfonso di Pietro nato a Seren del Grappa i1 1906.

Un’ulteriore vittima non menzionata sul cippo fu il soldato Asterio Ferretti della provincia di Reggio Emilia, appartenente al XVIII° Reggimento di Fanteria della Brigata Acqui.