Da tempo desideravo vedere e osservare da vicino Castel Belasi nel comune di Campodenno in Val di Non. Sorge robusto sul triangolo di terra in declivio fra il torrente Lovernatico e il rio Belasi che confluiscono nel torrente Noce. Un po' più in alto, ai margini di Segonzone, tempo addietro avevo visitato la chiesetta dei Santi Filippo e Giacomo decorata con affreschi dei fratelli Giovanni e Battista Baschenis, datati 1507. Essa era divenuta proprietà dei conti Khuen-Belasio nel corso del secolo XIX. Ora, castello e chiesa sono di proprietà del comune di Campodenno. Da sopra vedevo il poderoso maniero circondato da frutteti e macchie boscose ma ancora non era visitabile.
In una serena mattina di inizio settembre, con Irma e Marlis, siamo arrivati nel cortile esterno del castello. Parcheggiata la macchina all'ombra di un maestoso albero, in attesa dell'apertura alle ore 10, ci siamo guardati attorno: la campagna con i copiosi frutti quasi maturi, due vie d'accesso al castello, il varco della Rocchetta e i paesi attorno. Su un pennone sventolava il vessillo dei Tirolo.
Nella
foto sotto, presa da Est, si vedono allineati l'abitato di
Dercolo, il castello e alle spalle Segonzone e Lover. Di
fronte a noi si alzano le imponenti e alte mura e la salitella verso
l'entrata Ovest. La
strada d'accesso al castello corre sostenuta dalla seconda cortina di
mura basse. Passiamo sotto l'arco della torretta quadrangolare staccata
dalle mura per giungere alla porta ad arco che introduce al
cortile interno.
Varcato il portale arcuato, sormontato dalla bertesca sporgente, siamo nel cortile. Davanti a noi, si alza la facciata principale con, al centro, lo stemma del casato e la torre pentagonale mediovale alla sinistra. Dalle mura ancora abbrunite dal tempo traspare il senso dell'antico vivere. Lo stemma è riquadrato con i leoni e le torri. Portatomi verso la torre scorgo il grande cortile e gli edifici dell'abitazione dei signori; di fianco, alla mia destra, i caseggiati rustici per le attività contadine: depositi e stalle del passato da tempo dismessi. Appena entrati nei portici con volte ad arco, osserviamo il plastico che suggerisce una visione generale della struttura del castello.
Ben disposti su tavoli, appesi alle volte, appoggiati a scaffale o ripiani c'è una ricca raccolta di giocattoli per il divertimento semplice dei piccoli nel secolo scorso e anche prima. Andiamo a curiosare nelle varie sale ricavate nei robusti locali ben restaurati: giocattoli, bambole, tricicli.
Arrivato al primo piamo guardo dalle finestre verso l'esterno. Sono interessato alla cinta muraria del castello con le merlature, i camini di ronda e le opere di difesa (bertesche). Oltre le mura si scorgono i monti che fanno corona alla valle. La guida ci fa notare che dalla finestra ad est si scorge benissimo il castel Thun e, dalla parte opposta, la torre Spaur nell'abitato di Sporminore.
Passando di locale in locale, visitiamo la cappella del castello dedicata a San Martino. L'abside conserva in buono stato i suoi affreschi e, nel centro dietro l'altare, si ammira la pregevole scena della crocifissione. In un angolo della stanza al piano superiore rimane la cappa del camino con i chiazze di fumo sulle pareti a ricordo del focolare a pavimento. La stanza dà accesso alla torre nella quale sale a spirale un'elegande e massiccia scala a chiocciola in buonissime condizioni.
Dopo tanto abbandono, le pareti di molte stanze sono state restaurate mettendo in mostra varie decorazioni, paesaggi e borghi del passato. In una sala, poi, risaltano scene mitologiche a cominciare dall'uccisione della Medusa da parte di Perseo con accanto il cavallo Pegaso.
Oltre all'affresco che mostra un duello fuori le mura osserviamo, appoggiati alla parete, disegni a carboncino di focosi destrieri. Poi altre decorazioni, qualche scritta, una nicchia finemente dipinta con vivaci uccelli fra fronde e fiori.
Nelle sale allestite per l'esposizione hanno trovato posto le opere di artisti moderni, le pittura e i disegni a carboncino. Alcuni quadri riproduco atmosfere dei pittori impressionisti. Molto suggestiva la scena di Paride che giudica la bellezza delle tre dee in un ambientazione bucolica con la melodia di una suonatrice. La sala "se penso a Masaccio", col tavolinetto bianco nel centro, suscita belle emozioni.
Altri particolari in esposizione: il pittore al suo cavalletto che dipinge con il pennello frao i denti, in una stanza luminosa due nudi di donna posti uno di fronte all'altro, riproduzione della lettera di Van Gogh al fratello portata dall'artista piemontese di Valdossola Bartolotti Marcovinicio. Nella stanza delle decime ci sono le scritte a matita che attestano i rapporti di affittanza fra i signori Khuen-Belasi e i paesi vicini dell'anno 1848. Nel particolare dello stemma della parete esterna si alternano i simboli dei leoni e delle torri.
Conclusione L'ambiente,
le atmosfere di questa visita mi fanno pensare all'antico
maniero di campagna con i suoi signori, la massiccia torre e, attorno,
i rustici edifici per la vita semplice con gli animali domestici, il
deposito dei raccolti e qualche attività artigianale protetta dalle sue
robuste mura. Il lavoro di restauro sarà ancora lungo perché
cinquant'anni e più di abbandono hanno lasciato ferite e cicatrici
evidenti. Testi e foto di Piergiorgio Comai E-mail: p_comai@alice.it |