Mi pare di vivere in una società
democratica incompiuta, in un mondo alla rovescia.
Quando succedono i vari furti nelle abitazioni che sono in aumento
anche a causa dei tempi grami per una parte considerevole della
società, senti i commenti che si indignano e vanno a individuare il
gruppo responsabile dagli zingari, agli extra comunitari, a giovinastri
protestatori. Cosa, direi, comprensibile e scontata anche se
superficiale. Poi vieni a sapere che gente bene intimorisce un
cittadino perché racconta pubblicamente i fatti che succedono con
sufficiente obbiettività intimandogli di pagare grosse cifre di denaro
e di smettere, possibilmente, di parlare di loro, Per la maggioranza
(spero di no) questo fatto è accettabile, anzi più che giusto giacché
considerano che si tratti di iniziative che portano vantaggi economici
alla comunità (veri o presunti). Il racconto della verità diventa un
intralcio alle iniziative benefiche che mirano all’aspetto economico ed
hanno importanti risvolti educativi e morali, dicono! Cosa ci sia di
educativo e morale nel passare sopra le leggi per raggiungere il
proprio scopo personale e con l’intimorire le persone, non riesco a
capirlo, né mi pare opportuno che le autorità preposte lascino fare.
Ho accennato a un caso singolo, che si
può estendere a tanti altri comportamenti simili (non tutti per
fortuna, né la maggior parte – c’è del buono e solidale attorno a
noi-): la società moderna presenta una realtà complessa e non è giusto
generalizzare. Tuttavia è sufficiente che uno consideri alcuni fatti di
questi tempi nella politica dei comuni, delle provincie, dello stato,
delle nazioni e, frequentemente, risalta netta l’inconciliabilità fra i
proclami, le dichiarazioni di principio e la pratica di tutti i giorni.
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Da vent’anni e più vado dicendo che
stiamo tornando indietro in pieno
Medioevo. La differenza più grossa è che allora il popolo era suddito o
addirittura schiavo delle autorità civili e religiose, ora noi
teoricamente siamo una cittadinanza libera e democratica. Succede che
troppo spesso, volontariamente ci inchiniamo ai potentati politici o
economici sperando “giustizia” e benessere dall’alto per tutti. Si ha
l’impressione che lo stato di diritto sia riservato ai più forti
(“tutti innocenti fino a condanna definitiva e … decadenza dei termini”
se lo possono permettere una percentuale minima della nostra società).
Il culto del capo fa breccia nelle persone e quando questo “capo”
fallisce, i “tifosi” cercano le colpe in altri comprimari a lui vicini
invece di cercarlo nel nostro singolo senso di responsabilità e impegno
a cui abbiamo abdicato. In una sana democrazia (penso ai comuni rustici
medioevali) la rotazione delle cariche è una regola a cui non è bene
derogare. La persona illuminata può essere seme fecondo della società
anche senza essere “il capo” ed esempi a riguardo ce ne sono. Su la
testa, cittadini.
p_comai@alice.it
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